Auschwitz, studenti in lacrime durante la visita: ascoltavano Sami Modiano che raccontava la sua storia e quella della sua famiglia.
Commuovono le immagini di Sami Modiano, nato a Rodi nel 1930 e sopravvissuto all’Olocausto che parla agli studenti. Sami dal 2005 ha deciso di “ricordare e raccontare” la sua vita, i mesi passati nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau.
E’ stata riportata dall’Ansa l’esperienza vissuta, con il Viaggio della Memoria, da alcuni studenti ad Auschwitz, accompagnati da un ebreo sopravvissuto alla Shoah: Sami Modiano. Si tratta di un’iniziativa che si ripete ogni anno: quest’anno sono stati 145 ragazzi di 30 scuole della Capitale accompagnati anche dalla sindaca Virginia Raggi.
Sami Modiano è un uomo di quasi 90 anni che da bambino, all’età di 13 anni, è stato deportato con il padre e la sorella nel campo di Birkenau dai nazisti. “Noi eravamo schiavi, bastava che uno sbagliava qualcosa e veniva ammazzato subito.
Ero un ragazzo di 13 anni. Al mattino non sapevamo se saremmo arrivati vivi alla sera. Io ho incubi, silenzi e depressioni. Poi nel 2005 ho rotto il silenzio, accompagnando i ragazzi come sto facendo con voi oggi. Ho iniziato a parlare e a raccontare e da quel momento ho continuato perché mi sono reso conto che i ragazzi capivano. E questo mi ha dato la forza” racconta quest’uomo commosso e tanti i ragazzi che piangono con lui.
Sami era solo un bambino ma già aveva sofferto tanto. All’età di 8 anni era stato infatti chiamato dal suo maestro di terza elementare ed espulso da scuola. Era l’effetto delle leggi razziali emanate dal regime fascista nel 1938. Rodi a quell’epoca infatti era colonia italiana. Sami non ha mai dimenticato quel giorno. “Quel giorno ho perso la mia innocenza. Quella mattina mi ero svegliato come un bambino. La notte mi addormentai come un ebreo“.
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A 12 anni perde la madre Diana malata di cuore e la sorella Lucia, di 3 anni più grandi, inizia a farne le veci. “Lucia era bellissima e dopo la morte di mia madre Diana era diventata lei mia mamma. Così pure papà, che aveva raddoppiato l’affetto e la tenerezza” ricorda Modiano. Con Lucia e il padre viene poi deportato a Birkenau, era il 16 agosto del 1944 e dopo appena 40 giorni la sorella non c’era già più. Sarà poi la volta del papà che non ha voluto sopravvivere alla morte della figlia. Ecco come lo racconta Modiano in un’intervista a Radio Vaticana: “E subito dopo, mio papà, anche lui si è abbandonato a se stesso, non ha voluto continuare e ha deciso di farla finita. E l’ha fatto in un altro modo: quello di andare a presentarsi in ambulatorio, dicendo che si sentiva male. E purtroppo, noi sapevamo molto bene che quando uno si presentava all’ambulatorio decideva di consegnarsi alle camere a gas o ai forni crematori. Mio padre aveva scelto questa strada, nonostante avesse tentato di consolarmi dicendo: “Non mi uccideranno, vedrai: mi cureranno”. Ma non era vero, e lui lo sapeva: lo sapeva bene, lo sapeva bene“.
Modiano viene risparmiato perché giudicato adatto al lavoro da schiavi nel campo. In realtà il papà lo ha aiutato, approfittando di un attimo di distrazione delle guardie, spingendolo nelle fila dei “graziati” e successivamente, in attesa dell’arrivo dei soldati russi, Sami che è allo stremo delle forze dopo 6 mesi di incubo, riesce a salvarsi perché caduto a terra viene ammassato da due persone vicino ai corpi senza vita di prigionieri. Era il 26 gennaio del 1945 e la mattina dopo sono arrivati i soldati russi. Modiano è salvo.
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Per quasi 60 anni però non ha parlato, non ha raccontato pubblicamente la sua storia. E non è l’unico. Poi però qualcosa si è sbloccato e nel 2005 si fa convincere ed per la prima volta accompagna 300 ragazzi ad Auschwitz-Birkenau. Qui ha iniziato a rivivere le scene, i ricordi riaffioravano e lui piangeva. Ma non era l’unico: anche i ragazzi che erano con lui piangevano. E’ qui che ha capito perché era sopravvissuto: doveva raccontare ai giovani la storia. “Io ho una piaga che non si chiuderà mai più. Ho i miei silenzi, i miei incubi, le mie depressioni. Continuo ancora a soffrire. Specialmente quando incontro i ragazzi e devo spiegare tutto questo: per me è un dolore enorme, ma lo faccio. Lo faccio perché ho capito che il Padre Eterno mi ha scelto per trasmettere a questi ragazzi, che fanno parte di questa nuova generazione la memoria di ciò che ho vissuto, perché non si ripeta. Perché ultimamente accadono cose che mi distruggono: esistono oggi persone che negano, e lei deve comprendere che questo per un sopravvissuto è un dolore enorme. Ma quello che mi fa rabbia è che se a negare sono persone “ignoranti”, passo oltre; ma quello che mi distrugge è quando a negare la storia sono persone di grandissima cultura: questo, veramente, mi porta indietro. Mi porta indietro …”
E voi unimamme, cosa ne pensate delle parole di quest’uomo? Conoscevate questi viaggi? Mandereste i vostri figli per contrastare i sentimenti di odio, intolleranza e razzismo sempre più diffusi? Noi lo speriamo, e ringraziamo quest’uomo e tutti i sopravvissuti che si sono posti una missione.
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