Una ragazza muore in un incidente al lago, aveva solo 19 anni. La sua storia e il dolore del papà in una lettera pubblicata su Facebook.
“Piccola mia, non poterti più stringere e non poter più parlare con te sarà il mio Everest“, le parole del papà di Silvia, Luca Doriguzzi, dopo la tragedia che lo ha colpito. La figlia, Silvia, è stata recuperata dalle acque del Lago di Garda in fin di vita e trasportata d’urgenza in ospedale a Borgo Trento dove è morta poco dopo. Come ricorda il papà, Silvia era una ragazza sempre sorridente e quando entrava in una stanza la illuminava con la sua energia, era una ragazza indipendente, si dava sempre da fare, era molto socievole, tosta e non mollava mai
Per la polizia non ci sono dubbi, si tratta di un incidente. Silvia si è lanciata da un pontile a Castelnuovo del Garda alle 5:00 del mattino di martedi, battendo la testa su uno scoglio. E’ stato un ispettore di polizia in vacanza, Mauro Trinca Rampelin, chiamato dagli amici di Silvia a recuperare dalle acque il corpo dell’amica. Silvia è stata poi rianimata da due carabinieri di Peschiera chiamati dal poliziotto e trasportata all’ospedale dove è morta nel pomeriggio. Come ha raccontato il padre, che lo ha saputo dai carabinieri, gli amici di Silvia erano molto sconvolti dopo l’accaduto. Luca ha espresso il desiderio di incontrarli, inoltre ha preso anche i contatti delle persone che hanno cercato di salvare la figlia, per ringraziarli personalmente.
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Silvia non ha avuto una vita facile, i genitori si sono separati quando lei aveva solo un anno, era rimasta a vivere con la madre ma il padre la vedeva due-tre volte a settimana e avevano un rapporto molto bello. Voleva fare l’operatrice turistica e amava il lago di Garda, la madre le aveva trovato una famiglia residente in Peschiera che l’aveva ospitata e lei aveva preso contatti con una caffetteria gelateria in pieno centro dove presto avrebbe iniziato a lavorare. Come ha raccontato il padre era andata nel veronese “per cercare nuovi stimoli professionali che, le nostre zone, qui in Cadore, non potevano darle”. “Non pensi che possa capitare a te e quando succede non ci credi” racconta il padre che è nel soccorso alpino in Cadore e che quindi di tragedie che riguardano ragazzi giovani come la figlia ne ha viste tante. E forte della sua esperienza lancia anche un appello: “Non descrivetela come una scavezzacollo. L’altra sera, stava trascorrendo una serata in compagnia. L’abbiamo fatto tutti quando avevamo vent’anni” si legge su L’Arena.
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Luca ha scritto una lettera che ha pubblicato su Facebook, e ripubblicata anche dalla pagina del Soccorso Alpino e Speleologico Veneto, la lettera inizia cosi “Silvia mia, mia vita, voglio scrivere queste parole perché te lo devo come papà“, poi nella lettera il padre ricorda quando la figlia era piccola“vivevo per poterti solo vedere e per sentire il tuo profumo; poi piano piano sei cresciuta ed io ho potuto condividere con te anche altri aspetti del tuo carattere”
Silvia, scrive il papà, era “sempre altruista e con una presenza confortevole in ogni situazione.” è stata una bambina atipica secondo il padre dato che non chiedeva mai di comprargli giochi, e anche crescendo era rimasta semplice “Sei sempre stata serena, umile e con poche pretese; anzi, ti bastava una festa in baita con i nonni per rendere tutto la cosa più straordinaria che esista.” Il padre scrive nella lettera che come uomo questa semplicità di Silvia gli ha insegnato moltissimo “non servono le Ferrari, non servono i grandi regali per essere felici“.
Poi la lettera di Luca si chiude:“in cuor mio so che ci sei, sei qua con me ogni momento e so che mi guiderai per la retta via; ti sento attorno ogni secondo, sento il tuo profumo ovunque.
Silvia sei la mia vita. Il tuo papà, Luca Doriguzzi Zordanin”
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