Il figlio di Liliana Segre: “Non vi meritate mia madre”. La lettera di sfogo per il trattamento riservato alla senatrice sopravvissuta ad Auschwitz.
Ha destato sconcerto nei giorni scorsi il rifiuto di una parte del Senato di dare il proprio voto a favore della commissione sull’odio proposta dalla senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz, e di alzarsi in piedi per applaudire la senatrice dopo il voto. Ad astenersi dalla votazione sono stati i senatori di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, che non si sono nemmeno alzati ad applaudire.
Il fatto ha suscitato accese polemiche, anche perché l’istituzione di una Commissione per monitorare e contrastare gli episodi di razzismo e intolleranza avrebbe dovuto raccogliere il consenso di tutti. Così non è stato. Come se non bastasse, poi, la senatrice a vita è stata oggetto di attacchi e insulti sui social, a confermare, purtroppo, che aveva ragione nella richiesta di istituire una apposita commissione.
A seguito di quanto accaduto in Senato, il figlio di Liliana Segre ha scritto una lettera pubblica indirizzata a quei senatori che non si sono alzati in piedi per sua madre.
Lo scorso 30 ottobre, il Senato ha approvato con 151 voti favorevoli, nessun voto contrario e 98 astensioni, l’istituzione di una commissione straordinaria contro odio, razzismo e antisemitismo. La commissione era stata proposta alla senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta al campo di sterminio di Auschwitz dove fu deportata nel 1943, all’età di 13 anni, con il padre Alberto, che fu ucciso. Liliana Segre è diventata una testimone dell’Olocausto molti anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Scampata ad Auschwitz non aveva trovato ascolto e comprensione quando rientrò in Italia. I familiari non la capivano, così lei si adeguò a tenere quell’immenso dolore dentro di sé. Poi da adulta, dopo essersi fatta una famiglia, aver trovato amore e comprensione nel marito con cui ha avuto tre figli, Liliana Segre ha deciso che era suo dovere raccontare pubblicamente la sua esperienza ad Auschwitz. Tenere viva la memoria di quella stagione di mostruosità era indispensabile, nonostante il dolore che avrebbe potuto causare l’evocare certi ricordi.
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In tutti questi anni, la Segre ha visitato numerose scuole per parlare agli studenti dell’Olocausto, ha partecipato a numerosi incontri pubblici, ha raccontato la sua esperienza in libri, interviste e documentari. Ha ricevuto diversi riconoscimenti, fino alla nomina a senatrice a vita il 19 gennaio 2018 da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Una nomina che Liliana Segre ha preso molto sul serio e che ha svolto subito con grande responsabilità, considerandola non un semplice titolo onorifico ma un’opportunità ulteriore per svolgere la sua funzione pubblica di testimone della Shoah ma anche di attivista contro qualunque forma di odio e discriminazione, anche nei confronti di altri gruppi sociali e dei migranti.
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A seguito del clima di odio, violenza verbale, insulti e razzismo che purtroppo stiamo vivendo di questi tempi, soprattutto attraverso i social media, la senatrice a vita ha deciso di proporre l’istituzione in Senato di una Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza e razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza. Il voto sulla Commissione si è tenuto il 30 ottobre in Senato, ma nonostante quello che ci si sarebbe aspettati l’approvazione non è stata unanime. I partiti della maggioranza di governo hanno votato a favore, mentre dall’opposizione si sono astenuti i 98 senatori di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia.
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Da parte della senatrice a vita c’è stata una evidente delusione nel non veder approvata la sua mozione su una questione di civiltà e democrazia. Ma c’è dell’altro. Dopo l’approvazione della mozione, i senatori presenti in aula si sono alzati dai loro banchi e rivolti verso la senatrice a vita l’hanno applaudita. È stato un applauso sentito e caloroso dal quale però si sono astenuti anche questa volta gli esponenti di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, che sono rimasti seduti. Solo qualche senatore dell’opposizione ha applaudito. La scena è finita su tutti i giornali online e i social.
Il video degli applausi nell’aula del Senato dopo il voto sulla mozione di Liliana Segre
Dopo quello che è accaduto in Senato e soprattutto dopo le scuse di alcuni politici sul mancato consenso alla commissione sull’odio, il figlio primogenito di Liliana Segre, Alberto Belli Paci, ha scritto una lettera pubblica rivolta ai senatori del centrodestra e agli altri politici che hanno attaccato la commissione proposta da Liliana Segre, definendola strumentale o inutile. La lettera è stata pubblicata dal Corriere della Sera.
“Sono allibito da quello che leggo in questi giorni– – scrive Alberto Belli Paci -, dalle dichiarazioni dei politici, da questo travisare intenzionalmente concetti come censura, libertà di opinione, difesa della famiglia, antisemitismo, in bocca a chi vorrebbe chiuderci dentro in una Italia sempre più isolata, lontana dai valori liberali nei quali siamo cresciuti e nei quali mi riconosco profondamente. Dove gli uni scrutano con sospetto gli altri, dove ognuno si tiene stretto il proprio tornaconto, la bandiera di partito, la propaganda, le dichiarazioni roboanti.
A voi che non vi alzate in piedi davanti a una donna di 89 anni, che non è venuta lì per ottenere privilegi o per farsi vedere più brava ma è venuta da sola (lei sì) per proporre un concetto libero dalla politica, un concetto morale, un invito che chiunque avrebbe dovuto accogliere in un mondo normale, senza sospettosamente invece cercare contenuti sovversivi che potevano avvantaggiare gli avversari politici. A voi dico: io credo che non vi meritiate Liliana Segre!“. Sono le dure parole di Alberto Belli Paci.
“Ma voi credete davvero che mia madre sia una che si fa strumentalizzare? Con quel numero sul braccio, 75190, impresso nella carne di una bambina? Credete davvero che lei si lasci usare da qualcuno per vantaggi politici di una parte politica in particolare? Siete fuori strada. Tutti. Talmente abituati a spaccare il capello in quattro da non essere nemmeno più capaci di guardarvi dentro“.
“Lei si aspettava accoglienza solidarietà, umanità, etica, un concetto ecumenico senza steccati, invece ha trovato indifferenza al suo desiderio di giustizia“, è l’amara conclusione del figlio della senatrice.
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