Bambino diabetico rifiutato dall’asilo pubblico per la sua condizione, troppo difficile per il personale occuparsi di lui.
Escluso dall’asilo pubblico per via della sua condizione di salute, un bambino diabetico di due anni e mezzo ha dovuto dire addio ai suoi amichetti. La struttura pubblica non era in grado di occuparsi di lui per via della terapia che deve seguire. Il piccolo è confuso e cerca i suoi compagni.
Una vicenda molto delicata ha coinvolto un bambino diabetico che si è stato rifiutato dall’asilo pubblico del suo paese sull’appennino reggiano a causa delle sue condizioni di salute. Il bambino non è stato discriminato per la sua malattia, ma la struttura pubblica lo ha rifiutato perché le maestre non se la sono sentita di assumersi la responsabilità di intervenire su di lui in caso di crisi glicemica.
Il bambino ha due anni e mezzo di età e soffre di diabete dal quando aveva un anno ed è sempre collegato a un microinfusore, per evitare le iniezioni d’insulina, e a un sensore che riporta il tasso glicemico, anche da remoto. Quando il piccolo ha una crisi glicemica, occorre regolare il microinfusore. Il sensore è collegato tramite una app agli smartphone dei genitori del bimbo, che in questo modo conoscono sempre, anche quando si trovano al lavoro, il tasso glicemico del figlio e vengono avvertiti dall’applicazione quando si verificano dei problemi. Il microinfusore, però, non può essere regolato a distanza, è necessario che con il bambino ci sia una persona formata che lo sappia usare.
A questo scopo, i genitori si sono rivolti all’asilo, o scuola d’infanzia, statale per iscrivere il figlio e alle maestre è stato fatto seguire un corso per imparare ad utilizzare il microinfusore nel caso del bisogno. Il corso di formazione è stato suddiviso in due parti: una teorica e una pratica. Dopo che le insegnanti avevano imparato l’utilizzo del microinfusore, l’accordo per mandare il bambino in quella scuola era che nel primo mese di frequenza fosse presente tutti i giorni un genitore, per affiancare le maestre nell’eventuale uso del microinfusore in caso di problemi con i livelli di glicemia del bambino.
Così è avvenuto. Prima di lasciare il figlioletto da solo con le maestre, queste sono state prima istruire ad intervenire in caso di problemi e a regolare il microinfusore, poi i genitori si sono alternati nell’affiancare le maestre nel primo mese di prova. Quando queste procedure sono state completate e il bambino era pronto per frequentare regolarmente l’asilo con i suoi amichetti, tutto è saltato.
Dalla scuola non se la sono sentiti di prendersi la responsabilità di intervenire sul bambino in caso di problemi con i livelli di glicemia e hanno inviato una lettera ai genitori spiegando che le maestre non erano disponibili ad assistere il bambino diabetico, che così è stato rifiutato dalla scuola.
“La motivazione, per altro sgangherata, era che non c’erano le condizioni per garantire un controllo glicemico“, ha detto il padre del bambino al Resto del Carlino. “A dicembre – ha continuato il padre – è stata fatta una riunione con il dirigente scolastico presente: è stato un Natale terribile”
A seguito dell’esclusione dall’asilo pubblico, i genitori hanno portato il figlio in una struttura privata, un asilo parrocchiale convenzionato, che invece lo ha accettato. Qui i genitori sono obbligati a pagare una retta più costosa, 150 euro al mese, invece dei 120 euro che avrebbero pagato per l’asilo pubblico. Tuttavia, quello che più ha ferito la famiglia è che il bambino è stato strappato ai compagni con cui aveva fatto amicizia e tutti i giorni chiede ai genitori se la scuola ha chiuso. Il piccolo è confuso e i genitori per non fargli pesare la situazione gli dicono che è stato promosso.
“Non stiamo però a guardare alle differenze tra statale e parrocchiale – ha spiegato il padre –. Il problema sta nella normativa, che attualmente permette di non prendersi determinate responsabilità, per quanto dopo un corso se ne abbiano le competenze“. Le maestre dell’asilo pubblico hanno sostenuto che era troppo difficile prendersi cura del bambino, per le sue delicate condizioni e per le attenzioni che richiede, e così non hanno voluto assumersi la responsabilità di dover intervenire in caso di crisi glicemica.
Rita Lidia Stara, presidente della Federazione regionale di associazioni che si impegnano per le persone con diabete (Fe.d.er), ha espresso il suo disappunto per la vicenda: “Il personale scolastico si è trincerato dietro norme obsolete e superate. È stato proposto anche un supporto sanitario per la somministrazione al momento del pasto, ma il personale non intende occuparsi di nulla“, ha sottolineato. Secondo Stara, il protocollo provinciale va rivisto con urgenza. La presidente delle associazioni di diabetici ha affermato che “è la prima volta che vedo una tale chiusura nei confronti di un bambino. Questo caso deve servire a ottenere una normativa nazionale a tutela dei minori“, ha concluso.
“Quanto accaduto in appennino è grave“, ha dichiarato Barbara Berni, neopresidente della Fand (associazione per la diabetologia pediatrica di Reggio). “Trovare l’umana accoglienza dovrebbe far muovere ben oltre i protocolli e le formalità”, ha aggiunto.
Questa è la versione della famiglia del bambino diabetico e delle persone che si occupano di assistenza ai diabetici e della tutela dei loro diritti. Sappiamo bene che tra le responsabilità degli insegnanti non c’è quella di somministrare medicine né terapie ai loro alunni, perché non rientra nelle loro funzioni, né nelle loro competenze. Possiamo comprendere molto bene, dunque, che in presenza di casi delicati e difficili gli insegnanti non se la sentano di farsi carico di certe responsabilità. Pensiamo, ad esempio, se si dovessero verificare problemi gravi o incidenti, o che l’insegnante commetta degli errori. Chi dovrà rispondere in casi come questi? Un insegnante non è un medico né un infermiere, inoltre in caso di compiti e responsabilità aggiuntive dovrebbe ricevere una remunerazione aggiuntiva.
Si tratta dunque di questioni molto delicate, non facili da risolvere. Forse in un caso come questo bastava un po’ di buon senso e di elasticità. Sicuramente è indispensabile un intervento normativo per evitare che in futuro si verifichino altri casi come questo.
In merito ricordiamo anche il nuovo protocollo di intesa tra il Ministero dell’Istruzione e la Società italiana di pediatria per la somministrazione di farmaci agli alunni con patologie specifiche, che ha suscitato discussioni tra gli insegnanti. Un altro protocollo è stato firmato con gli psicologi per promuovere il benessere a scuola.
Che ne pensate unimamme di questo caso? L’asilo avrebbe dovuto accogliere lo stesso il bambino?
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