Il pensiero dell’esperto dell’età evolutiva sulla vicenda dei quattro ragazzi di Ciriè che dopo tre anni di riabilitazione non hanno imparato la lezione.
Avevamo raccontato la storia dei 4 ragazzi di Ciriè, un paese in provincia di Torino, che tre anni fa furono condannati a scontare una pena dura per aver bullizzato un loro coetaneo. I tre ragazzi furono condannati a tre anni di lavori socialmente utili.
Dopo questi tre anni hanno deciso di celebrare la fine della loro pena con un video che è diventato in poco tempo virale. Nel video girato fuori dal Tribunale dei minori, hanno preso in giro le forze dell’ordine e gli adulti che si sono fatti carico del loro percorso riabilitativo. Adesso sono stati nuovamente denunciati, per vilipendio delle istituzioni e oltraggio a pubblico ufficiale. I giovani dovranno ricominciare tutta la trafila e può darsi che questa volta la condanna sia ancora più severa.
Sulla vicenda si è espresso Alberto Pellai il medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva e ricercatore presso il dipartimento di scienze biomediche dell’Università degli Studi di Milano, dove si occupa di prevenzione in età evolutiva.
Lo specialista dell’età evolutiva, come riportorto da Famiglia Cristiana, non è sconvolto tanto dalle parole e dai gesti dei ragazzi, ma dal fatto che queste parole sono state immortalate in un video che poi è stato reso pubblico sui loro social.
L’esperto si chiede come dei ragazzi che erano appena usciti dal circuito penale minorile e dopo esser stati per molto tempo in un percorso rieducativo e riabilitativo “non riescano a prevedere che le loro azioni e le loro parole hanno delle conseguenze e producono degli effetti di cui dovranno rispondere in prima persona“.
Un quesito al quale non riesce a dare una risposta immediata. Formulizza delle ipotesi: “Presumo che nessuno si sia occupato, durante il periodo della pena, di educarli all’empatia e alla responsabilità. Forse, hanno svolto le loro azioni “socialmente utili” con lo stile di chi deve “per obbligo” vidimare un cartellino senza alcun coinvolgimento reale e profondo in ciò che fa. Forse i quattro giovanissimi in questione sono convinti che “continuare” la propria crescita perseguendo la carriera del “prepotente e dannato” possa comunque dare vantaggi e ottimi risultati“.
Per Pellai c’è una pregressiva “desensibilizzazione al rispetto dell’altro, rispetto delle regole e rispetto delle istituzioni“.
Il rispetto che anche chi riveste un ruolo pubblico di alto profilo ha perso: “Sentiamo sempre più utilizzare linguaggio scurrile, assumere toni arroganti e di prepotenza. Per non parlare dell’agone politico, dove ogni giorno assistiamo alla sceneggiata del tutti contro tutti. Ma poi nessuno fa un passo indietro e tutti si tengono stretto tra le mani quel pezzo di potere che non vivono più come un dovere verso chi li ha eletti, ma come un diritto da esercitare senza temere le conseguenze del proprio eventuale pessimo operato. Così la corruzione, la maleducazione, la prevaricazione non solo dilagano, ma sembrano essere divenute un lasciapassare per il successo“.
L’esperto conclude la sua costatazione facendo il paragone con il famoso gioco da tavola del Monopoli ed i quattro ragazzi di Ciriè: “Ai quattro sprovveduti di Ciriè invece l’unico lasciapassare che è stato concesso è quello di ricominciare daccapo a fare i conti con la giustizia. Proprio come dentro al gioco di Monopoli che ogni volta che passi dal via, dopo dieci caselle puoi finire in prigione. E se così succede, devi fermarti per un giro. Purtroppo, però, la vita non è come una partita di Monopoli. E questo, qualcuno, trovi il modo di spiegarlo a quei ragazzi. Perché dopo tre anni di lavori socialmente utili, non sembra proprio che l’abbiano capito“.
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Voi umimamme eravate a corrente della vicenda? Cosa ne pensate delle parole dell’esperto Alberto Pellai?
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