Le mamme di una scuola hanno deciso di tenere i loro figli a casa, perché nella classe dei loro figli c’è un bambino violento.
Le mamme dell’istituto Clemente Rebora di Stresa, in provincia di Verbano, Cusio, Ossola, sono in grande fermento. Nella giornata di ieri si sono recate a scuola, a metà mattina e hanno portato a casa i loro figli. Come motivazione dell’assenza, che durerà fino a lunedì, risulterà: “violenza scolastica”.
La situazione in una classe dell’istituto comprensivo Rebora di Stresa è davvero molto infuocata. Le mamme di hanno infatti indetto uno “sciopero bianco” cominciato mercoledì 13 novembre e che dovrebbe durare fino a lunedì, per protesta nei confronti di ciò che avviene in aula a causa di un bambino particolarmente problematico. Le mamme hanno raccontato che una volta il piccolo ha camminato scalzo in aula, ma non è solo questo a preoccuparle. Il ragazzino avrebbe mostrato un comportamento aggressivo.
“Non è quello che ci spaventa, anche se chiaramente una condotta di questo genere va a interferire con l’attività didattica dell’intera classe. A preoccuparci è piuttosto il rischio rappresentato dalle crisi di aggressività che ripetutamente questo bambino manifesta” hanno raccontato le mamme che sono arrivate anche a chiamare i carabinieri. Loro stesse non ritengono corretta la forma di protesta adottata, ma la ritengono il solo modo in cui possono segnalare il disagio vissuto dai figli. Le mamme infatti sottolineano: “sappiano di essere davanti a un bambino che ha bisogno di aiuto, ma questo sostegno non può arrivargli solo dalla scuola, serve un intervento di più istituzioni”.
Da parte sua la dirigente scolastica Serena Acciarino, che ha già avuto altri contatti con le mamme, spiega: “stiamo facendo tutto quello che è nelle nostre possibilità e anche di più. Le 12 ore di compresenza disponibili le abbiamo concentrate su questa classe, dove non c’è mai una sola insegnante e dove io stessa mi impegno a essere presente durante le ore di lezione”. La preside aggiunge che tra i suoi compiti c’è anche quello di assicurare una vigilanza che prevenga incidenti per tutelare tutta la comunità scolastica. “Lavoro con colleghi motivati e competenti e per questo bambino, che è portatore di un malessere che lo rende fragile, stiamo ritagliando un percorso didattico personalizzato che gli consenta di ridurre le ore di presenza a scuola. Va a tutti i costi salvaguardato. Ma a oggi nessuna diagnosi certifica il disturbo di cui soffre e quindi non si è potuto dedicargli un insegnante di sostegno”.
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“Il nostro è un approccio psico-pedagogico: intorno abbiamo una rete di autorità e servizi che darà un contributo importante ed efficace per gestire questo caso, che scaturisce anche da una forte conflittualità vissuta in famiglia. Con ragionevolezza e sensibilità, la partecipazione attiva dei genitori e degli altri alunni, confido in un epilogo in sintonia con il patto educativo stretto tra scuola e famiglie” conclude la direttrice scolastica.
Unimamme, cosa ne pensate di questa vicenda di cui si parla su La Stampa? Ci sono mai stati problemi simili nella classe dei vostri figli?
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