L’appello del papà di una bimba con una malattia rarissima che ha scritto una lettera insieme ad altre 10 famiglie per essere ascoltato.
Ci sono tante famiglie che hanno un disabile grave da accudire e che con il sostegno economico che gli viene dato dallo Stato non riescono a coprire tutte le spese che devono sostenere per curare al meglio la persona della quale si occupano. Inoltre, non meno importante, anche lo stress psicologico e fisico è un fattore da non sottovalutare, prendersi cura di una persona malata non è facile.
L’appello di un papà con una bimba molto malata: la lettera per sensibilizzare il mondo della politica
La storia che viene raccontata ad Andkronos è quella di una padre, Fortunato, che fa il vigile del fuoco, ma come lui stesso afferma ha anche un altro lavoro: “Compilo carte, mi attacco al telefono, passo ore al computer, scrivo mail, contatto la Regione, l’Ats di Milano. Tutti i giorni la stessa storia, solo per avere quello che mi spetta. E’ uno stress incredibile che toglie energia. E a noi l’energia serve tutta, da dedicare alla nostra bambina e ai suoi bisogni speciali, da dedicare ai due figli adolescenti che meritano anche loro attenzione. Quando si ammala un figlio, si ammala tutta la famiglia. E la sensibilità dei politici verso chi deve fare i conti con una disabilità grave è troppo scarsa. Ci si riempie la bocca, ma non si fa nulla o quasi nulla. Ci sentiamo soli“.
Fortunato insieme ad un altro centinaio di famiglie che si trovano nella sua stessa situazione ha scritto una lettera aperta inviata al Consiglio regionale della Lombardia, all’assessore regionale alle Politiche sociali, abitative e disabilità, Stefano Bolognini, al governatore Attilio Fontana, ma anche alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al ministero delle Politiche sociali e che potete leggere sulla pagina Facebook che Fortunato ha aperto per parlare della figlia, “Come pensare di essere in paradiso stando all’inferno”.
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Non è la prima volta che questi genitori fanno un appello per essere ascoltati ed aiutati, perché per loro le mozioni approvate il 14 gennaio scorso non danno la certezza che le cose verranno messe a posto come devono: “Non ci sono solo i tagli a creare enorme apprensione per la paura di vedersi sospesi servizi essenziali” per i figli, come scrivono nella lettera aperta, ma sono anche “i criteri insensati” a rendere tutto difficile, e le lungaggini burocratiche.
Fortunato lancia un appello: “Si torni ai mille euro che venivano erogati negli anni precedenti, senza distinzione di orario di frequenza scolastica, senza il vincolo socioeconomico dell’Isee, che è come se la disabilità si misurasse economicamente. E garantendo la continuità nell’erogazione dei bonus“. I soldi sono necessari per aiutare i disabili: “non ci servono per giocarli alle slot, ma per le terapie e per l’assistenza domiciliare che non basta. Sono soldi per le minime necessità dei disabili“.
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Fortunato è il padre di una bambina di 4 anni che deve essere sempre controllata. Lui e la moglie Maria assistono Roberta alla quale è stata, purtroppo, diagnosticata una malattia rarissima, una variante di una malattia già rara, la displasia campomelica acampomelica che non ha neanche un codice malattia rara: “Siamo il primo caso diagnosticato in Italia e al mondo se ne contano pochi altri, ognuno con le sue specificità. Noi siamo fortunati perché la quasi totalità dei neonati affetti non nasce neppure o non arriva all’anno di vita“.
La malattia colpisce tutta la parte scheletrica. Su Orphanet si legge che la displasia campomelica è una “malattia molto rara caratterizzata da un’associazione variabile tra anomalie scheletriche (ossa lunghe incurvate e sottili, anomalie del bacino e del torace, undici paia di costole invece delle normali dodici) e anomalie extrascheletriche (dismorfismi facciali, palatoschisi, ambiguità sessuale o inversione sessuale in due terzi dei maschi genetici e malformazioni cardiache, cerebrali e renali)”. La variante che invece ha questa bambina, veramente rarissima, si distingue per l’assenza di incurvature nelle ossa lunghe. La percentuale di sopravvivenza purtroppo è bassissima, il 5-10%, ed il trattamento è solo sintomatico.
