Un nuovo studio su Coronavirus e bambini: “Non sono infettivi, le scuole vanno riaperte”, affermano gli scienziati.
Arriva un nuovo studio sul legame tra Coronavirus e bambini, la loro suscettibilità alla malattia e la possibilità di infettare anche gli altri. Da tempo numerosi studiosi sostengono che bambini e ragazzi debbano tornare a scuola al più presto, per riprendere l’attività didattica in classe e le relazioni sociali con i compagni. Un tempo troppo lungo di assenza da scuola, infatti, può essere estremamente dannoso per loro, sia in termini di apprendimento che di crescita emotiva e sociale. I rischi dell’epidemia, che pure ancora sono presenti, non possono penalizzare eccessivamente i ragazzi, che in genere si ammalano meno e meno gravemente.
Diversi studi che vi abbiamo già segnalato, poi, riportano anche una minore contagiosità dei bambini verso gli adulti. Ora è stato pubblicato un nuovo studio, sulla prestigiosa rivista Science, accompagnato da un articolo in cui i ricercatori sollecitano le autorità alla riapertura delle scuole. Cosa bisogna sapere.
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I bambini raramente si ammalano di Covid-19 e ancora più raramente sviluppano sintomi gravi o muoiono se non in presenza di gravi patologie pregresse. Per evitare che l’epidemia di Coronavirus diventasse ingestibile quando già i contagi si erano diffusi senza che ce fossimo resi conto, molti Paesi europei, a cominciare dall’Italia, sono andati in lockdown, con la chiusura di tutte le attività e i luoghi pubblici, comprese le scuole. Il provvedimento che sarebbe dovuto durare poche settimane si è purtroppo protratto per mesi, creando numerosi disagi alle famiglie e ai bambini. La lontananza dalla scuola, dalle lezioni in presenza, non sufficientemente colmate dalla didattica a distanza, e la mancanza dei compagni di classe si sono fatte sentire, con conseguenze psicologiche su tanti bambini e adolescenti. Ora che l’anno scolastico sta per ricominciare, tra poco più di un mese, l’incertezza su come tornare in classe è ancora tanta. Non tutti i Paesi hanno preso una decisione definitiva se far tornare in classe oppure no gli studenti. In Italia, la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ha firmato l’ordinanza per la riapertura delle scuole e l’inizio ufficiale delle lezioni dell’anno scolastico 2020/2021 il 14 settembre. Le lezioni saranno in presenza, è l’intenzione del governo, ma ancora non si conoscono in dettaglio le modalità e le misure di sicurezza. Pare ci sia l’intenzione di sottoporre insegnanti e studenti alla misurazione della temperatura e ai test sierologici.
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Nel frattempo, arrivano nuovi studi sulla contagiosità dei bambini, sui rischi che corrono di infettarsi e quelli di trasmettere la malattia ad altri, in particolare ad adulti fragili. Stando a un recente studio condotto sulla riapertura delle scuole in diversi Paesi del mondo, i bambini hanno poche possibilità di contrarre il Covid-19 e di trasmetterlo ad altri. Da qui, la sollecitazione alla riapertura delle scuole. L’invito è contenuto in un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Science, scritta da tre ricercatrici, Jennifer Couzin-Frankel, Gretchen Vogel, Meagan Weiland.
“La scorsa primavera – scrivono le ricercatrici -, i cancelli delle scuole di tutto il mondo sono stati chiusi. All’inizio di aprile, 1,5 miliardi di studenti sono rimasti a casa come parte di chiusure più grandi per proteggere le persone dal nuovo coronavirus. Le misure drastiche hanno rallentato la diffusione di SARS-CoV-2, il virus che causa COVID-19. Tuttavia, mentre le settimane diventavano mesi, i pediatri e gli educatori hanno cominciato a esprimere preoccupazione per il fatto che le chiusure delle scuole stavano facendo più danni che benefici, soprattutto perché le evidenze scientifiche dimostravano che i bambini raramente sviluppano sintomi gravi da COVID-19. All’inizio di giugno, oltre 20 Paesi hanno iniziato a riaprire le scuole. Quando Science ha esaminato le strategie impiegate dal Sudafrica alla Finlandia e da Israele, sono emersi alcuni elementi incoraggianti. Insieme, suggeriscono una combinazione di fattori: tenere piccoli gruppi di studenti e richiedere l’uso di mascherine e un certo distanziamento fisico. Questi accorgimenti aiutano a proteggere le scuole e le comunità. Inoltre, i dati suggeriscono che i bambini più piccoli raramente diffondono il virus tra loro o lo portano a casa. L’apertura in sicurezza, concordano gli esperti, non riguarda solo le modifiche apportate da una scuola. Riguarda anche la quantità di virus che circola nella comunità, il che influenza la probabilità che studenti e personale portino COVID-19 nelle loro classi”.
Secondo le autrici dell’articolo, “le persone di età inferiore ai 18 anni hanno una probabilità compresa tra un terzo e la metà degli adulti di contrarre il virus e il rischio è più basso per i bambini più piccoli“. Le ricercatrici precisano, comunque, che serviranno ulteriori studi per confermare l’origine di questa situazione. Aggiungono, poi, che i bambini di età inferiore agli 11 e 12 anni hanno un rischio di contagio molto basso, ma gli studenti delle scuole superiori sono un po’ più contagiosi.
Il rischio che si verifichino focolai nelle scuole è inevitabile, ha spiegato Otto Helve, specialista in malattie infettive pediatriche dell’Istituto finlandese per la salute e il benessere. “Ma i benefici della frequenza scolastica sembrano superare i rischi, almeno laddove i tassi di infezione della comunità sono bassi“, ha sottolineato.
Insomma, se i contagi sono contenuti, con prudenza e nell’osservanza delle misure di prevenzione, si può cominciare a riaprire le scuole. Perché tenerle chiuse troppo a lungo danneggerebbe i ragazzi. Jennifer Couzin-Frankel, Gretchen Vogel, Meagan Weiland consigliano di suddividere gli studenti in piccoli gruppi, come ha fatto la Danimarca, far indossare le mascherine in classe, anche se non sarà facile con i bambini più piccoli, e mantenere un certo distanziamento. Sfide che ogni Paese che ha già riaperto le scuole ha affrontato in modo diverso, ma sempre nel rispetto della prevenzione.
A inizio luglio avevamo riportato il parere di due pediatri americani, Benjamin Lee e William V. Raszka, che affermavano sulla base di diversi studi che i“bambini hanno meno probabilità di essere infettati e sembrano meno infettivi”, per questo avevano sollecitato il loro ritorno a scuola dopo l’estate.
Il problema sorge nel caso in cui un bambino o ragazzo fosse trovato positivo al virus. Le autrici dell’articolo su Science non sanno dare una risposta univoca su quello che le scuole devono fare in questo caso, se chiudere tutto o solo la classe dove si sono verificati i contagi. Le risposte le daranno due studi in corso in Germania e in Regno Unito che stanno analizzando dei casi in cui alcuni studenti sono risultati positivi, come spiega il Messaggero che riporta l’articolo delle tre ricercatrici e tratta del tema del ritorno dei bambini a scuola.
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Informazioni aggiornate sulla diffusione dei casi di Covid-19 in Italia le trovate sul sito web del Ministero della Salute.
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