Le donne sono fondamentali per la crescita economica in Italia. Lo afferma il governatore della Banca d’Italia Visco.
Ancora troppo discriminate sul lavoro ma il loro ruolo è cruciale per la crescita economica. Stiamo parlando delle donne, ovviamente, che in Italia fanno fatica a ottenere spazio nel mondo del lavoro. Sono ancora troppo poche, infatti, le donne che lavorano nel nostro Paese, percepiscono stipendi più bassi degli uomini, soprattutto nei livelli professionali più elevati, fanno fatica a fare carriera e sono discriminate e penalizzate se decidono di mettere su famiglia. Molte donne sono ancora costrette a lasciare il lavoro per occuparsi dei figli.
Così, mentre per le donne italiane il lavoro è una corsa ad ostacoli, nel nostro Paese arranca la produttività. E forse i due fenomeni sono collegati. La presenza femminile nel mondo del lavoro, infatti, fa bene all’economia perché le donne sono mediamente più istruite degli uomini e sono dotate di abilità fondamentali nella mediazione e nei rapporti interpersonali. A sostenerlo non è una femminista ma il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, che ha sottolineato il ruolo cruciale delle donne in economia per favorire la crescita. Una caratteristica di cui la politica e il mondo imprenditoriale dovrebbero tenere in maggiore conto.
Donne fondamentali per la crescita economica in Italia
“Per l’Italia la crescita potenziale prevista per i prossimi anni dipenderà fortemente dalle ipotesi circa la partecipazione femminile, che ne risulta essere un motore fondamentale“. Non ha usato mezze parole, ma è andato diretto al punto Ignazio Visco, Governatore della Banca d’Italia, parlando di donne e lavoro al “Gender Gaps in the Italian economy and the role of public policy“. La partecipazione delle donne all’attività economica è importante sia in termini quantitativi che qualitativi. “Le donne hanno livelli d’istruzione elevati“, ha sottolineato Visco, competenze e abilità spiccate in settori cruciali, come comunicazione e rapporti interpersonali“.
Nonostante tutte queste qualità, le donne partecipano ancora troppo poco al mondo del lavoro in Italia e non certo per colpa loro. Discriminazioni e ostacoli materiali e pratici, soprattutto per le mamme lavoratrici, sono all’ordine del giorno. Gli orari e l’organizzazione del lavoro sono tarati su esigenze maschili, il welfare è assente, il part-time un miraggio. Pertanto per chi ha figli è molto difficile conciliare lavoro, per non parlare della carriera, con le esigenze familiari.
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Un problema che tuttavia è così grave solo in Italia, poiché siamo tra gli ultimi in Europa per tasso di occupazione femminile. Altrove, invece, le donne lavorano, fanno figli (più di noi) e riescono perfino a fare carriera, addirittura con lavori part-time. Da noi, il tasso di occupazione femminile si ferma al 56% (dato del 2018). Appena poco più della metà delle italiane lavorano e anche quando lo fanno svolgono per lo più ruoli subordinati a quelli degli uomini, anche a parità di mansioni e di professionalità, e soprattutto sono meno pagate. Secondo gli ultimi dati dell’Istat, riferiti al 2017, nel lavoro dipendente del settore privato la retribuzione oraria delle donne è inferiore del 7,4% rispetto a quella degli uomini.
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“La ridotta partecipazione delle donne al mercato del lavoro con otto milioni di inattive ha importanti implicazioni per l’economia“, ha continuato Visco, evidenziando anche il dato negativo del gender gap negli stipendi: “Le donne continuano a guadagnare significativamente meno degli uomini” e nella carriera, ha aggiunto il Governatore, “hanno più difficoltà a raggiungere posizioni apicali sia nel privato che nel pubblico”.
Eppure le donne negli studi sono più brave, all’università hanno voti più alti e si laureano prima degli uomini. “Presto si porrà la questione del gender gap per gli uomini”, ha scherzato Visco. Il problema è che “una volta conclusi gli studi le donne non mettono a frutto le competenze acquisite, non avvantaggiarsene è una grave inefficienza”, ha rimarcato il Governatore di Bankitalia. Non dipende, però, sempre da loro. I figli e la casa, infatti, pesano ancora troppo sulle loro spalle e il welfare non le aiuta. “In Italia le donne sono le principali fornitrici dei servizi di cura e come tali sono ancora percepite – ha spiegato Visco -. Secondo l’indagine dell’Eurobarometro su Gender Equality condotta nel 2017, nel nostro paese il 51% degli intervistati ritiene che il ruolo più importante della donna sia quello di accudire la famiglia e i figli”. In Svezia la percentuale è dell’11%. “Non sorprende, quindi, che le italiane siano molto più impegnate nelle attività di cura piuttosto che sul lavoro – ha proseguito Visco -. Il welfare tende ad alimentare lo squilibrio tra i generi nella ripartizione delle responsabilità familiari”.
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Alessandra Perrazzelli, vice direttrice di Banca d’Italia, intervenendo al convegno ha parlato di “differenze che gridano vendetta“. Per risolvere questa situazione ormai insostenibile, divenuta anche economicamente dannosa, la ministra per le pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti ha annunciato “un piano nazionale per la parità di genere“.
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Questa notizia è stata riportata dal quotidiano Il Messaggero.
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