Coronavirus nei bambini, come si manifestano i casi più gravi. L’analisi dai soggetti ricoverati.
Mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiara l’emergenza di salute pubblica internazionale sul nuovo coronavirus, e i primi due casi di coronavirus arrivano in Italia, ci si interroga su come la malattia colpisca i bambini e in che modo. In merito è stata effettuata già un’analisi, sui primi casi di ricovero in ospedale per il virus. Cosa bisogna sapere.
Il coronavirus è una malattia che colpisce gli adulti, almeno nei casi più gravi con ricovero in ospedale. È la conclusione che emerge dagli esami effettuati sui primi contagi del virus in Cina. Si tratta dei primi 425 casi accertati a Wuhan, dove si è sviluppatala malattia, e riguardanti pazienti ricoverati in ospedali, dunque, appunto, quelli più gravi. Un articolo uscito sul New England Journal of Medicine ne ha descritto le caratteristiche cliniche ed epidemiologiche. Uno studio importante per capire sempre di più questo virus, anche se le conclusioni non è detto che valgano per tutti i casi, perché comunque ci possono essere delle differenze, in particolare per i casi più lievi, senza ricovero in ospedale.
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Un primo importante elemento che emerge dall’analisi è che il coronavirus colpisce soprattutto pazienti adulti di sesso maschile sopra i 50 anni. L’età media, infatti, come emergeva dalla rivista The Lancet, è di 59 anni e più della metà, il 56% dei casi sono uomini.
In questo primo campione di casi di coronavirus analizzati non sono presenti bambini e ragazzi sotto i 15 anni. Una elemento importante, sebbene non significhi che i bambini e i ragazzini non possano contrarre il virus. Probabilmente lo prendono in forme più lievi che non richiedono ricoveri in ospedale.
L’altro elemento importante, che ha confermato la trasmissione da uomo a uomo, è che prima di gennaio, nella fase iniziale dell’epidemia, le persone affette dalla polmonite virale o dagli altri sintomi portati dal virus riferivano di avere avuto qualche contatto con il mercato del pesce e degli animali vivi di Wuhan, Huanan Seafood Wholesale Market, dove si ritiene che si sia originato il coronavirus. Nei giorni seguenti e con l’inizio del nuovo anno, aumentavano le persone infettate che non erano state al mercato del pesce di Wuhan. Una circostanza che confermava la trasmissione inter-umana della malattia e che purtroppo è stata anche la causa dei primi contagi tra gli operatori sanitari, sempre a stretto contatto con i malati di coronavirus.
Il virus è simile alla Sars (sindrome respiratoria acuta grave) e alla Mers (sindrome respiratoria medio orientale) e provoca sintomi respiratori simili all’influenza, come febbre, tosse, raffreddore, mal di gola, grave affaticamento polmonare. La malattia si cura come i casi gravi di influenza. I coronavirus sono chiamati così per la forma a coroncina, colpiscono uomini e animali. Vengono veicolati all’uomo da ospiti intermedi, che per la Mers sono stati i cammelli e per la Sars forse lo zibetto, per poi passare alla trasmissione interumana. Nonostante queste somiglianze, però, il coronavirus si differenzia dalla Sars e dalla Mers, la sua diffusione è maggiore, ma la mortalità è inferiore. Inoltre, la sua trasmissione tra gli operatori sanitari è più bassa di quella verificatasi per l Sars e la Mers.
Queste conclusioni del New England Journal of Medicine, comunque, si riferiscono alle analisi dei primi casi e non è detto che vengano confermate per tutti. Inoltre, non si conosce ancora bene quale sia l’origine del virus e quale sia l’animale dal quale è avvenuto il salto di specie del virus, passando all’uomo.
Vanno, poi, ricordati i casi dei pazienti asintomatici, quindi senza apparenti problemi, che possono diffondere il virus quasi senza accorgersi, aumentando le difficoltà degli interventi necessari per bloccare l’epidemia.
Un altro elemento importante, che questa volta riguarda pazienti sintomatici, è che dal momento in cui si manifestano i sintomi circa l’89% dei pazienti si reca in ospedale dopo un tempo medio di 5 giorni. In questo intervallo di tempo l’infezione può essersi diffusa.
Poi, l’analisi dei primi casi confermati di coronavirus ha permesso di calcolare la “potenza” di diffusione della malattia. Da questo esame è stato accertato che il tempo durante il quale i casi raddoppiano è di una settimana (7,4 giorni) e che il cosiddetto R0, ossia quante sono le persone che un paziente malato può infettare, è di 2,2. Questo significa che un paziente malato può trasmettere il virus ad altre due persone. Il numero del R0 dunque indica quanto può diffondersi un’epidemia ed è importante che rimanga basso.
Per ridurre questo numero sono necessarie le misure sanitari di contenimento della malattia, come l’isolamento dei pazienti, la quarantena, il blocco dei trasporti nelle zone interessate. Tutte misure che il governo cinese sta prendendo in modo straordinario, con una vastità mai vista finora. L’individuazione precoce del virus è un altro aspetto cruciale, complicato tuttavia dai casi asintomatici, che rendono più difficile scoprire un paziente infettato prima che questi possa contagiare altre persone.
Lo studio e le conclusioni del New England Journal of Medicine sono stati segnalati dalla rivista scientifica online fondata da Roberto Burioni, Medical Facts. Nell’articolo di cui sono citati i dati si raccomanda di non abbassare la guardia sul coronavirus ma allo stesso tempo di evitare il panico e non discriminare le persone cinesi. Non c’è alcun motivo in Italia di evitare i contatti con i cinesi così come i ristoranti cinesi, che non sono un pericolo. Vanno invece evitati i viaggi in Cina, per prudenza, in primo luogo nelle zone colpite dal virus.
Il coronavirus si trasmette per via aerea, come l’influenza. Per questo è importante lavarsi bene le mani, per evitare entrambi i virus.
Avete capito unimamme? Attenzione alle fakenews.
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