Emanuele De Castro, un uomo vicino a un clan mafioso, ha deciso di cambiare vita grazie al figlio: oggi è un collaboratore di giustizia.
Unimamme oggi vi raccontiamo una bella storia di redenzione con protagonisti un padre e suo figlio coinvolti in loschi affari.
Emanuele De Castro, padre cinquantunenne di Salvatore, il figlio di 29 anni, è stato arrestato un anno fa dai carabinieri di Busto Arsizio all’interno di un’operazione chiamata Atlantic come il bar gestito dal figlio all’epoca dei fatti. Dopo l’ultimo blitz antimafia in luglio Emanuele e Salvatore hanno deciso di cambiare completamente la loro vita, diventando collaboratori di giustizia. Si tratta del primo pentimento della ‘ndrangheta lombarda dai tempi di Antonino Belnome nel 2010.
Unimamme, magari a questo punto vi starete chiedendo perché vi stiamo raccontando questa vicenda. Bene, a indurre il padre criminale a redimersi e a diventare collaboratore di giustizia è stato il figlio Salvatore.
“Sono stanco di questo stile di vita, soprattutto di quella di mio padre. Io stesso l’ho indotto a fare questa scelta“ ha rivelato Salvatore al Corriere della Sera.
Emanuele De Castro era vicino al clan Villagrazie di Cosa Nostra, era stato soprannominato: il siciliano, perché originario di Palermo, era entrato nell’organizzazione criminale nel 1997. L’uomo era arrivato al ruolo di capo società, vice reggente della cellula di Legnano. Ora, insieme a suo figlio Salvatore, è diventato un collaboratore di giustizia. Il figlio, in modo particolare, era stanco di quel tipo di vita, sempre intrappolata tra arresti e condanne. Inoltre Salvatore aveva capito che da quella organizzazione criminale si usciva solo o morti o arrendendosi allo Stato.
“Ho deciso di collaborare perché non voglio che mio figlio faccia ‘sta fine come l’ho fatta io. Perché sono stanco, mi sembra una vita assurda. Non lo so, è venuto il momento di…. vorrei vivere una vita tranquilla con la mia compagna e la mia bambina” ha spiegato De Castro.
Il contributo di padre e figlio è risultato prezioso agli inquirenti, hanno parlato degli assetti delle cosche del Nord, le connessioni con la politica, l’imprenditoria, la pubblica amministrazione.
“Io spacciavo droga. Non sono mai stato battezzato, mio padre non voleva che lavorassi per loro. Mi diceva di starne fuori” ha detto Salvatore.
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Quando ha avuto 18 anni il padre gli ha raccontato la verità.
“Gli chiedevo dei suoi viaggi in Calabria, del motivo per cui frequentasse Rispoli: tutti sapevano che senza il suo assenso qui non poteva muoversi foglia. E mi disse che apparteneva alla ‘ndrangheta”.
Unimamme, cosa ne pensate di questa vicenda raccontata su Palermo Today?
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