Nella fase 2 le mascherine in tessuto servono all’economia e salvano migliaia di vite. Un nuovo studio che rivaluta le mascherine chirurgiche e quelle di cotone fatte in casa.
E’ da tempo che si parla dell’efficacia delle mascherine per affrontare l’epidemia da Coronavirus, ma diverse sono le opinioni. Un’analisi delle raccomandazioni e una revisione delle prove di efficacia delle mascherine, ad opera di Trisha Greenhalgh e Jeremy Howard, oggi forniscono nuove risposte.
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Mascherine in tessuto: il “sì per tutti” della scienza nella fase 2
Unimamme, in questi ultimi mesi abbiamo cominciamo ad avere confidenza con le mascherine che permettono di contenere i contagi da Covid – 19. Gli scienziati ci fanno sapere che persino una semplice mascherina in tessuto indossata da un soggetto infetto riduce di 36 volte la quantità di virus trasmessa, bloccando le goccioline quando escono dalla bocca, piuttosto che fermarle quando si disperdono nell’aria. I ricercatori dell’Università di Oxford, di San Francisco hanno realizzato uno studio che è stato poi tradotto in italiano dalla Fondazione Gimbe.
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Nella Fase 2 che, nelle sue specificità è stata annunciata dal nostro premier, si sottolinea la necessità di utilizzare la mascherina nei luoghi pubblici dove non è possibile attuare il distanziamento sociale. Nino Cartabellotta, presidente Gimbe, ha commentato così: “i progressi della scienza hanno messo in luce che la trasmissione da soggetti asintomatici, largamente sottostimata, rappresenta il tallone d’Achille delle strategie per contenere la pandemia”.
I risultati di questa revisione, che ha tenuto in considerazione 80 studi e i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Evidence hanno evidenziato diversi aspetti. Come prima cosa bisogna ammettere che non esistono studi che hanno valutato l’efficacia delle mascherine in relazione al contenimento del coronavirus, ma diverse ricerche dimostrano che l’uso delle mascherine “potenzia gli effetti di altre misure di distanziamento sociale”. Bisogna tenere in considerazione che gli effetti dipendono dalla percentuale delle persone che la usano. Inoltre una delle critiche più comuni riguarda il fatto che quando indossano la mascherina alcune persone tendono a fare meno attenzione al rispetto della distanza di sicurezza (come evidenziato da sperimentazioni cliniche), ma le evidenze empiriche, sui comportamenti adottati nella realtà, dimostrano che nel complesso si ottiene un miglioramento nel benessere e nella sicurezza, e quindi l'”effetto preventivo non è compromesso“.
Lo studio ha messo a confronto:
- Italia e Corea del Sud, dove la curve epidemiche sono state molto simili nelle prime settimane, per poi divergere dopo che in Corea del Sud il governo ha fornito a tutti i cittadini mascherine sin da fine febbraio e quindi qui, già a inizio marzo, l’epidemia ha iniziato a scendere
- Austria e Repubblica Ceca, dove sono state introdotte dalla stessa data forme di distanziamento sociale, alle quali la Repubblica Ceca ha aggiunto sin da subito anche l’uso obbligatorio di mascherine, con la conseguenza che la curva del contagio in Repubblica Ceca ha iniziato ad appiattirsi subito, mentre in Austria solo dopo alcune settimane ed in seguito alle norme sull’uso delle mascherine, si è avuto un riallineamento.
Le mascherine sono dunque importanti per la nostra salute, perché aiutano a far appiattire la curva, ma lo sono anche per l’economia. Come riportato infatti sull’articolo tradotto dalla fondazione Gimbe: “Le analisi economiche prendono in considerazione quanto il costo della fornitura di mascherine possa generare valore oppure perdita in termini sia finanziari che non finanziari. Questi studi indicano che ogni singola mascherina indossata da una persona (il cui costo è trascurabile) potrebbe generare benefici economici di migliaia di dollari e salvare molte vite.” La conclusione dell’abstract dello studio della Yale University, pubblicato il 7 aprile, è “ogni maschera in tessuto genera migliaia di dollari dal ridotto rischio di mortalità. Ogni mascherina medica, quando usata dai lavoratori della sanità, può generare milioni di dollari in valore e quindi sono urgentemente necessarie politiche che incoraggino una maggiore produzione prioritaria per i lavoratori della sanità“.
Infine, sappiamo che procurarsi le mascherine non è facile, per cui si consiglia di di realizzarne in modo autonomo. Gli scienziati consigliano di prendere una maglietta, un fazzoletto, una sciarpa o una bandana ed inserire un foglio di carta come filtro usa e getta inserendolo tra 2 strati del materiale che consenta di respirare. Il tessuto deve essere a maglie strette, la mascherina può essere lavata in lavatrice e riusata. Oltretutto, come si legge nello studio, le mascherine in cotone risulterebbero più efficaci di quelle chirurgiche, in caso di tosse: “se un soggetto COVID-19 positivo tossisce su qualcuno a una distanza di 20 cm, indossare una mascherina di cotone riduce di 36 volte la quantità di virus trasmessa, ed è addirittura più efficace della mascherina chirurgica: ovvero si trasmette solo 1 trentaseiesimo della quantità di virus, diminuendo la carica virale e riducendo verosimilmente la probabilità del contagio, oppure determinando sintomi più lievi”.
Unimamme, cosa ne pensate di questa analisi e dei consigli riportati sulla rivista Evidence?
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