“Pagate di più gli insegnanti”, la richiesta di Bruxelles all’Italia. L’istruzione va rafforzata e gli insegnanti vanno motivati.
Una richiesta assolutamente legittima che arriva dall’Unione europea e che questa volta dovrebbe trovare d’accordo gli italiani, almeno una buona parte. Da Bruxelles ci chiedono di migliorare il nostro sistema di istruzione e soprattutto di pagare di più gli insegnanti, anche per motivarli. La salute economica di un Paese dipende infatti da una scuola funzionante ed efficace.
La Ue chiede all’Italia di pagare di più gli insegnanti
Nelle raccomandazioni che la Commissione europea ha inviato nei giorni scorsi all’Italia non ci sono solo quelle per contenere il debito pubblico, ma anche alcuni suggerimenti per migliorare la produttività e l’efficienza del sistema economico, partendo dall’istruzione.
Nella lettera inviata al governo italiano, Bruxelles spiega: “La produttività tendenzialmente stagnante dell’Italia è dovuta alle debolezze del sistema di istruzione e formazione e alla scarsità della domanda di competenze elevate. Migliorare, quindi, la qualità del sistema di istruzione e formazione rappresenta una sfida importante“, raccomanda la Commissione Ue.
Per fare questo, secondo Bruxelles, sarebbero necessari “ulteriori sforzi per attirare, assumere e motivare maggiormente gli insegnanti“, afferma Bruxelles, sottolineando che gli stipendi dei docenti italiani “rimangono bassi rispetto agli standard internazionali e rispetto ai lavoratori con un titolo di istruzione terziaria“. Inoltre, “le retribuzioni crescono più lentamente rispetto a quelle dei colleghi di altri Paesi e le prospettive di carriera sono più limitate, basate su un percorso di carriera unico con promozioni esclusivamente in funzione dell’anzianità anziché del merito“.
Queste caratteristiche hanno come conseguenza una “scarsissima attrattiva della professione di insegnante per le persone altamente qualificate e in un effetto disincentivante sul personale docente, che a sua volta ha un impatto negativo sui risultati di apprendimento degli studenti“.
Queste sono le osservazioni della Commissione europea, va detto però che se è vero che gli insegnanti italiani guadagnano troppo poco e la scarsa considerazione sociale del loro ruolo ha fatto venire meno il rispetto di famiglie e studenti e alle volte anche la motivazione degli stessi docenti, in Italia gli insegnanti non sono pochi: tra personale di ruolo e precari se ne contano circa 800mila, mentre gli studenti continuano a diminuire, a causa del calo delle nascite. Tanto che secondo le proiezioni in futuro molti rischiano di rimanere senza lavoro.
Se la professione di insegnante è mal pagata è tuttavia sicura. I tempi di ingresso sono lunghissimi, tra corsi di abilitazione, supplenze, concorsi, ma una volta si è entrati nella scuola il lavoro è sicuro e con un po’ di pazienza alla fine diventa stabile. Il Miur ha annunciato proprio in questi giorni un nuovo concorso per assumere circa 70mila docenti. Nonostante gli stipendi bassi e le scarse possibilità di carriera, quella di insegnante diventa spesso l’unica strada praticabile per laureati senza lavoro, specialmente nelle materie umanistiche. In un mercato del lavoro come quello italiano in cui i laureati sono spesso penalizzati e chi è laureato in lettere o filosofia non trova adeguate offerte di lavoro, la strada dell’insegnamento rimane l’ultima possibilità. Per cui anche frustrati, malpagati e alle volte purtroppo non adeguati per questo lavoro, molti italiani scelgono la scuola come loro professione.
Il Sole24Ore, che riporta la notizia delle raccomandazioni di Bruxelles, solleva alcune criticità in merito alla professione di insegnante in Italia, sottolineando che i docenti sono troppi, che il Miur spende circa il 90% del suo bilancio, circa 40 miliardi di euro, per pagare il personale, che gli insegnanti fanno un orario troppo breve, 18 ore settimanali di insegnamento, e tre mesi di vacanze in estate, più le festività durante l’anno e i ponti. In realtà, va precisato, che il lavoro di insegnamento con le lezioni in classe non è l’unico del docente, ci sono le ore dedicate agli incontri con le famiglie, le riunioni e i collegi dei docenti a scuola, i colloqui, gli scrutini, la formazione e la preparazione delle lezioni, la correzione dei compiti, più altre attività oltre l’orario scolastico. Infine, è una leggenda metropolitana dura a morire: gli insegnanti non fanno tre mesi di vacanza in estate. Coloro che seguono gli studenti negli esami lavorano fino alla fine di giugno nella scuola dell’obbligo e fino a luglio inoltrato alle superiori. Mentre gli altri, anche se terminano le lezioni nella prima metà di giugno, sono poi impegnati con gli scrutini e le ultime riunioni, in ogni caso rimangono in servizio fino al 30 giugno. Poi devono assicurare una disponibilità anche per un certo numero di giorni a luglio, per essere chiamati per ogni evenienza, quindi non si possono allontanare dalla loro città. Infine, il 1° settembre riprendono le attività scolastiche, con le nuove riunioni prima dell’inizio delle lezioni. Insomma gli insegnanti avranno anche più vacanze di molti altri lavoratori, ma non come spesso si vuole far credere.
Infine, l’ultimo punto critico sottolineato è quello del mancato avanzamento di carriera e di aumento di stipendio legato al merito. Solo l’anzianità dà diritto a una migliore busta paga. Una situazione che di certo non motiva gli insegnanti.
Voi unimamme che ne pensate? Ha ragione la Commissione europea, almeno questa volta?
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