Dalle analisi di vari marchi di latte acquistate in supermercati e discount è stato riscontrato che il latte italiano è contaminato da antibiotici e farmaci.
Il latte è uno degli alimenti che si consuma di più, bevuto per colazione da grandi e piccini, ma usato anche per preparazioni dolci o salate. Secondo un nuovo test effettuato dalla rivista Il Salvagente, più della metà del latte in commercio risulterebbe essere contaminato da antibiotici e altri tipi di farmaci che vengono somministrati agli animali sopratutto negli allevamenti intensivi. I test sono stati realizzati grazie ad un metodo innovativo proposto da esperti delle università di Napoli Federico II e Valencia.
Nel latte italiano di alcuni tra i marchi più conosciuti presenti sul mercato sono state trovate tracce di antinfiammatori, cortisonici ed anche di antibiotici. Questi sono i risultati di un test che “Il Salvagente”, leader nei test di laboratorio contro le truffe ai consumatori, ha condotto su 21 confezioni di latte, fresco e Uht, trovate sugli scaffali di supermercati e discount italiani. Tra i marchi analizzati ci sono Parmalat, Granarolo, Coop, Conad, Lidl, Esselunga e Carrefour.
In più della metà di questi prodotti sono state effettivamente riscontrate tracce di queste sostanze. Le più frequenti: il dexamethasone (un cortisonico), il neloxicam (antinfiammatorio) e l’amoxicillina (un antibiotico), in concentrazioni tra 0,022 mcg/kg e 1,80 mcg/kg. A svelare la presenza di queste sostanze è stato l’uso di un particolare metodo di analisi realizzato dalle Università Federico II di Napoli e da quella spagnola di Valencia, in grado di scoprire contenuti che ai test ufficiali passano inosservati.
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Secondo i risultati, 12 campioni, quindi più della metà dei marchi analizzati, contenevano farmaci di vario genere in particolare antibiotici, antinfiammatori e cortisonici. Tra questi, solo quello fresco Lidl conterrebbe contemporaneamente tutti e tre i farmaci; mentre in Ricca fonte, Esselunga fresco, Carrefour fresco e Parmalat Zymil fresco sono presenti due farmaci. Negli altri sei, invece, sarebbe stato rintracciato un solo farmaco.
Questi farmaci sono usati negli allevamenti per esempio per curare le mastiti, come ha spiegato Questi farmaci sono utilizzati per curare le mastiti nelle vacche da latte, ha spiegato Enrico Moriconi, veterinario nonché Garante degli animali della Regione Piemonte: “La ragione dell’uso di antibiotici come l’amoxicillina è la frequenza con cui contraggono le infezioni alle mammelle come la mastite. Tra l’altro, il fatto che siano stati trovati dei residui nel latte ne è la dimostrazione: se fossero stati utilizzati farmaci per curare altri tipi di infezioni, questi sarebbero stati smaltiti da reni e fegato”. Per la stessa ragione, aggiunge Moriconi, sono stati impiegati gli altri due farmaci: “In genere, si somministra un antibiotico mentre il cortisone e l’antinfiammatorio sono coadiuvanti”.
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La presenza di queste sostanze possono causare due complicanze: la resistenza agli antibiotici e l’eventuale modifica della flora intestinale, soprattutto nei bambini, notoriamente grandi consumatori di latte. Sul primo punto, la resistenza agli antibiotici, il dottore Ruggiero Francavilla, pediatra, gastroenterologo Università degli Studi di Bari ha affermato: “L’assunzione costante di piccole dosi di antibiotico con gli alimenti determina una pressione selettiva sulla normale flora batterica intestinale a vantaggio dei batteri resistenti agli antibiotici che diventano più rappresentati; questa informazione genetica viene trasferita ad altri batteri anche patogeni”.
Sulla questione del rischio per il macrobiota intestinale si è espresso Ivan Gentile, professore di malattie infettive presso la Federico II: “In questo caso non si può escludere un rischio, sebbene basso, che l’esposizione anche di minime quantità, soprattutto in maniera ripetuta, possa avere ripercussioni sul microbiota intestinale cioè su quell’insieme vario di microorganismi che vivono con noi (nell’intestino, sulla cute, nella cavità orale per fare qualche esempio) e che esercitano effetti benefici (a livello digestivo, immunitario, protettivo)”.
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Il test del Salvagente ha confermato i risultati ottenuti dalla ricerca su 56 latti italiani, pubblicata sul Journal of Dairy Science. Il professore di Chimica degli Alimenti presso la Facoltà di Farmacia della Federico II, Alberto Ritieni, ha spiegato: “Abbiamo trovato sostanze farmacologicamente attive nel 49% dei campioni, a concentrazioni tra 0,007 e 4,53 mcg/kg. Nelle nostre conclusioni sottolineiamo che dato che il latte è raccomandato nella loro nutrizione, i neonati e i bambini in età infantile sono particolarmente esposti a queste sostanze e potrebbero risultare più vulnerabili. La loro capacità a metabolizzare questi agenti tossici non è ancora ben sviluppata. Per questo un monitoraggio costante degli allevamenti sarebbe necessario per assicurare la salute di questi piccoli consumatori”.
Il Direttore Generale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, Antonio Limone, tiene a specificare che non si devono creare allarmismi: “Partendo dall’utilità dello studio, che rappresenta un metodo diagnostico rapido, non dobbiamo creare allarmismi. Solo nei nostri laboratori, nel 2019, abbiamo analizzato oltre 5500 dati relativi al latte e non abbiamo riscontrato non conformità in relazione a questo argomento.
Ben vengano gli studi a tutela della sicurezza alimentare per i cittadini consumatori su un tema così attuale e delicato, ma non dimentichiamo che l’Italia è un paese attento in materia e che esistono piani nazionali che monitorano costantemente tutte le produzioni alimentari”.
Voi unimamme eravate a conoscenza di questo studio? Cosa ne pensate?
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