Adozioni internazionali: i genitori lasciati soli nell’emergenza sanitaria lanciano un appello al governo.
La situazione di emergenza creata dall’epidemia di Covid-19 ha colpito la vita e la salute delle persone, il lavoro e le condizioni economiche di molti e ha travolto numerose famiglie, non solo per la perdita delle persone care ma anche di quelle che non sono potute arrivare, come i bambini adottivi. Le famiglie che avevano iniziato il lungo percorso dell’adozione internazionale, di fatto l’unico possibile in Italia, si sono trovate bloccate dal divieto dei viaggi o dalle difficoltà economiche sopraggiunte con la perdita del lavoro a causa dell’emergenza sanitaria.
Molte famiglie erano pronte per partire per l’estero e andare a conoscere i propri bambini o andare a prenderli per portarli in Italia. Invece sono state fermate a pochi giorni dal viaggio e ancora non sanno quando potranno organizzare una nuova partenza, lasciate in una sorta di limbo. Ancora più grave poi è la situazione di quelle famiglie che avevano investito tempo e denaro – molto – nell’adozione ma che ora per i problemi economici causati dallo stop alle attività per colpa dell’epidemia rischiano di non avere più le risorse sufficienti per adottare un figlio.
Sono situazioni di grave incertezza che meritano risposte, che tuttavia tardano ad arrivare. Nel caos iniziale dell’emergenza, la paralisi di ogni attività che non fosse il soccorso sanitario o non fosse correlata con l’epidemia, insieme al rinvio di date e scadenze erano comprensibili, ma a tre mesi dallo scoppio dell’epidemia le famiglie adottive sono state lasciate sole. In attesa di risposte alle loro legittime domande e richieste di aiuto, alcune di loro hanno lanciato un appello al governo.
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Mentre le attività economiche e sociali tornano lentamente e gradualmente alla normalità, le famiglie adottive vengono lasciate indietro. Come la scuola, del resto, che non riaprirà prima di settembre, e nemmeno tutte le classi e tutti gli ordini. Forse la trascuratezza nei confronti delle famiglie e delle loro esigenze non è un caso in un clima politico e culturale che in Italia è da anni gravemente carente in questo senso, come denunciano da tempo associazioni e anche enti internazionali.
Tra le famiglie italiane, poi, gli ultimi sono i genitori adottivi, i cui problemi e le cui esigenze sembrano essere presi in considerazione solo in presenza di fatti eclatanti. Come non ricordare la vicenda di qualche anno fa dei bambini della Repubblica Democratica del Congo adottati da famiglie italiane? Il caso dovette avere la ribalta sulle cronache nazionali per essere preso in considerazione dal governo e risolto. Una situazione analoga rischia ora di ripetersi per tutte quelle famiglie adottive che sono state fermate nel percorso dell’adozione internazionale a causa dell’emergenza sanitaria del Covid-19. I viaggi all’estero sono stati cancellati e non si sa ancora quando potranno riprendere. I ricongiungimenti tra bambini già ufficialmente adottati e i loro genitori sono stati bloccati. Per non parlare della situazione di coloro che avendo perso il lavoro a causa dell’interruzione delle attività economiche o non avendo più guadagni dalla loro attività rischiano di non avere il denaro a sufficienza per portare a termine l’adozione. E questo dopo anni di sacrifici, con soldi risparmiati con fatica, lavoro extra, tante rinunce e tanta pazienza.
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Le famiglie adottive sono ben consapevoli del lungo percorso che devono affrontare con le adozioni internazionali, di fatto le uniche possibili in Italia per chi vuole adottare un bimbo. L’incertezza per il futuro però sta diventando insostenibile, pertanto alcune famiglie hanno lanciato un appello al governo.
L’appello è stato lanciato dalla pagina Facebook “Un bimbo mi aspetta“, aperta nel 2017 da Arnaldo Funaro, un papà adottivo che aveva pubblicato un libro omonimo in cui raccontava la sua esperienza di adozione di una bambina. Negli anni la pagina Facebook è cresciuta ed è stata utile non solo per far conoscere il libro ma anche per la creazione di una comunità di genitori adottivi che hanno condiviso le loro esperienze, si sono scambiati consigli e dubbi, si sono fatti forza a vicenda. Ora Arnaldo Funaro e la comunità di famiglie adottive di “Un bimbo mi aspetta” hanno lanciato un appello al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e alla ministra della famiglia Elena Bonetti affinché loro e i bambini che li aspettano ricevano risposte e un aiuto dal governo. Perché senza famiglia non c’è futuro e le famiglie adottive sono famiglie come tutte le altre.
Di seguito riportiamo l’appello, pubblicato su Facebook il 18 aprile scorso e rilanciato di recente da alcuni organi di stampa.
“Buongiorno Presidente Giuseppe Conte, buongiorno Ministro Elena Bonetti.
Inizio da un grazie, per l’impegno e l’abnegazione che state mettendo in questa situazione straordinaria.
E di situazioni straordinarie, noi genitori adottivi ce ne intendiamo.
Come ci intendiamo di regole, pazienza, attesa.
Abbiamo incontrato queste tre parole ben prima che arrivasse il Covid-19.
Sappiamo che avete altri problemi che in fondo sono anche i nostri, perché siamo cittadini come gli altri e temiamo come voi le conseguenze di questa crisi.
Ma devo anche dirvi che noi siamo sempre arrivati dopo ‘altri problemi’, come se la nostra volontà di diventare genitori e creare una famiglia fosse sempre qualcosa di rimandabile. Eppure, mi permetto di dire, che la famiglia è il pilastro del futuro di qualsiasi società. Senza famiglia non ci sono nuove generazioni e soprattutto non c’è l’eredità culturale di cui queste generazioni hanno bisogno.
Il Covid-19 ha messo in crisi l’economia del Paese. E ha messo in crisi anche noi.
Come sapete, l’adozione nazionale, per numeri, non è in grado di unire tutti i genitori che fanno il percorso adottivo con un bimbo o una bimba. Troppe richieste, pochi bambini.
Ahimè, i numeri sono freddi, ma dobbiamo comunque affrontarli.
Per questo motivo, molte coppie prendono la via dell’adozione internazionale che ha costi molto importanti per le famiglie.
Queste donne e questi uomini, aspiranti mamme e papà, hanno rinunciato a tutto pur di non rinunciare ai bimbi che li aspettano da qualche parte.
Queste persone – tra le quali ci sono anche io – hanno lavorato di più, in ogni modo, con ogni mezzo, per poter mettere insieme la cifra che serve per prendere il volo in due e tornare in tre.
E ora? Beh, ora tutto è messo in discussione, così, di punto in bianco o quasi.
Perché tanti fra noi hanno perso il lavoro e non saranno in grado di proseguire un percorso dove spesso sono stati già investiti migliaia di euro.
Si dice che i soldi non facciano la felicità. Siamo tutti d’accordo, ma devo dire che in questo caso i soldi fanno una famiglia e credo che la felicità ne sia una conseguenza dal valore inestimabile, perché non coinvolge solo gli adulti, ma tanti bimbi che hanno subito un abbandono.
Vi chiedo quindi un cenno, una parola, una certezza che non ci lascerete soli permettendo che un sogno che stava diventando realtà, si trasformi in un incubo dal quale non potremo più risvegliarci.
Papà #unbimbomiaspetta“.
L’appello su Facebook.
Che ne pensate di questa vicenda unimamme?
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