E’ iniziato il processo per Silvia Romano, la ragazza che a novembre del 2018 è stata rapita in un villaggio del Kenya. Difficoltà e colpi di scena.
A Malindi, in Kenya, in questi giorni ha preso il via il processo per il rapimento della cooperante italiana Silvia Romano. A sorpresa il processo che doveva essere svolto a Nairobi si è svolto nel villaggio dove Silvia il 20 novembre del 2018 è stata rapita. Il tribunale è stato allestito in un’aula della scuola elementare di Chakama e sono stati portati anche le due persone arrestate con l’accusa di rapimento.
Durante il processo sono stati ascoltati i due appartenenti alla banda che ha rapito Silvia e reo confessi che avevano già ammesso le loro responsabilità ed hanno in parte collaborato con le autorità keniane. Come riportato da malindikenya.net, il potale degli italiani in Kenya, Silvia era ancora viva dopo Natale ed è stata poi ceduta ad un’altra banda criminale ben più organizzata e capace di gestire l’ostaggio e le eventuali trattative. Sul sito si legge che sono iniziate le udienze nel luogo del rapimento perché il magistrato deve avere la possibilità di poter ascoltare tutti i testimoni, compresi coloro che sono stati feriti dai primi colpi di fucile AK 47, prima dell’irruzione nella stanza che ospitava Silvia Romano. Inoltre, se il processo si fosse svolto a Nairobi o a Malindi, nessuno dei testimoni, per mancanza di risorse, sarebbe potuto essere presente.
Come riportato da Tg com 24, il processo per il rapimento di Silvia Romano ha portato già ad un “colpo di scena”. Infatti, uno dei due indiziati, Moses Luari Chende ha pagato una cauzione di 25mila euro, una cifra molto alta se si considera che un salario medio è di mille euro all’anno, ed adesso è libero. La prima udienza si è svolta con molte difficoltà, tra le quali quella di tradurre il swahili.
Durante la prima udienza Moses Chende, il keniota giriama, era presente in aula insieme all’altro uomo accusato del rapimento, Abdulla Gababa Wari, anche lui keniota, ma della tribù orma di origine somale che è stata accusata di aver organizzato il sequestro. Ci sarebbe anche un terzo inquisito, Ibrahim Adan Omar, che affronterà il processo successivamente, il 19 agosto.
Erano presenti anche i testimoni ai quali sono state fatte vedere le due motociclette che i banditi avrebbero usato per portare via Silvia Romano dal villaggio in cui lavorava. Sembrerebbe che in aula non ci fosse alcun diplomatico italiano e nemmeno qualcuno dei carabinieri del Ros o dei servizi segreti.
L’ accusa è portata avanti da Alice Mathangani, il giudice è la signora Dr. Julie Oseko. L’imputato Moses, oltre ad aver pagato l’onerosa cauzione, ha anche un legale non d’ufficio.
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