Mamma tenta di uccidere il figlio disabile ventenne. Il ragazzo è stato salvato all’ultimo minuto.
Tragedia familiare sfiorata a Catania. Una mamma ha tentato di uccidere il figlio disabile di 20 anni, fortunatamente è stata fermata in tempo. Il ragazzo è salvo e la donna è stata arrestata per tentato omicidio. Ecco che cosa è successo.
Una donna di 54 anni ha tentato di uccidere il figlio di 20 affetto da gravi problemi di disabilità. La donna non è riuscita nel suo intento grazie all’intervento della badante che l’ha fermata e ha salvato il ragazzo. L’episodio è avvenuto a Catania alcuni giorni fa, ma la notizia è uscita solo nelle ultime ore.
Il giovane ventenne è affetto da tetraparesi spastica e ritardo mentale. La madre ha provato a ucciderlo facendogli ingerire un flacone intero di gocce di sedativo e poi tentando di soffocarlo infilandogli nella bocca della carta assorbente bagnata nel profumo. Un gesto terribile e che nella modalità mostra un tentativo maldestro di togliere la vita al figlio. Grazie all’incapacità della donna di escogitare un piano più elaborato, il ragazzo si è salvato. È stata la badante del ventenne a denunciare tutto ai carabinieri dopo aver notato l’atteggiamento sospetto da parte della madre del ragazzo. La donna per mettere in atto il suo piano aveva prima allontanato l’anziana madre, per poi farla rientrare chiudendola a chiave in una stanza, quindi aveva fatto uscire di casa la badante ma con un comportamento strano che aveva destato qualche sospetto nella badante che pertanto ha pensato di rivolgersi ai carabinieri.
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I militari sono intervenuti subito e quando hanno fatto irruzione nell’appartamento dove abitano madre e nonna del ragazzo disabile il ventenne stava avendo una grave crisi respiratoria. I carabinieri hanno salvato il ragazzo effettuando le manovre di disostruzione del cavo orale, poi quando è arrivato il personale medico del 118 è stato indotto il vomito al giovane per consentire l’espulsione del sedativo. Quindi il ragazzo è stato stabilizzato e portato in ospedale dove è stato ricoverato. La madre non ha opposto resistenza ai carabinieri e non ha mentito su quello che stava facendo, ammettendo le proprie responsabilità. I militari l’hanno arrestata per tentato omicidio e allo stesso tempo la donna è stata sottoposta anche a Trattamento sanitario obbligatorio e portata in ospedale. In seguito, il Gip ha posto la donna agli arresti domiciliari in una comunità terapeutica assistita su richiesta della Procura.
L’amministratore di sostegno del ragazzo ha presentato denuncia nei confronti della donna, aggiungendo anche che aveva già attentato alla vita del figlio in altre occasioni, interrompendone l’alimentazione. Il movente del tentato omicidio del figlio ventenne disabile da parte della madre è ancora da chiarire. Potrebbe trattarsi di un cosiddetto gesto estremo della “disperazione”, quando il familiare di una persona gravemente disabile tenta o commette l’omicidio del congiunto e poi si toglie la vita, perché si trova in una situazione molto difficile che non riesce più a gestire. La cronaca racconta una infinità di casi come questi, sebbene purtroppo si tenda a giustificare subito l’omicida suicida, prima ancora di conoscere ciascun caso a fondo, ognuno differente dall’altro, e senza sapere nulla della vera vittima, che non può difendersi, la persona con disabilità che viene uccisa. Il rischio è quello di cadere in facili giustificazioni come avviene purtroppo spesso per i femminicidi.
Probabilmente nelle situazioni più complesse in cui l’assistenza a una persona disabile può diventare durissima e il congiunto che se ne occupa rimane spesso solo, un supporto per tutta la famiglia e anche il sostegno psicologico per il caregiver possono rivelarsi fondamentali. Senza voler sminuire fatti di cronaca molto gravi come questo, è indubbio che in Italia manchi un welfare adeguato alle persone disabili anche con sostegni psicologici ed economici alle persone che se ne occupano. Pertanto l’assistenza alle famiglie con persone disabili diventa fondamentale.
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Per il caso di Catania, comunque, il movente resta aperto e non si esclude nemmeno quello di carattere economico. Intanto, la Procura distrettuale di Catania ritiene che la donna abbia agito “spinta da motivazioni che si annidano subdolamente nella mente di un essere umano“. Come si legge sul Giornale di Sicilia, “la vicenda, pur in considerazione della sua gravità dal punto di vista giuridico assume particolare intensità emotiva in relazione al contesto in cui essa è maturata“, ha spiegato la Procura distrettuale di Catania. Per questo motivo i magistrati siciliani hanno disposto nei confronti della donna, che ha tentato di uccidere il figlio disabile, la misura cautelare degli arresti domiciliari in una comunità terapeutica assistita.
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