Giornata Mondiale per la Consapevolezza sull’Autismo: la testimonianza di una mamma medico, Gabriella La Rovere, sulla figlia Benedetta.
Il 2 aprile ricorre la Giornata Mondiale per la Consapevolezza sull’Autismo (World Autism Awareness Day), istituita dalle Nazioni Unite nel 2008 per sensibilizzare sul tema dell’autismo e incoraggiare gli Stati membri dell’Onu ad adottare misure a favore delle persone con autismo, per migliorare la qualità della loro vita e garantire loro pari opportunità, soprattutto la possibilità di vivere una vita significativa ed essere parte integrante della società.
L’autismo, o disturbo dello spettro autistico (DSA), è un disordine dello sviluppo neurologico le cui caratteristiche principali sono la compromissione dell’interazione sociale e il deficit della comunicazione verbale e non verbale, con comportamenti ripetitivi e stereotipati e interessi ristretti in modo anormale. L’autismo copre un ampio spettro di sintomi eterogenei, con diversi livelli di gravità. Le cause non sono note, sarebbe causato da fattori genetici e ambientali. Compare durante l’infanzia, con i sintomi che si manifestano progressivamente a partire dall’età di sei mesi del bambino, fino ad essere più espliciti dall’età di due o tre anni.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, a livello globale, 1 bambino su 160 ha un disturbo dello spettro autistico, mentre in Italia l’autismo colpisce 1 bambino su 100, coinvolgendo oltre 500mila famiglie.
Per celebrare la Giornata Mondiale per la Consapevolezza sull’Autismo, l‘Istituto Serafico di Assisi ha organizzato un evento di sensibilizzazione sul tema, attraverso la testimonianza diretta di Gabriella La Rovere, medico, mamma di Benedetta e autrice del libro “Mi dispiace, suo figlio è autistico”. Il libro è stato presentato lunedì 1° aprile presso la sede dell’Istituto.
L’Istituto Serafico di Assisi si occupa di persone con disturbi dello spettro autistico. Attraverso una valutazione multifunzionale e multidisciplinare, gli specialisti del Serafico definiscono e sviluppano per ogni bambino o ragazzo un progetto individuale, riconoscendo il ruolo determinante della famiglia quale parte necessaria per la sua attuazione, nonché la collaborazione con le altre figure professionali in ambito sanitario, sociale e scolastico.
Quella di Gabriella La Rovere è la testimonianza di una mamma di una ragazza affetta da autismo, un rapporto speciale, perché essere genitori di bambini autistici significa essere l’unico tramite tra loro e il mondo esterno, farsi portavoce presso le istituzioni e l’opinione pubblica di ferme richieste di attenzione a bisogni unici, di esigibilità di diritti spesso negati. Benedetta è una ragazza di 26 anni alla quale nel 1993 è stata diagnosticata la sclerosi tuberosa, una malattia genetica rara alla quale si è aggiunto l’autismo.
Nella sua testimonianza, Gabriella racconta la battaglia quotidiana per garantire alla figlia inclusione e pari opportunità.
“Di quel 9 settembre 1993 ricordo poche immagini. Una sala bianca, medici che si passavano le lastre di mano in mano. Tanto imbarazzo a formulare la diagnosi: sclerosi tuberosa. Mi sono sentita morire, non avevo minimamente contemplato la possibilità di avere una figlia con una malattia genetica, per di più rara. L’unica cosa che ricordo bene è la sensazione che provai in quel momento, sentii il pavimento sgretolarsi sotto ai miei piedi, come se mi stesse risucchiando dentro. Fu un dolore immenso, indescrivibile. All’epoca si conosceva appena la sclerosi tuberosa, si sapeva che i bambini avrebbero avuto un’aspettativa di vita di 10 anni e nel caso specifico di Benedetta, mi dissero che non sarebbe probabilmente arrivata ai 3 anni. Quel giorno è stato il peggiore della mia vita, ma da quel momento in poi è scattato qualcosa di molto più forte in me e sono andata avanti“, è la toccante testimonianza di Gabriella La Rovere.
“Finché Benedetta ha frequentato le scuole elementari non ha avuto problemi, anzi, è stata seguita molto bene e ha fatto tanti progressi, fino ad imparare a leggere e a scrivere – spiega Gabriella -. I primi veri ostacoli sono arrivati prima alle scuole medie, per poi trasformarsi in un vero disastro alle scuole superiori. La mancanza di insegnanti di sostegno qualificati e la chiusura del corpo docente di fronte alle esigenze di Benedetta, hanno vanificato i progressi raggiunti fino a quel momento. L’esperienza scolastica di Benedetta era diventata causa di sofferenza, pianti e disagio“. Una situazione che ha indotto Gabriella a far interrompere la scuola alla figlia, una volta raggiunto l’obbligo scolastico. “Tra la serenità di mia figlia e la scuola, non ho avuto alcun dubbio su cosa scegliere“.
Un racconto che mette in evidenza le difficoltà di trovare insegnanti competenti e percorsi scolastici adeguati ai ragazzi autistici.
“Benedetta dopo la scuola era seguita da un’altra insegnante, ma naturalmente anche io ho dovuto adattare il nostro ‘tempo libero’ alle sue esigenze, perché doveva essere assolutamente congruo con quello che lei faceva a scuola – continua Gabriella -. I ragazzi con autismo riescono a decodificare la realtà solo se la vedono, non hanno il pensiero astratto, quindi quando per esempio Benedetta ha iniziato a studiare la storia, la portavo in giro per farle vedere i siti archeologici o i monumenti e questo ha chiaramente fatto la differenza. Nonostante gli innumerevoli sacrifici e l’enorme sforzo economico, il percorso che ha fatto Benedetta è straordinario, soprattutto rispetto a come siamo partiti, dalla diagnosi, e a come mi era stato detto sarebbe stata la sua vita“.
“Io e Benedetta non ci siamo mai arrese – racconta Gabriella La Rovere – e insieme abbiamo conquistato progressi inimmaginabili. Bisogna avere la forza di non mollare mai, perché c’è sempre una possibilità di miglioramento, anche quando sembra tutto nero. Benedetta oggi ha una vita piena, studia le lingue e le percussioni, per le quali dimostra uno spiccato interesse, svolge tanti laboratori a fianco di professionisti del settore ed è la gioia più grande della mia vita. Non ho mai smesso di avere speranza per lei. Noi genitori siamo tutto quello che loro hanno, a volte è più dura di altre, si ha la sensazione di essere sfiniti e di non avere la forza di andare avanti, ma dobbiamo sempre ricordare che il comportamento dei nostri figli non è mai immotivato, c’è sempre una causa. Allora bisogna fermarsi un attimo, avere l’umiltà di analizzarsi per capire in cosa abbiamo sbagliato e da lì ricominciare. Non dobbiamo mai, mai desistere!“.
Che dire unimamme? Non trovate anche voi che sia una testimonianza che colpisce al cuore?
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