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Salute e benessere bambini

Infermieri in pediatria, sono troppo pochi: rischi per i bambini

Published by
valeria bellagamba
Ospedale (iStock)

Gli infermieri in pediatria sono troppo pochi: aumentano i rischi di morte per i bambini.

L’allarme viene dalla Fnopi, Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche: nelle pediatrie degli ospedali italiani gli infermieri sono troppo pochi rispetto al numero dei pazienti. Una situazione che aumenta il rischio di mortalità per i bambini ricoverati.

Pochi infermieri in pediatria: bambini a rischio

Negli ospedali italiani, e in particolare negli ospedali pediatrici, la carenza di infermieri è in costante aumento. Una situazione preoccupante, denunciata dalla Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), che crea rischi molto seri sia per il sovraccarico di lavoro per gli infermieri sia soprattutto per i piccoli pazienti che a causa dell’assistenza ridotta vanno incontro ad un maggiore pericolo di mortalità.

In generale, secondo gli standard di sicurezza, ad ogni infermiere dovrebbero essere assegnati non più di 4 pazienti, ma la media negli ospedali è decisamente più alta: un infermiere ogni 6,6 pazienti, ben 2,6 pazienti in più, quindi oltre il 50% in più, di quanto previsto dalle norme di sicurezza. Fnopi spiega che “per ogni paziente extra il rischio di mortalità a 30 giorni aumenta del 7%. Con due pazienti e mezzo in più arriva al 17-18%”. Un rischio inaccettabile. “Sommando poi i dati delle attività infermieristiche mancate, il rischio di mortalità per i bambini ricoverati arriva al 25-26%”. Un aumento quasi del 30%.

Se casi drammatici non si sono verificati, il merito va “alla buona volontà dei professionisti e alla capacità del management delle aziende”. Ciò non toglie, tuttavia, che “il livello di allarme è alto e di questo si deve tenere conto al momento della scelta delle politiche di programmazione”, sottolinea Fnopi.

I dati sull’assistenza infermieristica negli ospedali pediatrici italiani provengono da uno studio realizzato da 12 aziende ospedaliere pediatriche aderenti all’Aopi, l’Associazione degli Ospedali pediatrici Italiani che a sua volta aderisce alla Fiaso, la Federazione delle aziende sanitarie pubbliche, e sono stati presentati in Senato. Lo studio è stato condotto con un’indagine compiuta dai ricercatori del Gruppo di studio italiano RN4CAST@IT-Ped attraverso un sondaggio che ha coinvolto infermieri e caregiver.

Quando si tratta di reparti speciali, per assicurare gli standard di sicurezza il rapporto tra infermieri e pazienti varia: dovrebbe essere di un infermiere ogni 3 0 4 pazienti nelle aree chirurgica e medica, di uno ogni 1 o addirittura ogni 0,5 nelle le aree critiche come le terapie intensive e le rianimazioni. La realtà dei numeri, però, è molto diversa e lo studio ha registrato rapporti di un infermiere ogni 5,93 pazienti per la chirurgia, uno ogni 5,7 per quella medica e uno ogni 3,55 pazienti per l’area critica.

La carenza di infermieri in pediatria, poi, comporta che oltre agli impegni già gravosi di assistenza gli infermieri siano costretti a svolgere attività che non sono di carattere infermieristico come:

  • seguire richieste di reperimento materiali e dispositivi, capitato almeno una volta durante l’ultimo turno nel 54% dei casi in area chirurgica, 55% in area medica e 39% in quella critica;
  • compilare moduli per servizi non infermieristici (rispettivamente nell’80, 72 e 66% dei casi);
  • svolgere attività burocratiche (81, 79 e 65% dei casi);
  • rispondere al telefono per attività che nulla a hanno a che vedere con l’assistenza in ben oltre il 90% dei casi in tutte le tre aree assistenziali.

Tutto ciò determina una situazione di super lavoro che oltre ad aumentare i rischi per i pazienti finisce con il portare alla sindrome del “burnout“, una forma di esaurimento fisico, psicologico ed emotivo causata dall’eccesso di lavoro e che già di per sé caratterizza spesso il lavoro di chi si occupa per professione della cura delle persone.

I dati dello studio sono stati segnalati dall’Ansa.

Che ne pensate unimamme? Eravate a conoscenza di queste carenze nella sanità italiana, soprattutto negli ospedali pediatrici, e dei rischi per i bambini?

valeria bellagamba

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