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Il pianto dei neonati è nella lingua dei genitori, dice la scienza

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valeria bellagamba
Il pianto dei neonati è nella lingua dei genitori, dice la scienza – Universomamma.it

Il pianto dei neonati è nella lingua dei genitori, secondo uno studio scientifico.

I neonati quando piangono non lo fanno mai a caso, già lo sappiamo. Si tratta del loro modo di comunicare per far sapere che hanno fame, che sono stanchi, che non stanno bene o anche per attirare l’attenzione. Nessuno però finora aveva fatto caso che il pianto non è lo stesso tra i neonati di Paesi diversi. A seconda del luogo dove si è nati e della lingua parlata dai genitori, i neonati ne seguono gli accenti e le intonazioni. Insomma i neonati piangono in lingua.

Il pianto dei neonati è nella lingua dei loro genitori

I bambini imitano i genitori in quello che fanno e in quello che dicono fin da piccolissimi, da neonati. I genitori, infatti, sono non solo il loro primo modello educativo ma anche le figure di riferimento dalle quali dipendono in tutto e per tutto e alle quali per istinto di sopravvivenza si adattano. Così capita che i neonati fin dai primissimi giorni di vita riproducano con il pianto l’intonazione della lingua dei loro genitori. I bambini, dunque, non piangono tutti allo stesso modo ma in modo diverso a seconda del Paese dove sono nati e della lingua parlata, prima di tutto, dai loro genitori. Un chiaro segnale di adattamento e un modo per farsi comprendere.

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Così, in Italia abbiamo neonati che “piangono in italiano”, in Francia in francese, nel Regno Unito in inglese britannico, in Germania in tedesco e così via. Può sembrare buffo e divertente ma è esattamente questo che accade con i neonati e a certificarlo è uno studio scientifico di un’università tedesca.

È stata l’Università di Würzburg a stabilire che ogni neonato piange nella “propria lingua”. Ovvero ogni neonato nell’intonazione e modulazione del suo pianto è influenzato dalla lingua che sente parlare dalle persone da cui è circondato, in primo luogo dai suoi genitori. Un condizionamento che precede la nascita e avviene quando il bimbo è ancora nell’utero materno. Le voci che sente attorno a sé, gli accenti e le intonazioni influenzerebbero in modo precoce quello che sarà il suo linguaggio.

Questa scoperta, comunque, non è una novità. Già dieci ani fa, nel 2009, gli stessi studiosi avevano stabilito che il pianto dei neonati cambiava a seconda del loro Paese e che neonati tedeschi e neonati francesi piangessero in modo diverso, con suoni e melodie differenti. Secondo gli studiosi, un neonato tedesco piange da un tono più alto a uno più basso, imitando l’intonazione cadente tipica del tedesco, mentre il neonato francese piange con un’intonazione verso l’alto, tipica della lingua francese. A questa età, hanno spiegato i ricercatori, i bambini sperimentano una grande varietà di suoni e possono imparare qualsiasi lingue, ma sono già influenzati dalla loro lingua madre.

A distanza di dieci anni la ricerca si è arricchita, grazie anche a un archivio sonoro contenente 500mila pianti e suoni registrati di neonati di Paesi differenti, dal Camerun alla Cina, analizzandoli è stata confermata la scoperta iniziale. La conclusione, pertanto, è che ogni neonato piange nella sua lingua. L’analisi acustica quantitativa di queste registrazioni ha dato luogo a ulteriori approfondimenti sui fattori che modellano i primi suoni di un bambino. I neonati le cui madri parlano lingue tonali, come il mandarino, tendono a produrre melodie di pianto più complesse. I neonati svedesi, la cui lingua madre ha quello che i linguisti chiamano un “accento acuto”, producono più grida singhiozzanti.

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Conoscere le differenze nella “lingua del pianto” aiuta a mappare il tipico sviluppo pianto di un bambino, così come i vocalizzi. Conoscere questi elementi e i fattori che li influenzano aiuta i medici ad individuare precocemente i potenziali problemi.

Lo studio dell’Università di Würzburg  è stato riportato dal New York Times e citato da TPI. Nell’intervista al quotidiano americano, la biologa e antropologa medica Kathleen Wermke, che ha coordinato lo studio, ha spiegato che la differenza nel pianto dei neonati si verifica perché i bambini possono sentire il suono o la “prosodia” della mamma quando sono nell’utero, già dal terzo mese di gravidanza.

Infine, una curiosità. La professoressa Wermke ha detto che i genitori di tutto il mondo usano un metodo “infallibile” per far smettere di piangere i figli piccoli: ululano e questo avviene in tutti i Paesi e in ogni lingua. Provare per credere.

Che ne pensate unimamme? Avete mai notato pianti diversi tra i bambini stranieri?

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valeria bellagamba

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