Un’inchiesta fa emergere come la soglia della prima volta si sia abbassata a 14 anni e che un ragazzo su 2 non usa i preservativi.
Il sesso non protetto è di nuovo un problema per le ultime generazioni, questo emerge da una recente inchiesta che ha preso in considerazione le abitudini dei giovani.
L’indagine è stata svolta dalla sezione cagliaritana della Lega per la Lotta all’Aids (Lila) nell’ambito del progetto EducAids, completamente autofinanziato.
“Andiamo negli istituti superiori che ce lo consentono col duplice obiettivo di indagare sulle abitudini affettive e sessuali dei ragazzi informandoli sui rischi legati ai rapporti non protetti e nel contempo tentando di abbattere gli stereotipi sulle persone con l’Hiv” ha spiegato Brunella Mocci, referente della Lila per Cagliari.
Ecco come si è svolta l’indagine:
Dai risultati emerge che:
“Molti di loro non hanno mai sentito parlare di Hiv, di papilloma virus o sifilide. E anche quando hanno qualche nozione spesso è totalmente distorta. Ad esempio molti di loro sono convinti che l’Aids sia un problema che riguarda solo i tossici o gli omosessuali, pensano persino di essere in grado di riconoscere un sieropositivo dall’aspetto. Ed è largamente diffusa l’errata convinzione che esista una cura definitiva per cui non pensano a proteggersi” dichiara la referente.
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Il problema è anche l’alcol e l’uso di sostanze psicotrope che allentano i freni inibitori e che inducono i giovani a trovarsi in situazioni ingestibili.
In questo quadro tra i giovani si riscontra un aumento dei casi di sifilide, come già evidenziato da un precedente studio e di infezioni da Hpv.
“Anche noi abbiamo fatto una campagna nelle scuole e ci ha sorpreso scoprire che alcune adolescenti sono convinte che prendendo la pillola si mettono al riparo anche dalle malattie sessualmente trasmissibili. Nessuna inoltre aveva mai sentito parlare di profilattici femminili“ ha spiegato Roberta Satta, referente del Centro malattie sessualmente trasmissibili (Mts) della Clinica dermatologica del San Giovanni di Dio.
Brunella Mocci conclude: “la normativa europea impone che nelle scuole si faccia educazione alla fertilità e alla sessualità, ma in Italia tutto questo non accade e l’accordo di qualche anno fa tra ministeri della salute e dell’istruzione è rimasto sulla carta. È inoltre fondamentale consentire ai minori libero accesso ai test per le malattie sessualmente trasmissibili perché oggi questo è possibile solo se c’è il consenso dei genitori, il che naturalmente rappresenta un ostacolo enorme. Altrimenti dobbiamo essere consapevoli che non ne usciremo vivi”.
Unimamme, cosa ne pensate dei risultati di questa indagine dell’Unione Sarda?
Voi vorreste che ci fosse l’educazione sessuale nelle scuole?
Parlate di questi argomenti coi vostri figli?
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