Dal rapporto dell’Agenzia Italiana del Farmaco, l’Aifa, l’uso degli antibiotici nell’anno 2017 è leggermente in calo rispetto all’anno precedente. Molte ricette però ancora si potrebbero evitare. Questi medicinali vengono usati anche quando non servono, in modo inappropriato anche nei bambini al di sotto di un anno di età.
Anche a seguito delle resistenze contro questo tipo di farmaci che aumentano in modo preoccupante in tutto il mondo, dando campo libero a super batteri che provocano grossi danni perché difficilmente contrastabili con le medicine, l’Aifa pubblica una ricerca specifica su questo tema.
L’Aifa ha deciso di pubblicare il rapporto “sull’uso degli antibiotici in Italia nel 2017” sperando di aiutare le regioni a limitare le prescrizioni di antibiotici. I dati riscontrati sono il sintomo di un uso inappropriato del medicinale nelle infezioni virali, quando dunque non servono. Gli antibiotici funzionano infatti solo contro i batteri.
Dal rapporto dell’Aifa si nota che nei periodi di maggiore influenza, quelli invernali, il consumo di antibiotici aumenta rispetto ai periodi estivi.
Dai dati pubblicati nel rapporto si nota come il consumo italiano è superiore alla media europea. Rispetto all’anno 2016 c’è una lieve diminuzione nel consumo di antibiotici. Nel 2017 sono state assunte 21,8 dosi al giorno per mille abitanti, cioè l’1,7% in meno rispetto all’anno precedente.
Se si considerano le varie zone d’Italia si riscontrano che al Sud le dosi sono più elevate. Infatti al Sud il dato è di 26,5 dosi per mille al giorno, al Centro 22,8 e al Nord 18.
Dal rapporto si nota che la metà dei bambini italiani nel primo anno di vita consumano almeno una confezione di antibiotici all’anno, in media sono due confezioni per bambino. Il valore rimane costante fino ai sei anni di età, sottolineando la necessità di porre una particolare attenzione all’uso degli antibiotici in questa fascia di popolazione. Il dato diminuisce progressivamente fino ai 13 anni di età, dove si osserva una prevalenza d’uso
del 30%. In tutte le fasce di età il tasso di prescrizione è sempre lievemente superiore nei
maschi rispetto alle femmine.
La prescrizione viene fatta prevalentemente dai medici e dai pediatri di famiglia. Su questi professionisti, gli esperti dell’Aifa, vogliono prestare maggiore attenzione “per implementare iniziative di informazione e formazione per migliorare l’appropriatezza prescrittiva”.
Inoltre consumano molti antibiotici anche le persone che hanno più di 75 anni. Quindi, nelle fasce di età estreme si prescrivono più antibiotici. Il livello più
elevato è nei primi quattro anni di vita (prevalenza d’uso 58,2% nei maschi e 55,3% nelle
femmine) e dopo i 75 anni (prevalenza d’uso 50,6% negli uomini e 50,8% nelle donne). Come si legge dal rapporto, si riscontra anche un più frequente utilizzo di antibiotici per le donne nelle fasce d’età intermedie, forse a causa del trattamento di infezioni delle vie urinarie). Mentre per gli uomini in quelle estreme.
Gli esperti dell’Aifa hanno individuato nell’amoxicillina associata con l’acido clavulanico (ad esempio l’Agumentin) l’antibiotico più somministrato: “I dati contenuti nel rapporto suggeriscono un probabile sovra-utilizzo di questa associazione, laddove potrebbe essere indicata la sola amoxicillina, che ha uno spettro d’azione più selettivo e ha quindi un minor impatto sulle resistenze. Ciò è particolarmente evidente nella popolazione pediatrica. Tale fenomeno è in contrasto con l’indicazione contenuta in molte linee guida, secondo le quali l’amoxicillina è considerata la terapia di prima scelta per il trattamento in ambito territoriale delle infezioni batteriche più frequenti in pediatria, quali la faringotonsillite streptococcica e l’otite media acuta”.
Per l’ Aifa, il problema riguarda tutta la categoria e una parte rilevante di prescrizioni potrebbe essere evitata: “Ciò è suffragato dall’ampia oscillazione stagionale dei consumi di antibiotici, fortemente influenzata dall’andamento delle infezioni virali nei mesi freddi e dai più accentuati picchi di sindromi influenzali registrati in alcuni anni”.
Voi unimamme eravate a conoscenza di questi studi statistici sul consumo degli antibiotici?
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