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Credere a Babbo Natale fa bene ai bambini: la spiegazione di una psicologa dello sviluppo

Published by
valeria bellagamba

Credere a Babbo Natale fa bene ai bambini!

Credere a Babbo Natale fa bene ai bambini: la spiegazione di una psicologa dello sviluppo – Universomamma.it

Manca pochissimo a Natale alla notte in cui tutti i bambini aspettano entusiasti l’arrivo dei regali portati da Babbo Natale. Puntualmente ogni anno, tuttavia, si ripresenta il dilemma se raccontare oppure non la storia di Babbo Natale ai bambini. Molti genitori, infatti, temono che raccontare una storia inventata come quella di Babbo Natale possa nuocere in qualche modo ai figli, per esempio tradendo la loro fiducia.

Altri, invece, ritengono sia giusto raccontare una favola, per far vivere ai bambini la magia di una storia fantastica e nutrire la loro immaginazione. Storia che comunque capiranno più avanti una volta cresciuti, senza troppi drammi. A questo dilemma hanno cercato di dare risposta gli psicologi.

La storia di Babbo Natale: perché è giusto raccontarla ai bambini

Sulla questione è intervenuta la psicologa Kristen Dunfield, della Concordia University di Montreal, in Canada. La professoressa si occupa di psicologia di sviluppo e studia soprattutto la fiducia nei bambini, come si forma e cosa accade quando viene infranta. Secondo la psicologa non c’è nulla di male nel raccontare ai bambini la storia di Babbo Natale. Anzi rappresenta una tappa importante nella loro crescita. Kristen Dunfield è zia di tre nipoti e oltre ai suoi studi di psicologia può constatare in modo diretto e per esperienza personale cosa accade ai bambini quando viene raccontata loro la storia di Babbo Natale. La giovane psicologa assiste a tutte la fasi:

  • la formazione della credenza
  • e poi la fine del mito di Babbo Natale.

Un processo che non è affatto dannoso per i bambini, afferma, anzi li aiuta nella crescita psicologica. La ricerca scientifica nel campo della psicologia dello sviluppo ritiene che le credenze fantastiche come quella su Babbo Natale non sono affatto dannose, ma sono legate ad una serie di risultati positivi sullo sviluppo psicologico: permettono infatti di esercitare le “capacità di ragionamento controfattuale“, necessarie per la crescita umana e per il potenziamento dello sviluppo emotivo.

La stragrande maggioranza dei bambini occidentali crede a Babbo Natale. Sono i genitori a raccontare dell’anziano panciuto, dalla lunga barba bianca e dal vestito rosso, che nella notte di Natale entra in tutte le case per consegnare regali a i bambini. Tuttavia, tendono a credere a Babbo Natale anche i bambini che vivono in famiglie in cui questa credenza non viene incoraggiata. Una parte rilevante del mito, infatti, è alimentata dalla cultura popolare: favole, racconti, film, poesie, pubblicità, cartoni animati, canzoni ecc… Quando arriva Natale siamo circondati da immagini e storie che ci parlano di Babbo Natale. Esserne influenzati è inevitabile, tanto che il personaggio è diventato popolare anche presso culture non cristiane.

Intorno agli 8 anni i bambini tendono a smettere di credere a Babbo Natale. I genitori temono questo momento, spiega Kristen Dunfield, ma non devono preoccuparsi troppo secondo la psicologa, perché si tratta di una parte inevitabile della crescita. Babbo Natale, infatti, è una figura fantastica che fa cose impossibili per le altre persone: volare con la sua slitta trainata dalle renne, consegnare in una sola notte i regali a tutti i bambini del mondo, sapere se i bambini sono stati buoni o cattivi. Ad un certo punto i bambini si fanno domande su questi aspetti e iniziano naturalmente a dubitare di Babbo Natale. Le obiezioni mosse dai bambini sugli straordinari poteri di Babbo Natale stimolano il loro pensiero critico, la curiosità verso il mondo e di fronte alle spiegazioni un po’ goffe dei genitori finiscono con l’essere scettici e a non credere più alla leggenda di Babbo Natale. Le domande sviluppano il loro pensiero cognitivo.

I genitori possono assecondare i dubbi dei figli, lasciando che ne traggano da soli le conseguenze, oppure inventarsi risposte verosimili agli occhi dei bambini che confermino l’esistenza di Babbo Natale, se si vuole lasciarli ancora nella magia. In aiuto ai genitori c’è in questo caso NORAD Tracks Santa, il curioso programma web che permette di tracciare il viaggio di Babbo Natale intorno al mondo per consegnare i doni.

Quando i bambini scoprono che Babbo Natale non esiste, ma è una figura frutto di fantasia, solitamente la prendono meglio di quanto ci si possa aspettare. Sono i genitori che vivono questo momento con maggiore difficoltà. Come ha dimostrato uno studio, i bambini capiscono in genere che era una bugia a fin di bene, per farli vivere in una favola. Certo la delusione ci può essere, ma i bambini non perdono la fiducia nei genitori solo per questo. Confrontando questa bugia innocente con quello che i genitori hanno insegnato loro fino a quel momento, la fiducia che hanno costruito, non è sufficiente a compromettere il rapporto con i genitori. L’età in cui i bambini scoprono che Babbo Natale non esiste è di solito quella in cui imparano che alle volte vengono dette delle bugie a fin di bene.

Credere alla storia di Babbo Natale è quindi una magia speciale che tutti i bambini meritano. Le credenze fantastiche sono associate a numerosi risultati positivi dello sviluppo. Se i vostri bambini credono ancora a Babbo Natale proteggete questa fantasia e, soprattutto fate loro piccoli regali da parte di Babbo Natale e lasciate che i più importanti siano quelli che vengono dai genitori.

Che ne pensate unimamme di questo intervento apparso su The Conversation? Siete d’accordo con la psicologa?

Su Babbo Natale vi ricordiamo il nostro articolo che racconta come questa figura leggendaria derivi da San Nicola.

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valeria bellagamba

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