Una mamma a processo per la morte, in un incidente automobilistico, di figlia e nipote.
Ormai è da due anni che la mamma cinquantunenne Monica Lorenzatti sconta la sua pena.
Il 27 ottobre del 2017 Monica, residente a Villarbasse, un paese nell’hinterland torinese, stava guidando lungo la corsia sud dell’A22, all’altezza di Mattarello, quando si è scontrata contro un tir mentre era alla guida della sua Ford station wagon.
Nel terribile incidente sono morte sua nipote Ginevra, di 17 anni, sua figlia Gioia Virginia di 9, mentre la sorella gemella Graziella, madre di Ginevra è in coma da quel giorno.
Ora la donna si accinge ad essere processata per omicidio colposo e lesioni colpose gravissime. Monica ha deciso per il rito ordinario, non quello abbreviato che avrebbe garantito sconti di pena in caso di condanna.
“Ho iniziato a scontare la mia pena il giorno dell’incidente” ha dichiarato la mamma ad Ansa. “Mi sentirò sempre responsabile per la morte di mia figlia e di mia nipote, è la mia condanna”.
La donna viene accusata di non aver frenato e non aver prestato abbastanza attenzione alla strada, causando la tragedia.
Lei però è convinta di non aver responsabilità. La difesa infatti accusa il conducente del camion che frenò all’improvviso da 90 km/h a 7 km/h determinando il tamponamento in cui la ford di Monica finì sotto le ruote del tir.
Il camionista, per il quale è stata chiesta l’archiviazione, effettivamente ammise di aver frenato all’improvviso a causa di un malore.
L’avvocato di Monica però ha fatto notare che la barra paraincastro del camion era fissata in 3 punti e non in 5 come avrebbe dovuto, in tal caso avrebbe impedito che l’auto si infilasse sotto, con i tragici esiti noti.
I testimoni inoltre hanno dichiarato di non aver visto gli stop del camion accendersi, segno che forse non funzionavano correttamente.
Le due famiglie erano di ritorno da una gara di pattinaggio, sport seguito da entrambe le ragazze.
“Se fossi partita dopo, se mi fossi fermata all’area di servizio o se fossi stata in un’altra corsia…Ma con i ‘se’ non riporterò indietro mia figlia“.
Monica ha motivato così la sua idea di non richiedere il rito abbreviato. “Lo devo a mia figlia. E’ la strada più rischiosa, ma non pretendo l’assoluzione, cerco la verità”.
Unimamme, voi cosa ne pensate di questa vicenda di cui si parla su L’Adige?
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