Il tasso differente di letalità da COVID-19 tra l’Italia e la Germania spiegato grazie ad alcune considerazioni. Conta anche il rapporto nonni e nipoti.
Analizzando i dati dall’inizio della pandemia, la letalità da Covid 19 in Italia risulta più alta rispetto a tutti gli altri paesi coinvolti. Se poi il confronto viene fatto con i dati della Germania la differenza è abissale: essa è pari al 10,8% in Italia mentre in Germania è solo dello 0,7%. Cosa determina questa differenza tra i due tassi di letalità? Le cause sembrano essere molteplici come spiega molto bene Giorgio Sestili, fisico e comunicatore scientifico, nonché ideatore e coordinatore della pagina Coronavirus – Dati e Analisi Scientifiche, che rappresenta un’interessante fonte di informazioni e approfondimenti sull’epidemia in atto.
Di seguito le motivazioni ipotizzate da Sestili, tutte supportate da evidenze:
1- Il rapporto degli anziani con i giovani. La differenza di letalità non dipende infatti dall’età media della popolazione. In Italia essa è di 44,9 anni, in Germania di 45,7, quindi quasi identiche. Se andiamo a vedere l’età media dei contagiati invece esse sono diverse: in Italia, secondo i report dell’Istituto Superiore di Sanità, è di 62 anni e nello specifico:
In Germania invece, secondo i dati della Robert koch Institute, l’età media dei casi positivi è di 48 anni e di questi:
Come mai allora in Italia si ammalano così tanti anziani di COVID-19? Un interessante spunto proviene da uno studio del 2008, intitolato “Social contacts and mixing patterns relevant to the spread of infectious disease“, che individua tra i fattori la frequenza di contatto tra gli over settanta e i più giovani. Rispetto ai tedeschi gli italiani over 65 hanno il doppio di possibilità di contatti giornalieri ravvicinati con la popolazione più giovane, quindi molto più esposti. Un fenomeno che si può intuire, probabilmente, anche per il fatto che in Italia i nonni sono molto presenti nella vita dei nipoti, e viceversa, per piacere ma anche per necessità.
2- Il contagio in ambito sanitario. Un’altra possibile motivazione risiede nel contagio che avviene in ambito sanitario: come spiegato anche dall’epidemiologo Carlo Signorelli al Corriere della Sera, una possibile via di trasmissione del virus risiederebbe negli impianti di condizionamento dell’aria negli ospedali, se non mantenuti in modo corretto, e gli anziani purtroppo sono le persone che probabilmente ci passano più tempo.
3- Il numero di tamponi. Un altro elemento oggetto dell’analisi è, come prevedibile, il numero dei tamponi fatti e quando. In Italia i tamponi effettuati sono stati:
Dopo cinque settimane (alla data del 28 marzo) quindi risultano essere stati effettuati un totale 429.526 tamponi, con una media di circa 86.000 a settimana.
In Germania invece, secondo il capo del Robert Koch Institute, ne vengono fatti circa 160 mila a settimana. In realtà però dal report dello stesso instituto del 26 marzo i tamponi totali risultano essere 483.285, dei quali 476.076 effettuati tra l’11esima e la 12sima settimana del 2020. Quindi il numero di tamponi è cresciuto in maniera esponenziale nelle ultime due settimane.
Da ciò si deduce che fare preventivamente tamponi consente di
4- Il numero dei posti disponibili in terapia intensiva. Secondo i dati in Italia abbiamo 12,5 posti letto ogni 100.000 abitanti, in Germania invece i posti letto sono 29,2 ogni 100 mila abitanti, più del doppio. A ciò si aggiunge il fatto che purtroppo il 60% dei morti in Italia sono cittadini della Lombardia, la regione che al momento ha il sistema sanitario in forte difficoltà, come denunciato più volte da medici e infermieri. Molte persone muoiono in casa, senza riuscire ad arrivare in ospedale e a molte non viene fatto il tampone, quindi non sono neanche certificati come decessi da coronavirus. Ciò significa che se la Lombardia non fosse stata aggredita così velocemente e inaspettatamente dal virus e se i posti letto fossero stati come quelli della Germania, il numero dei morti lombardi, e quindi italiani, sarebbe stato molto diverso.
5- Il numero reale dei contagi in Italia. Secondo molti esperti e studi, il numero dei casi reali può oscillare tra le 3 e le 10 volte di quelli conteggiati con i tamponi. Se si volesse considerare l’ipotesi più conservativa, e stimare il numero dei contagiati in 208 mila, come indicato dalla fondazione Gimbe, la percentuale del numero dei morti scenderebbe dal 10,8% al 4,8%. Se invece si prendesse per buono il numero dei casi ipotizzato da Borrelli, 600.000 casi positivi, tale valore scenderebbe all’1,7%.
6- La modalità di conteggio dei decessi. In Italia si segnalano tutti i morti portatori di Coronavirus, a prescindere dalle patologie pregresse. Lo ha spiegato anche Signorelli, al Corriere della Sera: “Nella scheda di morte di una persona ci sono di solito tre voci: causa iniziale, causa intermedia e causa finale. Prendiamo il caso di un malato di tumore che muore con il coronavirus. La causa iniziale resta il cancro. Se non ci fosse stato quello, la persona non moriva. Ora, tra qualche tempo, quando sarà possibile distinguere i casi, sono sicuro che i morti che hanno avuto per causa iniziale, unica, coronavirus, vedrete che non saranno molti.” Forse, questo si ipotizza, in Germania ciò non avviene, e quindi si sta sottostimando il numero dei morti da Coronavirus e forse sovrastimando quello da altre patologie. A questo quesito si potrà però avere risposta solo tra un po’ di tempo, confrontando le cause dei decessi dell’anno corrente con quelle degli anni passati.
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E voi Unimamme cosa ne pensate di questi dati spiegati dettaglitamente sulla pagina facebook “Coronavirus-dati e analisi scientifiche”?
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