Negato l’indennizzo da parte dello Stato alla famiglia di una donna di 22 anni vittima di femminicidio, sepolta viva.
Nel 2006 la 22enne Jennifer Zacconi venne uccisa e sepolta viva al nono mese di gravidanza dall’uomo con cui aveva una relazione: Lucio Niero. A 14 anni di distanza una sentenza impedisce alla famiglia della giovane di ottenere un risarcimento, come sarebbe previsto dalla legge.
Ragazza uccisa: la decisione sul risarcimento
L’assassino di Jessica, Lucio Niero, è stato condannato a 30 anni di carcere e al pagamento di 80 mila Euro alla mamma di Jessica, Anna Maria Giannone e altri 85 mila ai suoi congiunti. Niero però risulta nullatenente,quindi i Giannone hanno chiesto che la Presidenza del Consiglio e il Ministero della Giustizia vengano condannati per la mancata attuazione della direttiva europea n°80 che attribuisce alle vittime di reati intenzionalmente violenti “il diritto a percepire dallo Stato membro di residenza l’indennizzo equo e adeguato” nel caso in cui il responsabile non abbia pagato il risarcimento del danno.
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Nel 2013 il giudice civile aveva deciso per il risarcimento alla madre di Jessica, mentre la Presidenza del Consiglio e non il Ministero era tenuta al risarcimento perché “la responsabilità per l’attuazione degli impegni assunti nell’ambito dell’Unione europea”. Ora però la Corte d’appello ha cambiato completamente le carte in gioco. Per i giudici di secondo grado “deve ritenersi che non sia rivolta alla tutela delle vittime di reati commessi nei rispettivi territori nazionali, avendo invece il fine precipuo di armonizzare i singoli ordinamenti nazionali sì da conferire tutela alla cosiddette situazioni transfrotariele“. La direttiva protegge le vittime che non sono residenti nel Paese in cui viene commesso il reato. La direttiva infatti è legata “alla finalità di garanzia della libera circolazione” e come vittime non possono essere annoverati i parenti che non hanno diritto al risarcimento. Unimamme, cosa ne pensate di quanto avvenuto e raccontato su Il Fatto Quotidiano?
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