Una donna ha partorito nel boschetto della droga di Rogoredo. Il neonato è in astinenza.
Nella notte tra domenica 19 maggio e lunedì 20, una ventottenne di origine ucraina, Elnara, che ha problemi conclamati di tossicodipendenza, ha dato alla luce un bambino , presso il boschetto di Rogoredo, una piazza di spaccio a sud est del capoluogo lombardo.
La Questura ha ricevuto l’allarme all’1.40 di notte quando un uomo, un ucraino che era insieme alla donna, ha chiamato il 112 sostenendo che la compagna stava per partorire.
A quel punto sono arrivati medici e gli agenti che hanno trovato la mamma e il piccolo in una vecchia cascina dismessa.
Successivamente mamma e neonato sono stati trasportati presso la clinica Mangiagalli. Il piccino è in astinenza, ha assorbito infatti tutta la droga dal cordone ombelicale quindi ora deve seguire delle terapie.
Il neonato è in buone condizioni, nonostante la mamma non abbia mai visto un medico o fatto una visita durante la gravidanza. Il bambino potrebbe liberarsi dall’astinenza, grazie alle cure, nel giro di 4 settimane.
Alcuni operatori delle associazioni hanno dichiarato che c’è un’altra ragazza, incinta, che frrequenta il boschetto di Rogoredo.
Ora la polizia e l’ospedale hanno inviato la segnalazione al Tribunale dei minori perché a breve i magistrati dovranno decidere se la mamma possa prendersi cura del suo bambino.
Il problema del boschetto di Rogoredo è molto sentito. Una mamma, sul Corriere racconta: “ho visto ragazzine veramente piccole, più piccole della mia che non ha nemmeno 18 anni, alcune preparavano bustine di droga e pesavano con bilance, un’altra spingeva un passeggino con dentro un fagotto che piangeva, è un inferno di occhi persi, persone con le siringhe ancora infilate nel braccio…”
Questa mamma ha una figlia, all’ultimo anno di liceo classico, precipitata nell’inferno della droga “fino a 4 mesi fa non assumeva droghe pesanti, d’un tratto è sprofondata. Stagnole, eroina fumata e non buchi (per ora) rischia di perdere l’anno, da un mese non si presenta a scuola…”
Simone Feder, della comunità Casa del Giovane, sostiene che è fondamentale, da parte dei genitori, dare risposte tempestive e creare reti tra genitori, debitamente assistiti.
Infine, Pietro Farneti del Serd Smi è scoraggiato dalla mancanza di posti letto per assistere i ragazzi “non sono arrivati fondi dalla regione e non ce la facciamo a continuare il progetto”.
Unimamme, cosa ne pensate di questa vicenda di cui si parla sul Corriere?
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