Le nuove indicazioni dai ginecologi a congresso: “No al cesareo di routine nelle donne con taglio cesareo progresso”.
I ginecologi italiani, riuniti in congresso a Napoli, hanno dato alcune indicazioni sulle migliori procedure da seguire durante il parto. Tra le principali novità quella di non ricorrere necessariamente al taglio cesareo nelle donne che lo hanno già effettuato in passato.
Poi è stata ribadita dai ginecologi la loro contrarietà a scendere sotto gli standard di sicurezza stabiliti per i punti nascita. Il congresso, poi, ha anche lanciato l’allarme per l’infertilità in Italia, che ormai riguarda il 25% della popolazione. Di seguito le raccomandazioni in dettaglio.
Al Congresso nazionale Sigo, Aogoi, Augui, Agite 2019 di Napoli, i ginecologi italiani hanno indicato alcune importanti raccomandazioni in tema di parto, travaglio, taglio cesareo, episiotomia, cordone ombelicale, contraccezione ormonale e standard di sicurezza nei punti nascita.
Riguardo al parto, le raccomandazioni possono essere sintetizzate in cinque indicazioni fondamentali, che hanno l’obiettivo di realizzare un’assistenza ostetrica appropriata, sicura e ossequiosa delle donne, che tuteli la maternità e contrasti l’eccessiva medicalizzazione della gravidanza e del parto. L’obiettivo è in linea con il progetto “Choosing Wisely Italy – Fare di più non significa fare meglio”, lanciato in Italia nel 2012 da Slow Medicine, al quale l’Aogoi (Associazione Ginecologi Ospedalieri Italiani) ha aderito, sostenendo in questo modo una cura sobria, rispettosa, fondata sul dialogo tra medici e pazienti.
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Le 5 Raccomandazioni di Aogoi:
1. Non clampare precocemente il cordone ombelicale: i ginecologi raccomandano di aspettare almeno un minuto prima di tagliare e legare – tecnicamente clampare – il cordone ombelicale, perché in questo modo si favorisce il passaggio di sangue dalla placenta al feto, rinforzando le scorte di ferro del neonato e riducendo il rischio di colite necrotizzante, una malattia gastrointestinale che può essere fatale. Il taglio tardivo, spiegano i ginecologi, non comporta un maggior rischio di emorragia post partum nella donna e consente di ridurre la mortalità nei neonati ad alta prematurità (prima di 32 settimane).
2. Non eseguire l’episiotomia di routine: secondo i ginecologi, l’episiotomia – l’incisione del perineo effettuata nel momento finale del travaglio per favorire il passaggio del bambino – è una pratica sovrautilizzata senza vantaggi per la donna, poiché richiede l’applicazione di punti di sutura che possono provocare dolore, rischio di infezione, difficile ripresa dei rapporti sessuali. Per questi motivi, è raccomandato il ricorso all’episiotomia solo in presenza di complicanze, ad esempio per accelerare l’espulsione in caso di sofferenza fetale.
3. Non procedere all’induzione del travaglio di parto prima di 39 settimane: l’induzione del travaglio, precisano i ginecologi, medicalizza un evento del tutto fisiologico, e, in più, può causare effetti avversi come l’aumento di tagli cesarei. Pertanto, l’induzione è raccomandata solo quando il proseguimento della gravidanza può comportare un reale pericolo per il feto o per la madre.
4. Non programmare il taglio cesareo di routine in tutte le donne con pregresso taglio cesareo: i ginecologi smentiscono la regola “una volta cesareo sempre cesareo”, in quanto priva di basi scientifiche. Al contrario, le donne con pregresso cesareo ammesse al travaglio di parto hanno un rischio di mortalità minore (3 vs 13 su 100mila) rispetto alle donne sottoposte a cesareo programmato.
5. Non obbligare al digiuno e proibire l’assunzione di liquidi alle donne in travaglio: i ginecologi precisano che, nelle gravidanze fisiologiche l’assunzione di liquidi non è controindicata e non aumenta il rischio di complicanze in caso di ricorso ad anestesia generale durante il parto.
