In occasione della Giornata mondiale per la Prevenzione del suicidio, un’associazione che è in in ricordo di una ragazza che si è suicidata, Giulia, lasciando una lettera con scritto: “Non so perché lo faccio” è stato organizzato un convegno nella città di Torino. Sul sito dell’associazione si legge: “La Tazza Blu ha l’obiettivo di provare a riconoscere e dare voce ai pensieri suicidari che a volte attraversano la mente degli adolescenti, non è un’associazione di supporto immediato: non gestiamo richieste di aiuto in emergenza e non sono previsti gruppi di autoaiuto, ma possiamo fare da collegamento verso istituzioni e centri specializzati”.
Nel convegno tenutosi a Torino il 10 settembre 2019, “Giornata mondiale della prevenzione del suicidio: Uno sguardo sull’adolescenza”, ha visti coinvolti neuropsichiatri infantili e psicologi ed è stato dedicato agli adolescenti.
Il convegno è stato promosso dall’associazione “La Tazza Blu” in collaborazione con l’associazione Social for Inclusion e con il patrocinio della Città di Torino e della Città Metropolitana di Torino.
Come riportato anche dalla Stampa, dietro l’associazione ci sono i genitori di Giulia, Rocchina Stoppelli e Francesco De Maria. Giulia era una studentessa che l’ultimo giorno di scuola del 2017 si è lasciata cadere nel vuoto. Prima di compiere il gesto ha scritto una lettera alla famiglia: “Non so perché lo faccio, ma devo farlo”.
I dati dell’Oms (L’organizzazione mondiale della sanità) hanno dimostrato che la seconda causa di morte tra gli adolescenti nel mondo è proprio il suicidio. In Italia, i dati dell’Istat dimostrano che il fenomeno è in calo, ma secondo i dati dell’Ospedale pediatrico Regina Margherita di Torino, i suicidi non sono in calo, anzi in aumento. A confermare i dati è la dottoressa Antonella Anichini, che fa parte dell’équipe multidisciplinare dell’Ospedale Infantile che gestisce la psicopatalogia acuta in stretta collaborazione con i pediatri del pronto soccorso: “I tentativi di suicidio, a Torino ed in provincia, non sono solo frequenti, ma sono in vertiginoso aumento: nel 2005 al Regina Margherita ne avevamo registrati 3, nei primi otto mesi del 2019 sono già 28 i ragazzi ricoverati a seguito di un tentativo molto grave. Può succedere che in un solo turno al pronto soccorso ne arrivino tre. E per un ragazzo ricoverato, ce ne sono moltissimi che hanno condotte autolesive”.
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Tra il 2009 e il 2019 al Regina, a seguito di tentativi suicidari, sono state ricoverate 117 ragazze e 34 ragazzi, età media 14 anni e mezzo.
Ad oggi la dottoressa Anichini è impegnata nel day hospital post ricovero, una fase di passaggio nel lungo percorso del reinserimento: “Tutti ricordiamo i ragazzi ricoverati: in loro c’è solitudine ed un dolore che non sanno come esprimere. Noi dobbiamo sostenerli nel tirar fuori la parte che vuole vivere. Un anno come minimo è il tempo per questa “rivoluzione”. Dopo dicono: non ce la facevo da solo, mi sentivo escluso, non riuscivo ad andare a scuola, avevo brutti pensieri”.
La dottoressa ricorda di non sottovalutare anche il minimo sintomo: “Il tentativo anticonservativo può derivare da una transitorietà evolutiva, una fragilità, può essere dovuto ad aspettative troppo elevate, a un insuccesso. Il messaggio è che bisogna prendere sul serio un ragazzo che dice “non vale la pena di vivere. Non bisogna banalizzare, ma farsi aiutare. Quasi sempre dietro a quelle parole c’è un dolore che non smette. Ma quando poi si mette a fuoco il problema, i ragazzi dicono: voglio vivere”.
É molto probabile che una delle cause sia la “solitudine”: “Abbiamo registrato l’impennata di autolesionismo tra il 2012 e il 2014, il periodo in cui cellulari e social hanno avuto un boom, con i cellulari a colmare un vuoto che evidenzia la fragilità delle relazioni famigliari e con i pari, ma se ai ragazzi si offrono spazi di incontro, momenti aggregativi, loro li prendono. Sono affamati di un adulto che non dia comandi a distanza, ma stia accanto nella difficoltà. Che si renda conto che fai un liceo difficile e non pensi che non hai voglia”.
Sono diversi i progetti che sono nati per aiutare gli adolescenti come quello con CasaOz, “un ponte tra ospedale e territorio”, che li accoglie con laboratori espressivi e sostegno scolastico.
É importante che anche nelle scuole vengano organizzati degli incontri di formazione per aiutare i giovani.
Voi unimamme eravate a conoscenza di questo convegno? Cosa ne pensate dei dati forniti?
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