Simone Marquesine è una mamma che si è rifiutata di abortire il figlio che poi le ha salvato la vita.
Nel 2011, quando Simone Marquesine era alla 12° settimana di gestazione ha ricevuto la notizia che nessuna mamma vorrebbe sentire.
Gli esami avevano rivelato gravi malformazioni nel feto che portava in grembo. La calotta cranica non si era chiusa come avrebbe dovuto, quindi la diagnosi era di encefalocele occipitale, agenesia renale, spina bifida e microcefalia.
Davanti a questo dramma, famigliari, amici e conoscenti chiedevano alla coppia cosa avesse intenzione di fare.
“Per noi non c’era alcun dubbio. Dicevamo sempre che Dio ci aveva dato Lucas e solo Lui ce l’avrebbe tolto. Avevo già sentito il suo cuoricino battere, e anche se non fosse stato così non avremmo avuto il coraggio di effettuare un aborto“.
Simone e suo marito hanno quindi stabilito di portare avanti la gravidanza fino alla 38° settimana in modo che i polmoni del bambino potessero svilupparsi. Dopo il parto avrebbero pensato a un intervento neurologico sul bambino.
La mamma in questa situazione ha trovato sostegno nella sua fede. “Oltre a parenti, fratelli e amici, sapevo che Gesù sarebbe stato con noi fino alla fine” ha raccontato.
Nel frattempo lei e il marito si sono sottoposti a nuovi esami.
“Sono stati nove mesi in cui ho potuto amare e lottare per ‘Luquinhas’. A volte ero angosciata, sentendo che la sua condizione era incompatibile con la vita, ma chiedevo a Dio che facesse ciò che era meglio per lui. Ovviamente ho sentito alcune persone dirmi che era meglio abortire, ma le ho ignorate. Non l’avrei mai fatto”.
Verso la 35° o 36° settimana Simone ha iniziato ad avvertire dolori intensi, le si è formato anche un gonfiore alla gamba.
La diagnosi è stata di trombosi. Aveva coaguli intorno all’inguine e uno vicino al cuore.
Il suo medico le ha detto: “Il suo bambino l’ha salvata, perché la gravidanza ha esercitato una pressione ed ha impedito che il coagulo si spostasse. Nelle sue condizioni, potrebbe essere fatale in qualsiasi momento”.
Il medico non sapeva niente della situazione del bambino di Simone. Per 20 giorni questa mamma ha dovuto rimanere a letto per evitare lo spostamento del coagulo.
“In quei giorni ho ringraziato tanto Lucas per avermi salvata, e gli ho anche detto quanto lo amavo, pur senza vederlo”.
Lucas è venuto alla luce il 12 maggio ed è rimasto con la sua famiglia per 26 minuti.
“Non sono riuscita a vederlo perché, come aveva previsto il medico, ho avuto una forte emorragia e sono rimasta nel Centro di Terapia Intensiva per quattro giorni. Mia madre, mia suocera, una mia amica e mio marito mi hanno detto che era bello e perfetto, visibilmente non aveva malformazioni”.
Due giorni dopo il marito di Simone e alcuni famigliari hanno sepolto il bambino. “Con grande dolore non ho potuto partecipare a quel momento, perché mi stavo sottoponendo a una trasfusione. Ero molto debole per via dell’emorragia”.
Simone è dovuta rimanere 30 giorni in ospedale per riprendersi dall’emorragia.
“Ho finito il congedo per maternità, ho preso un farmaco per mandar via il latte, mi sono sottoposta al trattamento per la trombosi, tutto con grandi lotte ma con una forte certezza nel cuore: ho fatto quello che era giusto. Chi l’avrebbe detto che anni dopo avrei raccontato questa storia sempre vicino al giorno della festa della Mamma! Mi emoziono come se fosse accaduto oggi, e mi sento molto onorata per il fatto che Dio mi abbia scelto per vivere questa vicenda”.
Unimamme, cosa ne pensate della storia di questa mamma che ha deciso di raccontare la sua esperienza dopo anni come si legge Aleteia?
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