La lettera di Paolo Crepet a una bimba che sta per nascere, una lezione ai genitori.
Nella prefazione di un libro di Paolo Crepet sulla crisi che attraversa la famiglia e la scuola, il noto psichiatra e sociologo italiano si domanda: “Se mi chiedessero di scrivere una lettera a una bimba che sta per nascere, lo farei così”
“Cosa hai sentito finora del mondo attraverso l’acqua e la pelle tesa della pancia di mamma? Cosa ti hanno detto le tue orecchie imperfette delle nostre paure? Riusciremo a volerti senza pretendere, a guardarti senza riempire il tuo spazio di parole, inviti, divieti? Riusciremo ad accorgerci di te anche dai tuoi silenzi, a rispettare la tua crescita senza gravarla di sensi di colpa e di affanni? Riusciremo a stringerti senza che il nostro contatto sia richiesta spasmodica o ricatto d’affetto?
Vorrei che i tuoi Natali non fossero colmi di doni – segnali a volte sfacciati delle nostre assenze – ma di attenzioni. Vorrei che gli adulti che incontrerai fossero capaci di autorevolezza, fermi e coerenti: qualità dei piú saggi. La coerenza, mi piacerebbe per te. E la consapevolezza che nel mondo in cui verrai esistono oltre alle regole relazioni e che le une non sono meno necessarie delle altre, ma facce di una stessa luna presente.
Mi piacerebbe che qualcuno ti insegnasse a inseguire le emozioni come gli aquiloni fanno con le brezze piú impreviste e spudorate; tutte, anche quelle che sanno di dolore. Mi piacerebbe che ti dicessero che la vita comprende la morte. Perché il dolore non è solo vuota perdita ma affettività, acquisizione oltre che sottrazione. La morte è un testimone che i migliori di noi lasciano ad altri nella convinzione che se ne possano giovare: cosí nasce il ricordo, la memoria piú bella che è storia della nostra stessa identità.
Mi piacerebbe che qualcuno ti insegnasse a stare da sola, ti salverebbe la vita. Non dovrai rincorrere la mediocrità per riempire vuoti, né pietire uno sguardo o un’ora d’amore.
Impara a creare la vita dentro la tua vita e a riempirla di fantasia.
Adora la tua inquietudine finché avrai forze e sorrisi, cerca di usarla per contaminare gli altri, soprattutto i più pavidi e vulnerabili. Dona loro il tuo vento intrepido, ascolta il loro silenzio con curiosità, rispetta anche la loro paura eccessiva.
Mi piacerebbe che la persona che piú ti amerà possa amare il tuo congedo come un marinaio che vede la sua vecchia barca allontanarsi e galleggiare sapiente lungo la linea dell’orizzonte. E tu allora porterai quell’amore sempre con te, nascosto nella tua tasca piú intima.
Il libro è “Non siamo capaci di ascoltarli. Riflessioni sull’infanzia e sull’adolescenza“.
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Nel libro lo psichiatra si interroga sul significato dell’educazione oggi: siamo ancora in grado di trasmettere dei discorsi “forti” ai nostri figli e di ascoltarli? Da anni in viaggio in giro per l’Italia per incontrare sia genitori e educatori che studenti, per ascoltarli. Da questo ascolto sono nate queste riflessioni.
Nel libro si parla di droghe, di micro criminalità, ma anche di noia, creatività, di felicità, del diritto alle emozioni, della solitudine, dell’autismo tecnologico e della necessità di insegnare a rallentare il nostro tempo. Lo psichiatra di dichiara arrabbiato e indignato per quello che si dovrebbe fare per dimostrare l’amore ai bambini e agli adolescenti ma che non viene fatto, e la convinzione che la sfida più difficile per la nostra comunità sia proprio questa.
Siamo in un momento di crisi secondo lo scrittore, sia per la scuola che per la famiglia.
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Secondo l’autore i genitori e gli educatori non sono più depositari di un discorso “forte” da trasmettere ai figli, perché i valori oggi trasmessi alle nuove generazioni sono:
Da un lato si vogliono dei figli vincenti ma dall’altra li si protegge dai problemi della vita, non gli si parla della morte e del dolore, della sconfitta che fanno parte dello sviluppo dell’identità del bambino. Secondo l’autore tacendo su questi argomenti si rischia di incuterne timore e di inculcare le nostre paure.
Poi ancora l’autore parla del
che bisogna inculcare al bambino sin da piccolo altrimenti poi non si può pretendere di avere a che fare con un adulto autonomo.
Inoltre questa ossessione della socializzazione non rispettando il bambino o l’adolescente che si vuole isolare:
Oggi, secondo Crepet, i ragazzi sono molto stimolati a livello cognitivo e poco a livello emozionale “Come possiamo reinventarci una pedagogia in grado di indurre la capacità di sentire le emozioni, di farsi coinvolgere dalle passioni senza temerle come fossero un terreno infido e pericoloso?”
Inoltre, sempre secondo l’autore, oggi gli adulti sono incapaci di cogliere i messaggi della nuova generazione che attraverso comportamenti estremi cerca di ottenere dagli adulti delle risposte che non sono in grado di dare. I ruoli sono confusi i genitori diventano amici dei figli non più delle figure autoritarie decise, ma educatori insicuri e inadeguati sommersi da sensi di colpa irrisolti. Ci vuole decisione nel dire “no” e coerenza per poter educare.
“Ogni effetto si risolve nella semplificazione terrificante di silenzi esistenziali dove risuona solo il valore del denaro. Sfuma così ogni possibile ricchezza della diversità. Resta solo uno scambio meccanico metafora del vuoto che divide. Impossibile comprendere turbamenti sensi di ribellione linguaggi trasversali usati per dire quello che non si riesce. Nessuno comprenderà più la diversità dell’altro, i tuoi dolori le sue paure e il suo desiderio di affetto. Alla fine resta la solitudine, impacchettata con un nastro d’argento“.
Anche la scuola deve reinventarsi e riuscire a garantire
ai ragazzi che non amano più la scuola perché non si sentono parte di essa. Le proposte sono fondamentali per riuscire a leggere se stessi per favorire il lavoro di gruppo, per prendere la creatività e dimostrare la disponibilità emotiva come adulti.
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