Papa Francesco ha celebrato una Messa a sei anni dalla visita a Lampedusa per i migranti. Nella basilica di San Pietro ci sono 250 tra rifugiati e volontari.
Per il sesto anniversario della visita di Papa Francesco a Lampedusa è stata celebrata nella basilica di San Pietro una Messa ufficializzata dal Pontefice stesso.
Nell’omelia il Papa ha sottolineato che i migranti sono “il simbolo di tutti gli scartati della società globalizzata. I migranti sono prima di tutto persone, non solo questioni sociali e sono gli ultimi che Gesù ci chiede di amare”.
Nel 2013 il Papa si è recato a Lampedusa, l’isola e porto italiano che da anni è al centro della cronaca dei “viaggi della speranza” per le persone che fuggono dal loro Paese di origine. Nella sua visita ha pregato per i 34 migranti che nel 2012 annegarono e per i 366 annegati nel 2013.
Ad oggi, dopo sei anni, il Papa durante una sua omelia ha voluto chiedere di guardare “con amore i profughi e gli oppressi” ed ha ricordato le parole di Giovanni Paolo II che disse: “I poveri, nelle molteplici dimensioni della povertà, sono gli oppressi, gli emarginati, gli anziani, gli ammalati, i piccoli, quanti vengono considerati e trattati come ultimi nella società“.
La Messa è stata celebrata in una basilica chiusa ai fedeli e aperta solo ai migranti, rifugiati e diverse sigle che si occupano dell’accoglienza degli stessi.
Il Pontefice ha parlato di liberazione e di salvezza, come riportato da Vatican news: “Il mio pensiero va agli ultimi che ogni giorno gridano al Signore, chiedendo di essere liberati dai mali che li affliggono. Sono gli ultimi ingannati e abbandonati a morire nel deserto; sono gli ultimi torturati, abusati e violentati nei campi di detenzione; sono gli ultimi che sfidano le onde di un mare impietoso; sono gli ultimi lasciati in campi di un’accoglienza troppo lunga per essere chiamata temporanea“.
Il Papa continua asserendo che i migranti sono il simbolo degli scarti della globalizzazione: “Le periferie esistenziali delle nostre città sono densamente popolate di persone scartate, emarginate, oppresse, discriminate, abusate, sfruttate, abbandonate, povere e sofferenti. Nello spirito delle Beatitudini siamo chiamati a consolare le loro afflizioni e offrire loro misericordia; a saziare la loro fame e sete di giustizia; a far sentire loro la paternità premurosa di Dio; a indicare loro il cammino per il Regno dei Cieli”. Ricorda che: “Sono persone, non si tratta solo di questioni sociali o migratorie! Non si tratta solo di migranti! nel duplice senso che i migranti sono prima di tutto persone umane, e che oggi sono il simbolo di tutti gli scartati della società globalizzata”.
Il Papa riprende l’immagine della scala di Giacobbe, “La scala, sulla quale salgono e scendono gli angeli di Dio, rappresenta il collegamento tra il divino e l’umano, che si realizza storicamente nell’incarnazione di Cristo (cfr Gv 1,51), offerta amorosa di rivelazione e di salvezza da parte del Padre. La scala è allegoria dell’iniziativa divina che precede ogni movimento umano. Essa è l’antitesi della torre di Babele, costruita dagli uomini che, con le proprie forze, volevano raggiungere il cielo per diventare dei. In questo caso, invece, è Dio che “scende”, è il Signore che si rivela, è Dio che salva”.
Continua asserendo: “Mi piace allora pensare che potremmo essere noi quegli angeli che salgono e scendono, prendendo sottobraccio i piccoli, gli zoppi, gli ammalati, gli esclusi: gli ultimi, che altrimenti resterebbero indietro e vedrebbero solo le miserie della terra, senza scorgere già da ora qualche bagliore di Cielo”.
Papa Francesco conclude la sua omelia ricordando che bisogna collaborare alla missione di salvezza e di liberazione: “Si tratta di una grande responsabilità dalla quale nessuno si può esimere se vogliamo portare a compimento la missione di salvezza e liberazione alla quale il Signore stesso ci ha chiamato a collaborare”.
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