Secondo Paolo Crepet, basare la didattica sulla competitività è sbagliato: la valutazione scolastica deve prescindere dai voti. Questo lo devono capire sia gli insegnanti che i genitori.
Un argomento che spesso esce fuori quando si parla di scuola è il metro di misura che usa, quello del voto, del profitto, e che non può essere l’unico metro per misurare un alunno. È importante che la valutazione scolastica vada oltre i voti dell’alunno. Secondo Paolo Crepet, psichiatria e sociologo a favore dell’insufficienza e della bocciatura nelle scuole, la competizione a scuola non seleziona i migliori.
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A proposito di questo argomento Crepet ci ha fornito degli spunti su cui riflettere con le parole del suo libro “non siamo capaci di ascoltarli. riflessioni sull’infanzia e l’adolescenza”.
In questo libro Crepet parla di quei genitori che creano grandi problemi di stima ai propri figli dicendogli “ti voglio bene se prendi tutti nove altrimenti te ne voglio di meno“.
Si tratta di bambini Abarth a cui viene negato il diritto fondamentale di ogni essere umano ad essere amato ed accettato incondizionatamente dai propri genitori. Il problema non è tanto dover primeggiare per accontentare i propri genitori ma che questo sia condizionato all’amore e che i genitori affidino al rendimento scolastico la valutazione complessiva di loro figlio. Quindi viene accettato il principio che se si va bene a scuola allora si è bravi e questo giudizio non ha bisogno di altre conferme al contrario se si va male si è completamente dei falliti delle persone che non hanno nulla di buono.
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Ma la scuola italiana non è sicuramente adatta a valutare un bambino nella sua completezza e quindi non può rappresentare sicuramente nostro figlio. Questo a volte può portare i ragazzi a far soccombere il loro lato creativo: visto infatti che la scuola non lo valorizza, neanche i genitori lo apprezzano e di conseguenza neanche i figli.
Il giovane Abarth talvolta si può bloccare, spesso accade quando finisce la scuola e si sente completamente perduto senza l’unico terreno preso in considerazione dei genitori, teme di non esistere più per loro e per questo prova odio per se stesso, disprezzo e comincio a dubitare anche delle amicizie. Per il giovane Abarth anche i rapporti d’amore possono essere insidiosi.
Molti adolescenti finiscono con il farsi del male partendo proprio da questa ricerca forzata della perfezione e i genitori e le insegnanti e gli altri adulti di riferimento nella loro vita, hanno giocato in questo dramma un ruolo fondamentale. È importante capire come dice Crepet che “la competizione non è per tutti e non seleziona i migliori ma soltanto in meno sensibili”.
La cultura è un dono che va offerto agli studenti una volta resa “viva”, avvicinandola alle loro realtà di vita. E per fare questo gli insegnanti devono “mettersi in gioco” nella relazione, accettare l’imprevedibilità ed essere pronti a ridefinire le regole del gioco, usando la propria conoscenza per sviluppare le inclinazioni dei propri alunni, in un continuo confronto.
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E voi care unimamme cosa ne pensate di questi preziosi consigli di Paolo Crepet?
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