La presidente di Aogoi, Elsa Viora, ha dichiarato: “Come ricorda l’Oms la gestazione e il parto sono esperienze che vanno vissute con serenità e, in presenza di una gravidanza fisiologica, vale a dire senza fattori di rischio, vanno medicalizzate il meno possibile. Il travaglio e il parto sono, senza dubbio, circostanze delicate dal punto di vista emotivo, in cui, più di altre, la donna ha bisogno di sentirsi protetta, rassicurata e rispettata. Questo è l’impegno profuso quotidianamente dagli operatori sanitari, medici ginecologi ed ostetriche, coinvolti nel percorso nascita e parto, che si fonda sul dialogo, la fiducia e la relazione empatica costruita nel tempo con la donna, necessari per giungere a scelte informate e condivise”.
Un’altra raccomandazione dai ginecologi italiani, riguarda la necessità di non scendere sotto gli standard di sicurezza per i punti nascita. Viora ha sottolineato che “nel 2018 oltre 77mila donne hanno partorito in ospedali sotto gli standard richiesti dei 500 parti annui quindi in situazioni in cui i requisiti minimi non sono osservati. C’è dunque ancora un grande problema organizzativo ecco perché come società scientifica ci siamo attivati con il Ministero della Salute per portare l’attenzione su queste criticità. Ma bisogna rilevare che le donne sono comunque attente – ha aggiunto Viora -, nonostante il15% dei punti nascita non abbia i requisiti richiesti, solo il 5% delle donne va partorire in ospedali sub standard. Questo significa che le donne sono pienamente consapevoli di doversi rivolgere a ospedali che offrono garanzie di sicurezza”.
Poi le società scientifiche di ginecologia hanno stilato le nuove raccomandazioni sulla contraccezione ormonale, presentando il primo documento sistematico in lingua italiana sull’argomento. L’Italia si trova in una situazione contraddittoria: è fanalino di coda in Europa per l’uso di contraccettivi, il 16,2% contro il 21,4% della media europea, ma allo stesso tempo ha anche uno degli indici di natalità più bassi al mondo. Il presidente della Fondazione Confalonieri Ragonese dell’Aogoi, Antonio Ragusa, ha evidenziato che in Italia “mancano una cultura della contraccezione e un adeguato counseling contraccettivo da parte dei diversi professionisti sanitari che si interfacciano con la donna nel corso della sua vita fertile”. Le nuove raccomandazioni sulla contraccezione sono all’insegna di “dialogo e personalizzazione“. “Dialogo – ha spiegato Ragusa -, perché più il ginecologo è disponibile ad ascoltare e spiegare, più le donne aderiscono alla contraccezione in maniera consapevole e soddisfatta. Personalizzazione, perché non esiste un contraccettivo per tutte le donne, ma quello giusto per ogni donna, che risponde alle personali esigenze di salute (presenza di specifiche condizioni patologiche) e di vita”.
Infine, i ginecologi hanno affrontato anche il tema dell’infertilità, un problema quanto mai attuale in un Paese come l’Italia con livelli molto bassi di natalità. “L’infertilità va considerata una vera e propria patologia che oggi interessa il 25% della popolazione, in egual misura uomini e donne, che tendono a posticipare sempre più la decisione di avere un figlio, trascurando la riduzione dell’età ovarica correlata all’aumento dell’età biologica”, ha spiegato Giuseppe De Placido, Direttore Dipartimento Materno-Infantile dell’Università di Napoli Federico II – Centro di Sterilità, e co-presidente del Congresso.
“Le donne in cerca di una gravidanza, in particolar modo dopo i 35 anni, dovrebbero sempre sottoporsi al ‘pap-test riproduttivo’ – ha avvertito De Placido – un semplice esame diagnostico che misura il valore dell’ormone antimulleriano, consentendo di accertare il numero di follicoli, e quindi di effettuare una stima dell’età ovarica, vale a dire del potenziale riproduttivo, così da poter intervenire con una strategia appropriata”. Poi, tenere sotto controllo l’età non basta, occorre anche seguire un corretto stile di vita se si vuole preservare la fertilità limitando fumo, alcol, cattiva alimentazione e i rapporti sessuali occasionali, che possono trasmettere infezioni con conseguenze negative a lungo termine sulla fertilità.
Le indicazioni dal congresso dei ginecologi sono riportate da Quotidiano Sanità.
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