Un 53enne, Graziano Ruzza, ha reso una toccante testimonianza, l’uomo è stato curato in terapia intensiva a causa del Coronavirus.
Graziano Ruzza è un 53 di Agna, il primo paziente covid positivo che è stato dimesso dalla Terapia intensiva di Schiavonia. L’uomo ha voluto dare una testimonianza di cosa voglia dire combattere contro il temibile coronavirus.
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Un sopravvissuto racconta la sua esperienza col Covid 19
La sua testimonianza è stata voluta da Domenico Scibetta, il direttore generale dell’Ulss 6 Euganea. Il direttore dell’Ulss ha commentato: “prima ogni positivo ne contagiava 4 adesso siamo passati a un r con 0,4 ed è merito di tutti quanti. Abbiamo vinto una battaglia ma la guerra è molto lunga. In attesa di un vaccino figlio della scienza facciamo un appello a un vaccino di coscienza“. Ruzza, che all’inizio era asintomatico, ma ha intuito che c’era qualcosa che non andava perché faceva fatica a fare le scale. L’uomo, comprensibilmente, ha vissuto un’esperienza molto difficile. “Sono stato 18 giorni in terapia intensiva e sono il primo paziente uscito vivo. Ora dono il plasma. Il primo trattamento quando sono entrato è stato il casco, mi hanno messo a pancia in giù o girato sui fianchi per cercare di liberare i polmoni e poi hanno deciso di intubarmi. Il primo pensiero? Sono tua moglie e tua figlia. Mi hanno intubato, dicendo che andrà tutto bene e in quindici minuti ti passa davanti tutta la vita”.
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“Arrivi in terapia intensiva, ti dicono che ti aspetta un lungo sogno e questo è durato 18 giorni. Quando ti risvegli qualcuno ti racconta che eri un baco da seta sei diventato farfalla. Ci sono medici e sanitari che hanno abbandonato le loro famiglie per salvarci. La sanità ha investito molto per noi. Il casco è la cosa più atroce, adesso usate la mascherina che è come la cintura di sicurezza. L’applauso dei medici? Non è una mancanza di professionalità ma un segno di gioia“. Come accennato, ora Graziano Ruzza è guarito ed è tornato a casa dai suoi famigliari ed è diventato donatore nella sperimentazione regionale della plasmaterapia. Il dottor Fabio Baratto, primario dell’Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale di Schiavonia, ha aggiunto: “la cosa più eclatante è stato l’afflusso rapido e quasi schizofrenico dei pazienti. All’inizio pensavamo morissero tutti, nessuno migliorava e non avevamo conoscenza sulle terapie con assetti variabili. Graziano ci ha colpito perché era molto grave nonostante la giovane età. Lui ce l’ha fatta, qualche altro no. Abbiamo avuto 16 decessi in reparto, questa patologia è seria e non va sottovalutata“. Unimamme, cosa ne pensate di questa vicenda di cui si parla su Padova oggi?
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