Orate e branzini allevati in Grecia rappresentano più della metà dei pesci importati in Italia. Un video inchiesta shock sugli allevamenti intensivi di un’associazione, “Essere Animali “.
“Essere animali” è un’associazione che grazie a delle telecamere nascoste è riuscita ad entrare, per la prima volta in Europa, in alcuni impianti intensivi di pesci in Grecia e ha denunciato le condizioni in cui vivono e muoiono i pesci che poi ci mangiamo perché li acquistiamo nei supermercati in Italia.
Il video mostra immagini di migliaia di pesci costretti a vivere in gabbia, senza stimoli e ammassati gli uni sugli altri.
L’inchiesta “rinchiusi in mare aperto” è una denuncia video degli impianti intensivi di acquacoltura di un isola greca, Sagiada, al confine con l’Albania, che si trovano in un tratto di costa di 18 km, si trovano ben 26 impianti intensivi di acquacoltura. Si tratta di recinti nei quali nuotano, ammassati l’uno sull’altro, centinaia di migliaia di pesci, per anni. Alcuni risultano rinchiusi dal 2015.
Secondo quanto viene raccontato: “un branzino o un’orata su due in vendita nelle pescherie e nei supermercati italiani arriva da qui. Il pesce che proviene da questa zona viene venduto a metà del prezzo di quello allevato in Italia. Le gabbie in mare, infatti, sono collocate a ridosso della spiaggia, consentendo di ammortizzare sui costi di manutenzione”.
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Drammatiche e spaventose le condizioni di questi pesci allevati:
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L’acquacoltura, secondo la FAO, ha superato la pesca nel 2016 e ha rappresentato il 53% del pesce globale venduto per consumo umano diretto.
Lo scopo dell’associazione Essere Animali è quello di richiedere maggiori controlli per le filiere da parte dei supermercati: “La realtà dei pesci allevati a scopo alimentare è ancora ampiamente ignorata. Privati della loro libertà, esposti a fattori di stress e sottoposti a pratiche crudeli, questi animali versano in condizioni critiche negli allevamenti intesivi, complici anche l’assenza di un quadro normativo esaustivo e una noncuranza diffusa nei confronti della loro sofferenza. Con la diffusione di questa indagine rilanciamo la nostra campagna#AncheiPesci. Il nostro obiettivo è fare pressing sulla grande distribuzione organizzata affinché i supermercati italiani adottino policy di allevamento più severe per tutelare questi animali all’interno delle loro filiere”.
E voi care Unimamme eravate al corrente di questa situazione raccontata sul Corriere? Non pensate anche voi che mangiare un pesce che ha vissuto in queste condizioni non sia salutare? Fate attenzione alla provenienza quando acquistate pesci al supermercato? Firmerete anche voi la petizione dell’associazione su Change a questo link?
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