Consumo di antibiotici in Italia: la metà è negli allevamenti. L’allarme sull’abuso di questi farmaci.
Che in Italia si assumessero troppi antibiotici, con elevati rischi di sviluppare la resistenza a questi farmaci, è cosa risaputa, ma forse non tutti sanno che la metà del consumo è animale, avviene infatti negli allevamenti, in particolare quelli di polli, tacchini e suini.
A rilevarlo è uno studio del Policlinico Gemelli, pubblicato sulla rivista Igiene e Sanità Pubblica, presentato con i dati del Piano Nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico-Resistenza.
Il fenomeno dell’antibiotico-resistenza, già di per sé preoccupante in Italia a causa dell’elevato consumo di antibiotici tra i pazienti anche per patologie per le quali non sono utili, può essere aggravato dalla resistenza agli antibiotici negli animali, anche qui sempre per il consumo eccessivo. Il rischio, così, è che i batteri nocivi che non sono stati eliminati negli animali si trasmettano all’uomo attraverso il contatto diretto o il consumo di alimenti.
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In Italia il 50% del consumo degli antibiotici avviene negli allevamenti di polli, tacchini e suini.
L’allarme viene da uno studio condotto dal Policlinico Gemelli, pubblicato sulla rivista Igiene e Sanità Pubblica, e presentato con i dati del Piano Nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico-Resistenza. L’antibiotico resistenza è un problema molto serio, soprattutto in Italia, e rischia di far tornare mortali, in alcuni casi già sta avvenendo, infezioni batteriche che non lo erano più grazie agli antibiotici. L’uso eccessivo di questi farmaci ha di fatto neutralizzato la loro efficacia in molti casi.
Lo studio prende in esame i dati già pubblicati sul tema ed evidenzia come l’abuso di antibiotici nel settore veterinario abbia dimostrato che la salmonella mostri già la presenza di ceppi resistenti a più antibiotici, così come l’Escherichia coli, presente nelle più comuni specie allevate in Italia (tacchini 73,0%, polli 56,0%, suini da ingrasso 37,9%) e nell’uomo (31,8%).
Walter Ricciardi, professore ordinario di Igiene generale e applicata all’Università Cattolica di Roma, sottolinea la gravità del problema spiegando che “l’antibiotico-resistenza viene messa in moto anche da alterazioni indotte dall’alimentazione degli animali che mangiamo“. Attraverso pollame, uova e carne di maiale (compreso il prosciutto e tutti gli altri derivati), si ingeriscono “pezzi di genoma modificati che ed entrano nel genoma di chi li mangia”,, spiega Ricciardi. In questo modo, il fenomeno dell’antibiotico resistenza si trasferisce dall’animale all’uomo, con il risultato che a livello ospedaliero, dove affluiscono tutti i pazienti con infezioni incurabili, “l’Italia rispetto agli altri Paesi della Ue continua a peggiorare”, denuncia.
“Sull’antibiotico resistenza l’Italia ha una maglia non nera, ma nerissima“, commenta Ricciardi, sottolineando che “il Piano del Ministero della Salute sull’antibiotico resistenza varato nel 2017 finora è rimasto sulla carta”, come riporta Ansa.
Nonostante una legge internazionale e una nazionale che autorizzano l’uso degli antibiotici negli allevamenti solo in caso di necessità e con protocolli e controlli molto rigidi, in Italia “vengono somministrati anche agli animali sani a scopo preventivo“, denuncia ancora Walter Ricciardi.
Dallo scorso aprile, è stato introdotto l’obbligo della ricetta elettronica veterinaria per i farmaci per gli animali. In questo modo dovrebbe essere anche ridotta drasticamente la prescrizione di antibiotici in eccesso e quando non servono. Tuttavia, spiega Ricciardi, esiste “un fiorente mercato d’importazione parallelo illegale di antibiotici che viaggia su internet”. Insomma il problema è molto serio, esteso e grave.
Inoltre, proprio in questi giorni l’Italia è stata richiamata dalla Commissione europea per l’uso eccessivo di antibiotici negli animali da allevamento, segnalato in un rapporto che propone misure per contrastare la resistenza antimicrobica attraverso l’uso prudente di antimicrobici negli animali. Le vendite di antibiotici negli allevamenti italiani “restano elevate” rispetto alla maggior parte degli altri Paesi europei, nonostante si siano ridotte “del 30% tra il 2010 e il 2016”, rileva la Commissione Ue. Segno che la consapevolezza sui rischi di abuso di antibiotici in allevamento “è ancora piuttosto bassa”
Che dite unimamme? Conoscevate questi rischi dovuti ai troppi antibiotici dati agli animali?
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