Tumore al seno: un nuovo modello di cura grazie a un algoritmo messo a punto dai ricercatori italiani.
La lotta contro il cancro al seno è una sfida cruciale contro uno dei tumori più diagnosticati in Italia, che ogni anno colpisce oltre 50 mila donne. Le cure contro questa forma insidiosa di cancro sono nettamente migliorate negli ultimi anni, sia nella modalità di intervento che di previsione delle recidive. La strada da fare, però, è ancora lunga. In Italia, infatti, nonostante un generale calo delle diagnosi di cancro nel 2019, quelle per carcinoma mammario rimangono elevate. La sopravvivenza a questo tumore è aumentata nel tempo, ma il cancro al seno è ancora molto pericoloso e la sua diagnosi precoce è fondamentale, soprattutto per le forme più aggressive. Così come gli interventi mirati quando si manifesta la malattia. Ora, i ricercatori del Programma di Novel Diagnostics dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano, fondato da Umberto Veronesi, hanno messo a punto un algoritmo in grado di predire il rischio di metastasi nelle donne con tumore al seno. Ecco di cosa si tratta.
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I ricercatori italiani dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano hanno sviluppato grazie a un algoritmo un nuovo modello di predizione del rischio individuale di metastasi in donne con tumori mammari di tipo luminale, che rappresentano i tre quarti di tutti i tumori al seno. Il nuovo modello, che permetterà nuove cure su misura, è stato realizzato nell’ambito del Programma di Novel Diagnostics. I ricercatori sono stati guidati da Pier Paolo Di Fiore e Salvatore Pece, direttore e vice direttore del Programma e docenti del dipartimento di Oncologia ed Emato-Oncologia dell’Università Statale di Milano.
Grazie al nuovo algoritmo predittivo del rischio gli oncologi potranno scegliere un trattamento terapeutico adatto a ciascuna paziente, su misura appunto, evitando il sovra e il sotto-trattamento nelle terapie post-chirurgiche.
Come ha spiegato Pier Paolo Di Fiore: “Il nuovo modello si basa sulla combinazione del predittore genomico (un set di geni che formano una ‘firma molecolare’) StemPrintER, che noi stessi abbiamo scoperto e validato un anno fa, con due parametri clinici: stato dei linfonodi e dimensione del tumore“. Gli studiosi hanno creato “un nuovo modello di rischio, che associa, per la prima volta, dati clinici e dati genomici“. Questo ha prodotto un “risultato eccellente”, ha aggiunto Di Fiore: “Abbiamo testato il modello su oltre 1800 pazienti arruolate allo IEO e abbiamo dimostrato che la sua capacità di stimare il reale rischio di sviluppo di recidiva fino a 10 anni è superiore rispetto ai parametri clinico-patologici comunemente utilizzati nella pratica clinica“.
Il biomarcatore StemPrinter, spiegano i ricercatori, “è il primo e tuttora l’unico strumento capace di indicare il grado di ‘staminalità’ presente nel tumore mammario primario“, ovvero “il numero e l’aggressività delle cellule staminali del cancro“. Queste cellule svolgono un ruolo cruciale:
Inoltre, studi recenti, condotti sempre dai ricercatori dell’Istituto Europeo di Oncologia, hanno accertato che il grado di ‘staminalità’ delle cellule cancerose determina l’eterogeneità biologica, clinica e molecolare del tumore del seno che finora ha reso molto difficile prevedere la prognosi e la risposta alla terapia.
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Salvatore Pece ha aggiunto che in uno studio condotto in collaborazione con Royal Marsden Hospital e Queen Mary University di Londra “abbiamo dimostrato che la predizione della prognosi e la conseguente scelta delle terapie per il tumore del seno è più efficace se si basa sulla conoscenza della staminalità delle cellule tumorali“.
“Il nostro modello che integra dati di staminalità e dati clinici – ha detto ancora Pece – si candida quindi a diventare il golden standard per la prognosi del tumore del seno. È un modello duttile, oltreché affidabile: si applica sia alle pazienti con linfonodi negativi, che a quelle con pochi (da uno a 3) linfonodi positivi, che rappresentano il gruppo con il maggior bisogno di una predizione accurata del rischio di recidiva per evitare il sovratrattamento con chemioterapie aggressive non indispensabili, senza per questo trascurare il rischio di sviluppare una recidiva a distanza di anni“.
Paolo Veronesi, direttore del Programma di Senologia IEO e professore associato all’Università degli Studi di Milano, ha concluso: “I risultati del nostro studio rappresentano un ulteriore passo verso l’obiettivo che perseguiamo da anni: dare a ciascuna paziente la terapia migliore per lei e per la sua malattia. Grazie all’approccio multidisciplinare ed alla stretta interazione tra ricerca e clinica, la medicina personalizzata sta finalmente diventando una realtà anche per il tumore della mammella“.
Gli studi che hanno portato allo sviluppo di questo modello innovativo per la cura dei tumori del seno sono stati sostenuti da Fondazione AIRC e saranno presentati al convegno annuale dell’ASCO (American Association of Clinical Oncology), uno dei più importanti congressi internazionali di oncologia medica.
Ulteriori informazioni sulla rivista La Statale News.
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