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Coronavirus e scuola | “Ragazzi preservate la vostra umanità”: la lettera di un preside da leggere

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Maria Sole Bosaia

Domenico Squillace, Preside del Liceo Volta di Milano, ha scritto ai suoi studenti una lettera per invitarli a mantenere la razionalità in questa situazione.

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Il preside del Liceo Volta di Milano, Domenico Squillace, in questo momento di sospensione delle attività scolastiche imposto per combattere l’emergenza Coronavirus, ha deciso di scrivere una lettera agli studenti che frequentano la sua scuola.

Un preside scrive ai suoi alunni

Il preside ha voluto ricordare l’importanza, proprio nel momento attuale, della cultura, della saggezza di autori come Manzoni. Ecco il suo commento: “le lezioni si tenevano anche durante la guerra: al massimo, quando arrivavano i bombardamenti, ragazzini e professori correvano nei rifugi. Per questo fa così impressione la decisione di chiudere le scuole in una Milano che sembra raccontata dalle pagine del Manzoni. Tra le righe sulla peste nei Promessi Sposi ho trovato similitudini con questi giorni di ansie sul coronavirus, la caccia al nemico: ieri gli alemanni oggi i cinesi. Così ho scritto ai miei ragazzi una mail di pensieri e consigli perché il sospetto non si trasformi in una caccia all’untore, perché non vedano nell’altro una minaccia. Perché il vero rischio di queste malattie invisibili se non si sta attenti è un imbarbarimento della vita sociale.

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“La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande alemanne nel milanese, c’era entrata davvero, come è noto; ed è noto parimente che non si fermò qui, ma invase e spopolò una buona parte d’Italia…”. Così si apre il capitolo 31 dei Promessi Sposi dedicato all’epidemia di peste che si abbatté su Milano nel 1630. “Dentro quelle pagine c’è già tutto, la certezza della pericolosità degli stranieri, lo scontro violento tra le autorità, la ricerca spasmodica del cosiddetto paziente zero, il disprezzo per gli esperti, la caccia agli untori, le voci incontrollate, i rimedi più assurdi, la razzia dei beni di prima necessità, l’emergenza sanitaria.  In quelle pagine vi imbatterete fra l’altro in nomi che sicuramente conoscete frequentando le strade intorno al nostro Liceo che, non dimentichiamolo, sorge al centro di quello che era il lazzaretto di Milano: Ludovico Settala, Alessandro Tadino, Felice Casati per citarne alcuni. Insomma più che dal romanzo del Manzoni quelle parole sembrano sbucate fuori dalle pagine di un giornale di oggi.

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Cari ragazzi, niente di nuovo sotto il sole, mi verrebbe da dire, eppure la scuola chiusa mi impone di parlare. La nostra è una di quelle istituzioni che con i suoi ritmi ed i suoi riti segna lo scorrere del tempo e l’ordinato svolgersi del vivere civile, non a caso la chiusura forzata delle scuole è qualcosa cui le autorità ricorrono in casi rari e veramente eccezionali. Non sta a me valutare l’opportunità del provvedimento, non sono un esperto né fingo di esserlo, rispetto e mi fido delle autorità e ne osservo scrupolosamente le indicazioni, quello che voglio però dirvi è di mantenere il sangue freddo, di non lasciarvi trascinare dal delirio collettivo, di continuare – con le dovute precauzioni – a fare una vita normale. Approfittate di queste giornate per fare delle passeggiate, per leggere un buon libro, non c’è alcun motivo – se state bene – di restare chiusi in casa.

Non c’è alcun motivo per prendere d’assalto i supermercati e le farmacie, le mascherine lasciatele a chi è malato, servono solo a loro. La velocità con cui una malattia può spostarsi da un capo all’altro del mondo è figlia del nostro tempo, non esistono muri che le possano fermare, secoli fa si spostavano ugualmente, solo un po’ più lentamente. Uno dei rischi più grandi in vicende del genere, ce lo insegnano Manzoni e forse ancor più Boccaccio, è l’avvelenamento della vita sociale, dei rapporti umani, l’imbarbarimento del vivere civile. L’istinto atavico quando ci si sente minacciati da un nemico invisibile è quello di vederlo ovunque, il pericolo è quello di guardare ad ogni nostro simile come ad una minaccia, come ad un potenziale aggressore. Rispetto alle epidemie del XIV e del XVII secolo noi abbiamo dalla nostra parte la medicina moderna, non è poco credetemi, i suoi progressi, le sue certezze, usiamo il pensiero razionale di cui è figlia per preservare il bene più prezioso che possediamo, il nostro tessuto sociale, la nostra umanità. Se non riusciremo a farlo la peste avrà vinto davvero. Vi aspetto presto a scuola”.

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