I PFAS vadano ad essere importanti per la fertilità femminile. Scoperto il meccanismo che induce poliabortività e altera il ciclo mestruale.
Uno studio italiano ha messo in evidenza un’ulteriore effetto negativo causato dalle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) sul sistema endocrino-riproduttivo maschile e femminile. I ricercatori dell’Università di Padova ha dimostrato che l’esposizione a queste sostanze che si trovano nelle acque possono causare delle alterazioni riproduttive soprattutto nelle donne.
Le sostanze perfluoroalchiliche, i PFAS, sono dei composti chimici appartenenti alla categoria dei tensioattivi e utilizzati fin dal 1950 in un’ampia gamma di applicazioni industriali e non solo. Queste sostanze chimiche, residui della lavorazione della plastica, sono inquinanti persistenti e vengono smaltiti dal corpo umano in 5 anni. I ricercatori dell’Università di Padova, coordinati dal professore Carlo Foresta hanno studiato gli effetti che queste sostanze hanno avuto sulle riproduzioni nei giovani maschi e nelle femmine dell’area rossa ad alto inquinamento da PFAS in Veneto.
In particolare, nel sesso femminile l’esposizione a queste sostanze si associa a più frequenti irregolarità mestruali e ritardi della pubertà nelle adolescenti, e a un maggior rischio di aborti in donne adulte.
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Il gruppo di ricerca dell’Università di Padova ha evidenziato alcune patologie riproduttive femminili possono essere correlate all’azione dei PFAS sulla funzione ormonale del progesterone. Patologie come:
Il progesterone è l’ormone femminile che agisce a livello dell’utero e che viene prodotto nella seconda metà del ciclo mestruale. E’ importante anche per garantire un ambiente accogliente all’interno dell’utero, favorendo l’impianto dell’embrione e il mantenimento della gravidanza, come riportato da In salute news. Il dottore Foresta ha affermato: “Il nostro studio dimostra che i PFAS sono in grado di interferire sulla funzione del progesterone a livello dell’endometrio, giustificando l’elevata frequenza di irregolarità mestruali e di aborti precoci riscontrata nelle donne provenienti da aree contaminate”.
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Per effettuare lo studio ci sono voluti due anni di lavoro del gruppo di ricerca dell’Università di Padova, coordinato dal professor Carlo Foresta e dal dott. Andrea Di Nisio e la dott.ssa Manuela Rocca. I ricercatori hanno valutato l’effetto dei PFAS sull’azione del progesterone analizzando, in cellule endometriali in vitro, come i PFAS interferiscano sulla regolazione dei geni espressi a livello dell’endometrio. Su più di 20.000 geni analizzati, il progesterone normalmente ne attiva quasi 300. Pero, in presenza di PFAS 127 vengono alterati i geni e tra questi quelli che preparano l’utero all’attecchimento dell’embrione e quindi di conseguenza alla fertilità: “La mancata attivazione di questi geni da parte del progesterone altera le importanti funzioni coinvolte nella regolazione del ciclo mestruale e nella capacità dell’endometrio di accogliere l’embrione e quindi giustificano la difficoltà di concepimento, la poliabortività e la nascita pre-termine”.
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Avendo capito cosa va a sviluppare questi fenomeni, il Dottore Foresta vuole cercare dei meccanismi per difendersi: “A questo punto la comprensione di una interferenza importante dei PFAS sul sistema endocrino-riproduttivo sia maschile che femminile e sullo sviluppo dell’embrione, del feto e dei nati suggerisce l’urgenza di ricerche che intervengano sui meccanismi di eliminazione di queste sostanze dall’organismo soprattutto in soggetti che rientrano nelle categorie a rischio. Allo stato attuale a livello internazionale non ci sono ancora segnalazioni, pertanto è preoccupante pensare che la lunga emivita di queste sostanze possa influenzare negativamente tutti questi processi, anche nelle generazioni future”.
Nel 2018 il gruppo di ricercatori del Professore Foresta aveva scoperto il meccanismo attraverso il quale i PFAS alterano sia lo sviluppo del sistema uro-genitale che la fertilità del maschio, interferendo con l’attività del testosterone. In questo modo l’organismo li scambia per ormoni e vanno a mutare l’azione delle ghiandole endocrine, causando una serie di malattie.
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Voi unimamme eravate a conoscenza di questa ricerca? Cosa ne pensate dei risultati?
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