Il Ministero della Salute diffuso i criteri per gestire le gravidanze a basso rischio. Gravidanze che possono essere gestite da parte delle ostetriche.
Il Ministero della Salute ha diffuso i criteri per la gestione di gravidanze a basso rischio da parte delle ostetriche. In Italia sono poche le strutture che hanno delle aree dedicate al parto naturale.
Sono pochissime le donne che partoriscono senza l’aiuto di farmaci o di interventi medici. Il parto che vede il rapporto uno a uno tra il paziente e l’ostetrica avviene in misure molto ridotte. Il parto di questo tipo può essere comunque considerato sicuro. Il ministero ha pubblicato le nuove Linee di Indirizzo per l’assistenza in autonomia da parte delle ostetriche alle gravidanze a basso rischio ostetrico (BRO).
Sono molti gli studi e le riviste scientifiche che incoraggiano il parto effettuato esclusivamente della ostetriche. La rivista Lancet, 2014, ha pubblicato una serie di articoli sul ruolo delle ostetriche. Andando a confermare che il modello che prevede l’assistenza delle donne con gravidanza a basso rischio da parte delle ostetriche è il modello organizzativo più appropriato.
Dalle linee guida si legge: “L’ostetrica è, di fatto, la figura professionale idonea a garantire le cure necessarie alle donne e ai neonati in ambito di fisiologia e soprattutto a offrire un percorso di continuità assistenziale che si snoda attraverso la gravidanza, il parto, il puerperio e le cure al neonato”.
In Italia ogni anno, su circa 500.000 mamme che si recano in ospedale per partorire, soltanto 7.300 lo fanno senza l’aiuto di interventi o farmaci. Per questo il Ministero della Salute ha reso note delle nuove linee guida “per la definizione e l’organizzazione dell’assistenza in autonomia da parte delle ostetriche alle gravidanze a basso rischio ostetrico (BRO)”. Sono ancora pochi in Italia gli ospedali che possiedono delle zone che consentano alle ostetriche di gestire in autonomia le gravidanze. Gravidanze che non presentano rischi, ne per la donna e ne per il bambino.
Secondo il comunicato del Ministero della Salute, sono ancora pochi i parti che le ostetriche possono seguire autonomamente: “l’offerta di percorsi assistenziali gestiti in autonomia dalle ostetriche per le gravidanze e il parto a basso rischio è ancora molto limitata”. Anche se il 99,7% dei parti in Italia avviene in nelle unità di ostetricia di strutture ospedaliere pubbliche o private.
Ci sono solo tre ospedali dove ci sono delle aree BRO: “BRO in cui le gravidanze a basso rischio sono gestite in autonomia dalle ostetriche”. Le aree sono presso l’Ospedale S. Martino di Genova, l’Ospedale S. Anna di Torino, l’Ospedale Careggi di Firenze.
Ci sono poi altre strutture, che anche se non hanno aree specifiche, hanno pensato a dei “modelli di gestione autonoma BRO”. Dove c’è un’assistenza alla donna condivisa tra ostetriche e ginecologi, come riportato da Skytg24. Che permettono alle partorienti di scegliere l’assistenza esclusiva da parte delle ostetriche.
L’Organizzazione Mondiale per la Sanità consiglia un parto dove si rispettino i tempi della madre e del bambino: “L’assistenza al percorso nascita garantisca una mamma e un bambino in perfetta salute con il livello di cure più basso possibile compatibilmente con la sicurezza”.
Il presidente della Federazione Nazionale degli Ordini della Professione Ostetrica (FNOPO), Maria Vicario, spiega che anche quando un parto è naturale è sempre legato alle regole ospedaliere: ”In genere, così come viene fatto in ospedale, il parto vaginale è tutto fuorché naturale, bensì caratterizzato dal ricorso a farmaci e procedure invasive che mirano a velocizzare la nascita, come episiotomia, ventosa e manovra Kristeller“.
Le linee guida del Ministero della Salute prevedono che le aree funzionali BRO siano ben connesse con i punti nascita. In modo tale che si possono andare a gestire bene le eventuali situazioni di emergenza.
Inoltre, nelle strutture che ospitano reparti BRO o supportano modelli di gestione autonoma BRO ci devono essere dei “protocolli e specifiche check list condivise con tutti gli operatori coinvolti nell’assistenza materno/neonatale”, per stabilire nei dettagli il rischio della gravidanza legato sia alla madre che al feto.
Inoltre le ostetriche devono avere una comprovata esperienza, devono aver “espletato nella assistenza travaglio parto in service, secondo il modello one to one, un volume di attività di non meno di 50 parti”. “Le aziende sanitarie devono, inoltre, promuovere l’affiancamento delle ostetriche con anzianità ed esperienza maggiore con ostetriche con minore anzianità, al fine di implementare l’autonomia gestionale nella Aree funzionali BRO o di Gestione autonoma BRO all’interno di UU.OO. di ostetricia”.
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