Durante il convegno “Dalla parte dei genitori” promosso da Daniele Novara, si pone il problema di educare i genitori. Un decalogo “antifragilità”.
Durante il convegno dei pedagogisti “Dalla parte dei genitori”, promosso dal Centro psico-pedagogico di Daniele Novara, si mette in evidenza l’importanza di educare i genitori per far crescere al meglio i bambini.
Il pedagogista, Daniele Novara, in un’intervista precedente al convegno, aveva spiegato perché i genitori di oggi hanno una fragilità educativa molto forte. Per Daniele Novara la fragilità educativa dipende da diversi fattori. La colpa è soprattutto generazionale. I genitori trentenni di oggi sono stati i primi bambini che hanno sostituito il gioco con la tv, nella loro infanzia: “Hanno vissuto il passaggio antropologico da una società dell’appartenenza alla società del narcisismo. Le conseguenze? Pretendono di mettersi alla pari coi figli, si sostituiscono a loro. Spiegano continuamente ai loro figli come si fa a fare le cose, come lavarsi i denti, ma senza essere concreti, prima di mettere una regola sentono di doverla giustificare. Ricordo un papà con un bambino di sei anni e mezzo che mi ha detto: ho l’impressione che mi consideri un suo compagno di giochi. O mamme che vogliono parlare coi figli adolescenti quando loro non vogliono perché sono in un momento di congedo dal nodo materno”.
Durante il convegno il pedagogo Novara ha stilato una sorta di decalogo che può essere d’aiuto per i genitori: “Lo scopo non è colpevolizzare i genitori, ma liberare le loro risorse”. Da dei suggerire come fare, tipo: liberarsi dall’ansia di prestazione, essere concreti, non chiedere il suo parere (ha tre anni, non decide lui).
Le linee guida da seguire sono queste, come riportato dal sito del Centro psico-pedagogico:
1- Liberarsi dall’ansia da prestazione. Bisogna capire che i genitori perfetti non esistono, quindi inutile angosciarsi: quelli che si sentono tali rischiano di fare più danni in assoluto. Ciò che si può fare è cercare di migliorarsi e per farlo ci si può soprattutto concentrare sul fronte dell’organizzazione: educare bene i figli, infatti, è sostanzialmente un fatto organizzativo.
2- Tenere vivo il dialogo con l’altro genitore. Oggi si assiste a una strana tendenza: parlare tantissimo, troppo, con i figli e pochissimo con il marito o la moglie. Al contrario, quando si diventa genitori il dialogo nella coppia dovrebbe intensificarsi, non diminuire. È parlando che si possono prendere le giuste decisioni, stabilire le regole educative condivise.
3- Dare (insieme) le giuste regole
Una regola non andrebbe mai data da un solo genitore (in genere la mamma) perché questo può creare equivoci. Per esempio il bambino può credere che quella regola non valga con l’altro genitore, che non ci sia accordo e che ci sia margine per ribellarsi o fingere di non aver capito.
4- Essere concreti
Fino agli 11-12 anni i bambini hanno bisogno di chiarezza, sono individui molto concreti, non hanno bisogno di fiumi di parole e spiegazioni sul perché e il per come si deve andare a dormire alle 9 o il gelato prima di cena non va bene. A un bambino non interessano le spiegazioni.
5- Favorire le esperienze sensoriali
Una buona educazione passa anche dalla gestione della dimensione digitale che deve essere centellinata e rimandata all’età giusta. Lo sviluppo cognitivo di un bambino, infatti, ha soprattutto bisogno di esperienze sensoriali, tattili, olfattive, uditive e così via. Esperienze che può fare nella natura, giocando con i compagni, ma anche leggendo un libro.
6- Non urlare
Urlare non serve a nulla se non a dimostrare tutta la fragilità emotiva dell’adulto. Un genitore organizzato, anche nell’inevitabile momento critico, non alza la voce e non ricorre alla violenza o ai castighi.
7- Uscire dal mito dell’ascolto
Una lamentela ricorrente di tante mamme? “Mio figlio non mi ascolta mai!” Invece l’idea dell’ascolto non ha a che fare con l’organizzazione. A mamma e papà non deve importare di essere ascoltati o ringraziati dai figli, ma solo che questi facciano la cosa giusta, da lavarsi le mani prima di cena a spegnere il telefonino prima di andare a dormire. I figli ci chiedono di essere pratici, non di sentirsi ripetere mille volte la stessa cosa.
8- Non chiedere il suo parere
A un bambino non si chiede “a che ora vuoi andare a dormire?”, “cosa vuoi mangiare per cena?”, “Quando ti va di fare i compiti?” come se fosse un adulto in miniatura. Il primo a non volerlo è il bambino stesso, che ha bisogno di regole, non di prendere decisioni al posto di mamma e papà.
9- Accompagnarlo all’autonomia
Un altro punto critico? La preparazione dello zaino che, in molte famiglie, diventa un esercizio di stile, ordine e organizzazione per fare bella figura con le maestre. Peccato che, se lo zaino lo fa mamma, il bambino non diventerà mai autonomo nell’organizzazione del suo impegno scolastico. E avrà sempre bisogno di aiuto. Stesso discorso per i compiti, che sono affare esclusivo dei figli non della mamma, del papà o dei nonni: gli adulti devono creare le condizioni di tranquillità e ordine affinché il bambino possa lavorare tranquillo, ma non sedersi accanto a lui o, peggio, sostituirsi.
10- Liberare gli adolescenti dal controllo
Man mano che crescono i ragazzini si vogliono smarcare dal controllo materno e hanno bisogno della figura paterna che, senza accudirli, faccia da sponda negoziando gli orari, la paghetta o le uscite, creando la giusta resistenza che permetta allo stesso tempo al figlio di fare i primi passi fuori dal nido.
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Voi unimamme condividete questo decalogo? Lo mettete già in atto con i vostri figli?
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