Quando l’affido è a tempo indeterminato, i bambini non vengono adottati e non tornano a casa.
Il caso di Bibbiano e dei Comuni della Val d’Enza finito nell’inchiesta “Angeli e Demoni” su presunti affidi illeciti di bambini ha suscitato oltre alle immancabili polemiche e strumentalizzazioni anche un ampio dibattito sull’istituto dell’affido familiare, con proposte di riforma strutturale da parte del Garante dell’Infanzia, per tutelare i minori ma anche il diritto alla difesa dei genitori e garantire una giustizia con tempi certi.
Tra lo scandalo dell’inchiesta e le proposte di cambiare l’affido minorile, sono emerse le criticità di questo istituto che dovrebbe tutelare i minori, purtroppo rischia di trasformarsi in uno strumento perverso, con situazioni di incertezza che si protraggono all’infinito e senza salvaguardare veramente i bambini a cui dovrebbe assicurare una famiglia che si prenda cura di loro quando quella naturale non è in condizioni di farlo.
Così capita che si verifichino delle situazioni in cui i bambini si trovano in una situazione di stallo, bloccati in una sorta di limbo, senza essere adottati da una nuova famiglia e senza tornare a quella di origine. In affido i bambini e ragazzi stanno presso una famiglia che li ha accolti e ha deciso di prendersi cura di loro, ma per una situazione temporanea. Non si tratta di genitori adottivi, prolungare questa situazione indefinita rischia di fare male a tutti.
L’affido dei minori è salito al centro delle cronache a seguito delle vicende portate alla luce dall’inchiesta “Angeli e Demoni” della Procura di Reggio Emilia, su casi di bambini strappati senza apparente motivo alle famiglie di origine e affidati ad altre famiglie, in condizioni di favore, con la presunta complicità di operatori sociali che avrebbero abusato del loro ruolo. Un caso che ha sconvolto l’Italia e suscitato un aspro dibattito.
Una vicenda che ha spinto ad interrogarsi sull’istituto dell’affido in Italia, come funziona e se veramente fa gli interessi dei minori. Tra le criticità emerse, per le quali sono stati proposti interventi di riforma strutturale, c’è quella dell’affido a tempo indeterminato, ovvero una situazione che si protrae a lungo nel tempo, più del consentito, lasciando i bambini e ragazzi in una sorta di limbo.
L’istituto dell’affido ha una durata temporanea, o almeno dovrebbe, fissata dalla legge 149 del 2001 in un periodo massimo di 24 mesi, prorogabili da parte del Tribunale dei Minori in caso di necessità. Di fatto più del 60% dei bambini e ragazzi in Italia è in affido da più di due anni. Le complicazioni burocratiche e le situazioni delicate di alcuni minori allungano il periodo dell’affido più del dovuto.
Può capitare che le famiglie di origine non siano ancora in condizioni di riaccogliere il minore in casa, ma allo stesso tempo non si vuole rompere definitivamente il legame tra loro e i figli, quello che accadrebbe con l’adozione. Infatti, una volta adottato il minore ha una nuova famiglia e nuovi genitori di cui prende il cognome. La famiglia di origine è come se non esistesse più per lui. In alcuni casi questo è un bene, se si pensa a situazioni gravi di violenza o abbandono, ma non è sempre così. Ci sono famiglie che pur con problemi o inadeguatezze nel crescere o educare un figlio non rappresentano in assoluto il male per il minore. Si trovano in difficoltà che possono essere superate e recuperare il rapporto con i figli.
La tendenza è quella di non separare definitivamente i figli dalle famiglie di origine, anche se questo può portare ad un lungo periodo di affido. Il rischio, però, è che l’affido si trasformi di fatto un’adozione mascherata, ma senza tutte quelle garanzie e i controlli che invece vengono richiesti ai genitori che vogliono adottare.
Per adottare un bambino, infatti, una famiglia deve attraversare un iter molto lungo e complesso, fatto di valutazioni psicologiche, colloqui con assistenti sociali e giudici minorili. Gli stessi controlli capillari, invece, non avvengono nei confronti delle famiglie che si mettono a disposizione per l’affido, proprio per il suo carattere temporaneo. Sono richiesti pochi requisiti e una valutazione psicosociale dei genitori affidatari. Sono i servizi sociali che stabiliscono a chi va affidato il minore. Un affido troppo lungo rischia di diventare un’adozione gestita dai servizi sociali.
L’associazione Ai.Bi (Amici dei bambini) ha dichiarato che “l’affido sine die va superato, perché non permette al minore di essere inserito definitivamente in una famiglia, sia essa di origine o adottiva“. Allo stesso tempo è importante, quando possibile, mantenere il legame affettivo‐relazionale del minore con la famiglia di origine. Questo, infatti, “permette al minore di sentirsi parte integrante della propria famiglia d’origine nonostante l’affidamento familiare. Il minore, infatti, pensa di essere un rifiutato dalla propria famiglia e gli incontri guidati con i genitori vanno nella direzione di cambiare questa sensazione. La conoscenza delle proprie origini è, infatti, determinante per uno sviluppo di crescita“.
Poi esistono alcuni casi in cui l’affido di lunga durata è la soluzione migliore, come si legge in una relazione del Tavolo Nazionale Affido: “Sono gli affidamenti realizzati in quelle situazioni nelle quali, a volte fin da subito, si arriva a ipotizzare che vi sia la realistica impossibilità di prevedere un rientro del minore a casa, pur permanendo e valorizzando la relazione con la famiglia di origine“. Si tratta di soluzioni finalizzate al sostegno di quelle famiglie di origine che “presentano delle fragilità parzialmente superabili, ma che al contempo mantengono delle competenze genitoriali di cui è ritenuto opportuno che il minore continui a beneficiare, e ci siano le premesse per una buona interazione tra le due famiglie (affidataria e affidante)“. In questi casi, dunque, l’affido è molto diverso dall’adozione camuffata.
In altri casi, però, l’affido a tempo indeterminato impedisce al minore di costruire relazioni stabili con la nuova famiglia, perché rimane sospesa la possibilità di tornare in quella di origine. Si viene così a creare una precarietà cronica che non va bene non fa bene al minore, specialmente se è un bambino piccolo.
Secondo la relazione della Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza pubblicata il 17 gennaio 2018, oggi sono 28.449 i bambini o i ragazzi di età compresa tra 0 e 17 anni collocati fuori dalla famiglia d’origine e accolti nelle famiglie affidatarie.
La situazione dei minori in affido è stata approfondita da Agi.
Che ne pensate unimamme? Eravate a conoscenza di questa situazione sugli affidi in Italia?
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