La piccola Roberta, spiega il papà, non può stare in piedi senza corsetto e le serve un girello per spostarsi, ha la tracheotomia, una sonda nello stomaco, un buco nel palato, ma, come assicura il papà, ha tanta forza di volontà tanto che riesce anche ad andare a scuola per 2 ore al giorno, ma ha bisogni assistenziali che necessitano di una risposta. E per ottenerle le famiglie devono affrontare “tortuosità inimmaginabili“, come l’obbligo di ripresentare ogni anno la documentazione sanitaria “su situazioni che restano invariate o al massimo peggiorano“.
Oltre alla misura B1, finita sotto i riflettori per le modifiche inizialmente varate dalla Regione, e che consiste nell’erogazione di un buono mensile, esistono i voucher sociosanitari o socioeducativi di circa 500 euro al mese, “ma anche qui sono problemi. I voucher risultano difficilmente esigibili“. Fortunato ha spiegato bene come funzionano: “Se a me servono 20 ore di educatore in più faccio un progetto e mi accreditano un ente che fornisce il servizio richiesto. Peccato che l’anno scorso gli enti sono stati accreditati a giugno e il servizio ci è stato dato a settembre per 4 mesi. Gli altri 8 mesi spariti. E l’anno successivo riparte la tiritera. Passiamo la vita a fare carte e aspettare, devi stare sempre all’occhio e non perderti una delibera. Ma l’elenco delle insensatezze è lungo. Tornando al bonus, per esempio, non si ha diritto a prenderlo se il minore va a scuola per più di 25 ore. E’ assurdo: la scuola è un obbligo, oltre che un diritto“.
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Il sostegno economico della Regione non è sufficiente: “La Regione ci dà 400 euro e ci dice che il resto è a rimborso, se dimostriamo di assumere personale specializzato. Ma sono 200 euro di rimborso se dimostri l’assunzione di una persona per 40 ore al mese. Neanche chi raccoglie i pomodori prende 2 euro l’ora. Gli altri soldi per arrivare ai 30 euro l’ora che si prende un infermiere specializzato ce li metto io? Il 99% delle famiglie non potrà permetterselo. E’ folle“.
Fortunato ha anche altri due figli: “Noi con i nostri stipendi senza aiuti faremmo una grossa fatica. Abbiamo altri due figli, viviamo a Milano, per prenderci cura di nostra figlia abbiamo tante spese da affrontare. Sì, è vero, ci rimborsano i farmaci, ma per creme, integratori, vitamine e altri parafarmaci spendiamo ogni volta 200-300 euro che nessuno ci rimborsa. Per ogni visita specialistica che esula da quelle programmate sono 300-400 euro che vanno via. La piscina, la riabilitazione ce le paghiamo noi. Se serve il fisioterapista, il logopedista, e la lista è lunghissima. La misura B1 ci ha permesso di far visitare Roberta da uno dei migliori ortopedici italiani ed è stato importante perché abbiamo capito cose prima non chiare. Senza quell’integrazione avremmo dovuto togliere lo sport o altro ai ragazzi grandi. Non c’è altro perché noi non usciamo, non andiamo a cena né facciamo weekend fuori“.
Fortunato come le altre famiglie vuole essere ascoltato, dedicano la loro vita ad aiutare chi non sta bene: “Lavoriamo e poi facciamo i turni per stare vicino a nostra figlia, anche di notte, cercando di coprire i buchi con l’assistenza domiciliare. Non abbiamo più una vita e si deve lottare per tutto. Non ci fermiamo qua. Noi famiglie continueremo a pressare per essere ascoltati. Il messaggio è che non si taglia ai disabili e chi ha la responsabilità di governo, e non si dimostra sensibile verso un tema così importante, non può decidere delle vite delle persone senza riflettere e capire cosa passano“.
Cosa aggiungere unimamme? Davvero drammatica la situazione di questa famiglia. Fortunato e sua moglie hanno lanciato una petizione per chiedere di ripristinare a 1000 euro i fondi, ridotti da Regione Lombardia di quasi la metà, per gli operatori sanitari che si occupano di curare i portatori di disabilità“. Per chiunque volesse formarla basta collegarsi al sito della petizione.
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