La storia di un padre che da molti anni cerca disperatamente di poter riabbracciare la sua bambina. Tanto i viaggi e gli stratagemmi per trovarla.
Questa è la storia di un padre che da molti anni sta cercando la figlia. L’uomo, Andrea Tonello, è arrivato anche a travestirsi per riportare a casa la figlia, Chantal.
Dall’Italia si è recato in Ungheria con una parrucca nera da uomo, i pantaloni di suo nonno, un cappotto verde per non essere riconosciuto: “Ci avevo già provato molte volte, da solo, con mio padre, con l’avvocato italiano, con quello ungherese, con un investigatore, mettendo una taglia, bussando, cercando… Niente, il paese era impenetrabile e ormai mi conoscevano. Per scoprire dove stava la mia piccola non mi restava che vestirmi da barbone, senza dare troppo nell’occhio”.
Andrea Tonello è un uomo di 47 anni, è un imprenditore padovano. Nel 2011 dalla relazione con la sua compagna e convivente ungherese, Klaudia, nasce una bambina di none Chantal. Nel dicembre dello stesso anno, la donna, che in Italia faceva la parrucchiera, decide di trascorrere le vacanze di Natale nel suo Paese.
Con la piccola, di soli tre mesi, è ritornata al suo paese di origine, Mezotur in Ungheria. L’uomo doveva andare a prenderle a fine anno, ma così non è successo, come confermato da lui stesso e riportato da Il Corriere: “Dovevo andare a riprenderle a fine anno, ma quando mi sono messo in macchina e l’ho chiamata, sorpresa: no Andrea, non venire qui perché io non torno”.
L’uomo ha sporto denuncia ed il tribunale di Padova sta processando in contumacia Klaudia, oggi trentaseienne, per sequestro di persona. Il pm ha ottenuto un mandato di cattura internazionale nei suoi confronti. Per il giudice di Venezia la minore dovrebbe essere affidata al padre. Anche il tribunale in Ungheria ha accusato la donna per sottrazione di minore. Mentre la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel 2018 ha bacchettato l’Ungheria riconoscendo 30 mila euro a Tonello per “non aver garantito il diritto del ricongiungimento del padre con sua figlia”. Anche se ci sono state tutte queste sentenze, il padre non è più riuscito a vedere la sua piccola.
In questi sette lunghi anni, Tonello è andato moltissime volte in Ungheria: “Andavo in Ungheria ogni 15 giorni a cercare Chantal e ci rimanevo per giorni… se non lo facevo mi sembrava di mancare nei suoi confronti”. Per un periodo sapeva dove andare per poter vedere la bimba: “A casa della nonna, l’ho vista più volte, sia lei che Klaudia. Dopo che si è mossa la magistratura sono però sparite e allora ho dovuto ingegnarmi”. Per trovare la piccola si è travestito da barbone “Mi sono piazzato al supermercato, sperando di incrociarle” oppure stare tanto tempo alla stazione “sono andato con mio padre, lui soffriva più di me ed era preoccupato perché quel posto non è molto sicuro. E allora mi aveva accompagnato. Siamo stati insieme alla stazione dei treni ad aspettare per ore…”.
Il giorno di un compleanno di Chantal ha noleggiato un camion pubblicitario a Budapest: “Sulla vela ci ho messo il cartello con la foto della bambina e di Klaudia con gli auguri e ho preso a girare per il paese, volevo smuovere qualcosa. Ma il paese la proteggeva”.
Un giorno per caso ha visto l’auto dell’ex compagna: “L’ho seguita: dentro c’era un marcantonio di due metri, grossissimo, che avevo già visto girare intorno alla casa di Klaudia. Si è accorto che lo seguivo, ha fatto un testacoda e si è messo lui a inseguire me. Ho detto meglio scappare e ho cominciato a correre come un pazzo verso Budapest, seminandolo”. Un giorno ha tentato con uno stratagemma, coinvolgendo un giornalista ed un’avvocatessa: “Il giornalista entrava nei negozi e chiedeva della bambina. Poi entrava Dorothy e fingeva di essere interessata a qualche vestito in modo da entrare nel camerino e ascoltare i commenti. Ha sentito le donne che dicevano che Klaudia era stata troppo impulsiva, che poteva lasciarmi in mutande. Cioè, secondo loro avrebbe potuto fare molto di più”.
Tonello è convinto che la compagna aveva premeditato tutto e che lui, preso in un momento di sconforto, fosse caduto nella sua trappola: “Klaudia aveva premeditato tutto, aveva fatto la causa degli alimenti fin dal primo mese, quando ci si vedeva ancora. Ho capito che per alcune donne ungheresi di quella zona, è un sistema, una tattica. Vengono in Italia, cercano il pollo di turno e lo spennano. Ho scoperto che ha origini Rom, che Mesotur è una cittadina con molti Rom… Quando l’ho conosciuta ero in un momento di difficoltà per la morte di mio fratello, lei si è avvicinata a me e mi sembrava di stare benissimo. Poi ha voluto subito un figlio, ed è nata Chantal. Infine se n’è andata chiedendo mille euro al mese, che in quel posto significa fare la vita da nababbo”.
A nulla è servita la ricompensa su chi gli dava notizie o il coinvolgimenti della polizia locale: “Era come se un intero paese si fosse stretto intorno a lei. Ma quello è un altro mondo. Andavo dal capo della polizia e lo trovavo ubriaco…. Con gli agenti siamo andati un paio di volte a casa della nonna, visto che c’era un mandato di cattura da eseguire. Non rispondeva nessuno, allora chiamavamo il fabbro che apriva la porta e li trovavamo tutti lì. Mancavano solo Klaudia e Chantal”.
Tante le segnalazioni fasulle che ha ricevuto, ma che ha comunque seguito per scrupolo: “Tutti viaggi a vuoto. Il fatto è che io non posso lasciare nulla di intentato, non me lo perdonerei mai. Ho fatto un conto a spanne, avrò speso 300 mila in queste 7 anni, avrò guidato per 500 mila chilometri, consumato due macchine…”.
Tonello ha aperto una pagina Facebook di nome “Missing Chantal” per eventuali segnalazioni. L’ha aperta nella speranza che un giorno la figlia la potrà leggere. Lì le fa gli auguri, come ad esempio quelli di Natale: “Auguri principessa, è ancora Natale, è ancora silenzio, ancora il vuoto, ancora divisi…Quando ci ritroveremo sarà dura, sarà difficile ma sarà immensamente fantastico. Ti amo piccola mia, intanto aspettami. Buon Natale, il tuo papà”.
Inoltre a chi gli chiede che ormai la figlia parlerà una lingua diversa sa lui risponde: “Chiaro, però io dico una cosa: quando l’ho vista l’ultima volta lei si era stretta a lungo al mio petto, come le piaceva fare. Ecco, penso che quella sia una lingua universale”.
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