Lunedì scorso è iniziata l’udienza presso l’Alta Corte di Londra per decidere la sorte di Tafida Raqeeb, la bimba in coma a cui i medici vorrebbero staccare i macchinari.
La famiglia di Tafida Raqeeb sta vivendo ore di ansia per la sorte della piccola dal momento che lunedì 9 settembre è iniziata l’udienza presso l’Alta Corte.
La piccina, di 5 anni, soffre di una rara malformazione arteriovenosa a causa della quale il 9 febbraio scorso le è scoppiata una vena in testa.
Inoltre l’ospedale Gaslini di Genova si è detto disposto a prendere in cura Tafida.
Il Barts NHS trust che amministra il London Royal hospital nega però il trasferimento in Italia.
Il ricorso della mamma di Tafida, un avvocato trentanovenne, Shelina Begum e quello del padre, il quarantacinquenne Mohammed Raqeeb, perito edile, è stato depositato il 16 luglio scorso preso l’Alta Corte di Londra.
I genitori hanno fatto appello anche alla loro fede islamica che vieta l’interruzione delle terapie, se non nel caso estremo di morte cerebrale.
Poco prima dell’inizio dell’udienza il Trust inglese aveva detto all’Alta Corte che siccome tutta la famiglia era musulmana nessuno poteva agire nell’interesse della piccola, procurandosi così la reazione oltraggiata dei famigliari di Tafida.
L’esame del caso della piccola dovrebbe durare 5 giorni e concludersi Venerdì 13 settembre.
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La mamma di Tafida ha dichiarato a Famiglia Cristiana: “solo Dio può disporre della vita umana. Tutta la mia famiglia sta seguendo il caso nell’aula del tribunale e non abbiamo tempo per nient’altro”.
Shelina Begum è convinta di farcela. Per gli avvocati che difendono Tafida impedirle di venire in Italia ne viola il diritto al credo religioso e alla libera circolazione all’interno della comunità Comunità europea.
Martedì scorso Katie Gollop uno dei legali del Trust ha sostenuto che consentire la revisione giudiziaria di tali decisioni (quelle mediche di questo tipo) potrebbe ostacolare i medici nel prendere soluzioni circa i trattamenti di fine vita.
“Queste richieste non sono nel miglior interesse del minore, esse rendono impossibile per i medici negoziare con i genitori in un modo sicuro, se si viene accusati di detenere un bambino illegalmente. Saranno dannati se lo fanno e saranno dannati se non lo fanno”.
Gollop inoltre sostiene che se le convinzioni religiose della famiglia sono in contrasto con i trattamenti la Corte dovrebbe propendere per ciò che va nel miglior interesse del minore.
Sempre l’avvocato del Trust ha aggiunto che l’ospedale ha fatto il possibile per andare incontro ai desideri dei genitori della bimba, ma si è raggiunto un punto in cui le decisioni mediche sul miglio interesse per Tafida non riflettono più le preferenze dei genitori.
Stando a tutto ciò permettere il trasferimento della paziente in Italia equivarrebbe a violare il dovere dei medici di pensare a salvaguardare e promuovere il benessere, sottolineando che curare un bimbo quando ciò non è nel suo miglior interesse equivale a un attacco.
Unimamme, domani i genitori di Tafida dovrebbero avere il responso di questa lotta in tribunale di cui si parla sul The Guardian?
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