Una mamma ha lasciato il lavoro per seguire il figlio autistico a scuola.
Maria Gariup è una mamma di 51 anni ex contabile che quest’anno si è diplomata per la seconda volta.
Quando suo figlio Alessio aveva 3 anni gli hanno diagnosticato l’autismo. Cinque anni fa ha deciso di lasciare il lavoro per assistere il figlio. «Non è stata una scelta facile, mio marito Stefano fa il magazziniere. Il mio stipendio serviva. Per pagare le bollette, a volte, ci hanno aiutato i miei. Da una parte c’era una possibilità su un milione di far vivere un figlio come gli altri ragazzi. Dall’altra la sua condanna ad una malattia che ti isola. Abbiamo deciso di tentare l’impossibile».
I Gariup vivono a Moimacco, in Friuli e sono una delle tante famiglie con bambini che finiscono ignorati dalla scuola e dallo Stato. I ragazzi come Alessio hanno una pensione di invalidità di 500 Euro al mese, ma per un’assistenza completa ce ne vorrebbero 3 mila.
“In Italia 1 ragazzo su 150 soffre di patologie dello spettro autistico. Per queste persone manca però un progetto di vita, figure che le seguano a scuola e nell’inserimento al lavoro. Uno straordinario giacimento di talenti finisce semplicemente bruciato” aggiunge la mamma di Alessio.
Il ragazzo aveva problemi di comportamento, comunicava ma non articolava il discorso. Ecco come sono andate le cose: “cinque anni fa doveva iscriversi alle superiori. Assistenza e sostegno, fino alle medie, lo avevano aiutato. Entrato nell’Istituto tecnico agrario “Paolino d’Aquileia” di Cividale, sono emerse le difficoltà. Gli educatori continuavano a cambiare, le figure non erano formate, la scuola non poteva assicurare una presenza costante. Mancanza di fondi: ho capito che dovevo fare da sola”.
A quel punto Maria ha deciso di iscriversi a scuola con il figlio. Ogni giorno lo seguiva da vicino accompagnandolo in palestra, in laboratorio, nella cantina vicino all’istituto. Alessio infatti ha scelto di studiare come perito agrario.
L’esperienza scolastica è stata positiva per entrambi: “All’inizio Alessio ed io eravamo soli. Presto ci siamo ritrovati vicini i compagni di scuola, i professori, il personale dell’istituto. Tutti lì, a dare una mano. Non ci hanno regalato niente, ma hanno voluto partecipare alla nostra scommessa».
La prova della maturità però sembrava uno scoglio insormontabile. I docenti hanno proposto ad entrambi di affrontare il difficile esame. Così, per la prima volta in Italia madre e figlio si sono diplomati insieme, nella stessa classe.
Questa è la preziosa lezione che ne ha ricavato la mamma: “Ho imparato che se le famiglie non reagiscono vengono emarginate come i loro figli. Nessuno suona alla porta per chiedere come stai. È terribile. La scuola dell’obbligo finisce e migliaia di giovani vengono risucchiati nel buio. Per loro non esiste un pubblica piano esistenziale, l’affiancamento al lavoro, incentivi a chi assume, un sostegno medico”.
Ora Alessio lavora in un’azienda vinicola, ma fa solo pulizie e piccoli lavoretti, senza compensi o incarichi perché altrimenti perderebbe l’indennità mensile.
“La via d’uscita la troveremo un’altra volta noi. L’ultimo sogno è una piccola impresa agricola, tutta nostra. Questione di dignità: ci stiamo lavorando, so che ci riusciremo».
Unimamme, cosa ne pensate di questa incredibile storia di dedizione di cui si parla su Repubblica?
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