I ragazzi di Manduria che hanno torturato il pensionato rimangono in carcere e in comunità perché i genitori sono incapaci di educarli.
Il 30 Aprile scorso 8 ragazzi che avevano torturato e rapinato il pensionato sessantaseienne con problemi mentali Antonio Stano, erano stati sottoposti a fermo.
I due maggiorenni erano finiti nel carcere minorile Fornelli di Bari, mentre gli altri sei, minorenni, in comunità di accoglienza a Bari e Lecce.
Sono state le gip Paola Morelli e Rita Romano ad accogliere le richieste della procuratrice Pina Montanaro e del pm Remo Epifani disponendo, appunto la custodia in carcere per i giovani.
Gli avvocato difensori dei ragazzi avevano chiesto misure meno restrittive per i loro assistiti, ma le gip hanno creduto fosse meglio allontanare i ragazzi dalle rispettive famiglie.
A questo proposito bisogna ricordare che, secondo la procura ordinaria e minorile, molti dei genitori di questi ragazzi sapevano delle violenze che i figli riservavano al pensionato, ma non hanno fatto niente per impedirle, anzi alcuni li avrebbero anche aiutati a nascondere l’accaduto.
“I nuclei familiari degli indagati hanno dato prova di incapacità a controllare ed educare i giovani” questo si legge nelle motivazioni che hanno spinto le gip a mandare in carcere e in comunità i ragazzi di Manduria.
Al termine degli interrogatori del 2 maggio gli indagati hanno ammesso le loro responsabilità, soprattutto non hanno potuto negare davanti alle immagini presenti nei video girati dai componenti della banda e fatti girare su WhatsApp.
“Stano è stato fatto oggetto di un trattamento inumano e degradante, braccato dai suoi aguzzini, terrorizzato, dileggiato, insultato anche con sputi, spinto in uno stato di confusione e disorientamento, costretto ad invocare aiuto per la paura e l’esasperazione di fronte ai continui attacchi subiti e, di più, ripreso con dei filmati (poi diffusi in rete nelle chat telefoniche) in tali umilianti condizioni” così si è espressa la gip Romano nell’ordinanza di custodia cautelare per i 2 maggiorenni.
“La misura della custodia cautelare in carcere appare sostanzialmente adeguata alla gravità dei fatti, avendo gli indagati dimostrato notevole inclinazione alla consumazione di reati, totale inaffidabilità e completa assenza di freni inibitori”.
I ragazzi devono rispodere di accuse molto pesanti:
“Né vi è misura diversa meno grave rispetto a quella anzidetta idonea a garantire le esigenze di tutela della collettività stante la personalità dei due indagati che non offrono alcuna garanzia certa di rispetto degli obblighi di una misura cautelare meno afflittiva, dovendosi pertanto fortemente limitare la loro libertà di movimento per impedire la ricaduta nel delitto” si legge ancora nell’ordinanza.
“Non vi è dubbio che nel caso in esame le condotte poste in essere dagli odierni indagati e dai loro coindagati minorenni” sono state “perpetrate in danno di un soggetto affetto da disabilità mentale che viveva in un evidente stato di abbandono, di disagio sociale e che, pertanto, versava in un chiaro stato di minorata difesa” ha concluso la gip.
Unimamme, cosa ne pensate delle motivazioni riguardante le misure adottate sugli indagati e riportate su Repubblica?
Ritenete giustificato l’allontanamento dalle rispettive famiglie?
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