Gli studenti italiani soffrono di mal di scuola. Come intervenire? La proposta dell’esperta Daniela Lucangeli.
Un dato scoraggiante e preoccupante dovrebbe mettere in allarme famiglie e scuola: il 73% degli studenti italiani sta male a scuola. Lo ha stabilito una ricerca condotta da una commissione ministeriale sullo studio del livello di benessere e malessere nelle scuole italiane. Alla ricerca ha collaborato anche la professoressa Daniela Lucangeli, docente di Psicologia dello sviluppo presso l’Università degli Studi di Padova ed esperta di psicologia dell’apprendimento. Lucangeli, che già da tempo si occupa del benessere dei bambini e ragazzi a scuola e di come questo può influire sull’apprendimento, ha indicato una via da seguire per risolvere questo problema. Ecco le sue proposte in un’intervista di Sabina Pignataro su Vita.it.
I ragazzi a scuola stanno male, si sentono spesso a disagio o inadeguati, in lotta perenne con l’ansia da prestazione e con il carico, soprattutto emotivo, di compiti da portare a termine e risultati da realizzare. Lo hanno stabilito diversi studi e ricerche. Da ultimo quello di una commissione ministeriale, secondo il quale il malessere tra gli studenti italiani è elevato. Secondo i risultati del sondaggio il 27% degli studenti italiani, del campione esaminato, sta “così così” a scuola, mentre il 73% sta male e all’interno di questo gruppo ben il 60% non ricorda di essere mai stato bene in classe. Eppure molti genitori e nonni degli studenti di oggi direbbero che la scuola ai loro tempi era molto più dura e difficile, con livelli di severità decisamente più alti. Chi ha ragione?
Va detto che i tempi sono cambiati e che i ragazzi di oggi si trovano travolti spesso da una ondata di stimoli, sfide e richieste provenienti dalla società che un tempo non erano così forti e pressanti e di fronte alle quali spesso si sentono inadeguati. Così, scuola più facile o difficile a parte, può essere una società sempre più esigente, soprattutto in termini di successo e obiettivi da raggiungere, a pesare sull’emotività dei ragazzi.
Allo studio interministeriale ha partecipato anche la professoressa Daniela Lucangeli, esperta di psicologia dello sviluppo e dell’apprendimento, che da tempo propone metodi didattici che facciano leva sulle emozioni positive in bambini e ragazzi, quelle che li aiuterebbero a imparare meglio. Perché l’emozione positiva aiuta meglio ad imparare e ricordare, sostiene. Un approccio innovativo che non vuole rendere lo studio “facile” agli studenti, ma più stimolante ed efficace. Perché la paura non aiuta l’apprendimento.
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“Colpa e paura sono le emozioni alla base del nostro sistema educativo“, afferma Lucangeli. “Ma tutto ciò tiene i ragazzi in costante allerta e produce un cortocircuito emozionale che genera malessere e inceppa l’apprendimento“. I sentimenti negativi spingono a fuggire da una situazione e pertanto non aiutano bambini e ragazzi ad imparare. Empatia, comprensione e fiducia, invece, hanno l’effetto opposto, predisponendo li studenti all’ascolto, all’apertura e all’apprendimento.
Per questi motivi, Daniela Lucangeli invita gli insegnati a concentrarsi sugli stati d’animo degli studenti mentre appendono: il bravo maestro “è colui che aiuta, che dà fiducia e coraggio, non che ingozza e giudica, somministra e verifica“. Lo spiega Daniela Lucangeli anche nel suo ultimo libro, “Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere” (Erickson, 2019).
Secondo la professoressa, il malessere dei ragazzi a scuola viene dal carico che viene loro richiesto. Secondo i dati, afferma Lucangeli, a uno studente italiano oggi viene chiesto di imparare troppo, in poco tempo e senza passione. Questo crea ansia da prestazione e la frustrazione nello studente di non riuscire a soddisfare tutte le richieste che gli vengono rivolte. Queste sensazioni ed emozioni negative costringono il cervello a spendere energie per qualcosa che non provoca benessere, bensì allerta.
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Per ovviare al disagio emotivo negli studenti che non consente loro di apprendere bene e in modo sereno, la professoressa Lucangeli precisa che bisogna fare leva sulle emozioni positive ma questo non significa che la scuola debba essere “facile”. Da cambiare è la didattica, in modo da realizzare un sistema di insegnamento e di valutazione che ottenga il meglio dai ragazzi. Per fare ciò occorre una maggiore consapevolezza professionale e coscienza di come si insegna. Invece, quando si vuole ottenere dei risultati dagli studenti e il loro successo scolastico, di solito si punta sulle metodologie di studio o di esposizione dei contenuti: ad esempio come presentare o esporre un dato argomento e come favorirne la comprensione e la memorizzazione. Quello che si trascura, e che invece secondo Lucangeli è importante, è tenere conto degli stati d’animo degli studenti mentre apprendono, concentrarsi di più sulle loro emozioni.
A questo proposito, la professoressa parla di un nuovo filone della ricerca scientifica, noto come “warm cognition”, letteralmente “cognizione calda“. Secondo questo filone, le nozioni si fissano nel cervello insieme alle emozioni, che, a loro volta, influiscono concretamente sui processi cognitivi, come attenzione, memoria, comprensione. Se uno studente impara con gioia, impara di più e meglio. Se l’insegnante lo sostiene e lo incoraggia diventa suo alleato e il bambino o ragazzo ha una reazione positiva che lo spinge a continuare e a imparare. Invece con le emozioni negative, come paura, ansia e angoscia, lo studente tende a fuggire da quella situazione e si blocca il suo apprendimento.
Secondo studi recenti, le paure e i traumi subiti si trasmettono alle generazioni successive. Lucangeli spiega che “il circuito legato all’emozione di paura è regolato da un sistema ancestrale della nostra specie detto cervello limbico: sono strutture del cervello antichissime che regolano reazioni che abbiamo da milioni di anni“.
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Per aiutare i bambini ad imparare, dunque, non serve a nulla spaventarli. Perché anche se si dovessero ottenere dei risultati, questi avranno effetto solo sul breve e non sul lungo termine. Invece, affinché lo studente abbia lo stimolo positivo all’apprendimento bisogna puntare sull’emozione positiva.
Per aiutare gli insegnanti ad insegnare ai bambini la professoressa Lucangeli ha pubblicato per Rizzoli Education in collaborazione con Erikson e Fabbri Editori, dei libri per insegnanti della primaria e sta organizzando incontri, seminari e webinar, curati da lei stessa e dal suo gruppo di ricercatori e insegnanti. Si tratta del progetto “SORRIDOIMPARO: l’emozione di apprendere“, che prevedono diversi moduli e webinar aperti a tutti.
Che ne pensate unimamme delle osservazioni e del nuovo progetto della professoressa Lucangeli, intervistata da Vita? Siete d’accordo con lei?
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