Diverse sentenze hanno stabilito che anche i docenti non possono usare gli smartphon per uso personale durante le ore di lezione a scuola.
Utilizzare il cellulare in classe per motivi privati è sbagliato. Gli smartphone e telefoni cellulari sono fonte di distrazione. L’ultima regolamentazione dell’uso del cellulare in classe in Italia risale al 2007, quando era ministro Giuseppe Fioroni che con una circolare vietò l’uso dei telefonini in classe. “Dovere specifico di ciascuno studente non utilizzare il telefono cellulare in classe e altri dispositivi elettronici, durante lo svolgimento delle attività didattiche. Si prevedono sanzioni disciplinari appositamente individuate per ciascun istituto scolastico”.
Una scuola di Piacenza aveva adottato un divieto effettivo di utilizzo del cellulare in classe. È stata la prima scuola in Italia a dotarsi di un sistema che impedisce il funzionamento del cellulare in classe. I cellulari verranno schermati da un’apposita custodia/tasca che sarà consegnata ai ragazzi al loro ingresso a scuola alla mattina, all’inizio delle lezioni.
Ma se è vietato agli studenti utilizzare il cellulare durante le ore scolastiche è vietato anche ai docenti. Lo dimostrano alcune recenti sentenze che vanno a denunciare l’uso compulsivo del cellulare da parte degli insegnanti.
Secondo delle sentenze recenti gli insegnanti devono evitare l’uso degli smartphone e di internet durante l’orario scolastico. Per il corpo docenti valgono le stesse regole che valgono per gli alunni.
Dal quotidiano Il Sole 24 ORE sono state messe in luce diverse sentenze nelle quali i docenti facevano un uso smodato del cellulare.
Ad esempio a Lecco una professoressa, di un istituto superiore, è stata sospesa per un giorno dal servizio per aver riposto alla telefonata del fratello durante l’orario di lezione. L’insegnante si è giustificata riferendo che la telefonata era urgente e che è durata pochissimo tempo. Il fratello la doveva aggiornarla sulle condizioni di salute della madre anziana. A nulla è valsa questa su tesi difensiva perché alla donna è stata confermata la sentenza di primo grado del Tribunale di Lecco, con relativa condanna al pagamento delle spese di giudizio. (corte d’Appello di Milano, sentenza del 3 aprile 2019 n.462)
La corte d’Appello ha fatto rispettare la circolare del Miur n. 362 del 25 agosto del 1998. Nella circolare “tutti i comportamenti che si traducono in una mancanza di rispetto nei confronti degli alunni e recano un obiettivo disturbo al corretto svolgimento delle ore di lezione”.
Gli insegnanti devono osservare, come gli alunni, la direttiva ministeriale n. 30 del 15 marzo 2007 sul divieto dell’utilizzo dei cellulari durante le lezioni. I giudici hanno sottolineato la gravità della condotta che ha “implicazioni dirette sul modello educativo e non è consona alla funzione del personale docente”.
In un altro caso, l’insegnante non è stata condannata per la mancanza di una prova certa. Si tratta di un’insegnante di sostegno di una scuola dell’infanzia della provincia di Caserta che era stata accusata di usare in maniera compulsiva il cellulare in classe. Erano stati chiesti 10 giorni di sospensione, ma per il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere non basta lo screenshot della schermata di un cellulare collegato a WhatsApp con la dicitura online per dimostrare l’effettivo uso durante la lezione. Lo stesso vale per un commento che sarebbe stato pubblicato su Facebook quando l’insegnante era in servizio. Occorre la prova certa dell’utilizzo durante l’orario di lavoro, in caso contrario la sanzione deve essere annullata (Sentenza del 14 maggio 2018 n. 611).
A segnalare i comportamenti dei docenti, molto spesso, sono i genitori degli alunni. É il caso di un insegnante di una scuola secondaria della provincia di Cremona. La docente è stata sospesa per un giorno e censurata anche per l’uso dello smartphone durante la lezione. (Corte di appello di Brescia, sentenza del 23 maggio 2018 n. 136).
Un’altra docente di sostegno, non ha superato la prova per l’assunzione perché utilizzava eccessivamente il cellulare durante le ore di lavoro, come emerso da diverse indagini. (Tribunale di Torino, sentenza del 19 marzo 2018 n. 5328).
Un docente di un liceo classico di Roma è stato accusato di aver pubblicato un calendario con gli studenti nell’ambito di un progetto promosso dalla scuola. La scuola aveva irrogato al professore la censura per aver raccolto i dati degli alunni minori di propria iniziativa. Fortunatamente il professore aveva fatto firmare una liberatoria ai genitori degli alunni. Così il tribunale ha accolto il ricorso del docente che aveva appunto fatto sottoscrivere la liberatoria ai genitori insieme all’informativa privacy (Tribunale di Roma, sentenza de 28 febbraio 2019 n. 2007).
Non gli è andata bene però quando, nel 2015, era stato sospeso per sei giorni per aver pubblicato sul suo sito web alcuni video girati durante un laboratorio didattico che ritraevano studenti dell’ultimo anno, già maggiorenni. I filmati erano stati girati in parte nel cortile della scuola. Anche il quel caso i ragazzi avevano filmato la liberatoria, ma non aveva avvisato la scuola. Sul sito comparivano anche informazioni su genitori e colleghi, oltre a notizie su alcuni progetti della scuola. Il tribunale non ha accolto le giustificazioni del docente, che si era difeso sostenendo che nel video la scuola non fosse riconoscibile e che i ragazzi non fossero intenti a compiere atti “sconvenienti”. Per il tribunale il comportamento è grave e “non conforme alle responsabilità e ai doveri di correttezza inerenti la funzione di docente”. (Tribunale di Roma, Sezione lavoro, sentenza del 1 dicembre 2015 n. 10489).
Voi unimamme sapevate di tutte queste situazioni inerenti l’utilizzo dei telefoni cellulari nelle scuole? Cosa ne pensate?
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