Le infezioni di Covid-19 sono meno gravi nei bambini e negli adolescenti, pubblicato un nuovo studio scientifico.
È uscito un nuovo studio sugli effetti delle infezioni da Covid-19 nei bambini. Si tratta di un argomento molto delicato visto che da mesi si susseguono studi scientifici sui contagi nei bambini anche in vista del loro rientro a scuola. Da più parti, infatti, si sottolinea che dopo i lunghi mesi di lockdown e chiusura delle scuole, i bambini e ragazzi non possono più stare chiusi in casa a seguire le lezioni a distanza. È fondamentale che tornino in classe, per svolgere le lezioni in presenza e stare con i loro compagni.
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Mentre in Italia è corsa all’ultimo minuto per completare i preparativi per la riapertura delle scuole, ecco cosa dice il nuovo studio scientifico, condotto nel Regno Unito sui bambini contagiati dal nuovo Coronavirus.
Il fatto che il nuovo Coronavirus sia meno pericoloso nei bambini è stato detto più volte e accertato dall’andamento della pandemia finora. A sostenere scientificamente la minor gravità di Covid-19 nei bambini sono diversi studi, condotti da università ed enti di ricerca in tutto il mondo. In sostanza, i bambini si ammalano poco e raramente sviluppano sintomi gravi o vengono ricoverati in ospedale.
Non mancano, tuttavia, le divergenze, come abbiamo potuto riscontrare dagli studi pubblicati recentemente. Infatti, secondo alcuni studi i bambini sono poco infettivi, si infettano raramente, sviluppando pochi sintomi o nessun sintomo, e altrettanto raramente contagiano gli altri, soprattutto gli adulti, che sono più a rischio per le conseguenze del Covid-19. Invece, secondo altri studi i bambini sono contagiosi tanto quanto gli adulti, soprattutto i bambini sotto i 5 anni, e la loro trasmissione del virus rischia di essere sottovalutata.
Ora, un nuovo studio britannico evidenzia la scarsa pericolosità delle infezioni da Covid-19 nei bambini e nei ragazzi, con complicazioni rarissime e per lo più dovute ad altre patologie pregresse o concomitanti. Bambini e ragazzi sono meno colpiti dalla malattia, sviluppano sintomi seri molto raramente e altrettanto raramente vengono ricoverati in ospedale.
Lo studio è stato condotto nel Regno Unito dalle università di Edimburgo e Liverpool e dall’Imperial College di Londra ed è pubblicato sulla rivista scientifica British Medical Journal. I ricercatori hanno preso in esame 651 tra bambini e ragazzi sotto i 19 anni ricoverati in 138 ospedali britannici, tra Inghilterra, Scozia e Galles. e risultati positivi a Sars-CiV-2 L’analisi dei casi di infezioni tra bambini e ragazzi ha riguardato il periodo dal 17 gennaio al 3 luglio 2020.
Lo studio è stato condotto nell’ambito dell’International Severe Acute Respiratory and emergency Infections Consortium – ISARIC 4C (Coronavirus Clinical Characterisation Consortium), un gruppo di medici e scienziati britannici impegnati nello studio del nuovo Coronavirus e nel dare risposte alle domande più urgenti sull’infezione e le sue caratteristiche.
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I ricercatori britannici evidenziano che bambini e ragazzi colpiti dal Covid-19 sono l’1-2% di tutti i casi nel mondo e, contrariamente ad altre malattie respiratorie, sono soggetti a rischi minori rispetto agli adulti. Infatti, la maggior parte delle infezioni nei bambini sono leggere o asintomatiche, con pochi casi di bambini deceduti per Covid-19. Una situazione confermata da questo studio.
L’età media dei 651 pazienti ricoverati in ospedale e positivi a Sars-CoV-2, presi in esame dallo studio britannico, era di circa 5 anni. Il 35% di loro aveva meno di 12 mesi, il 56% erano maschi e il 57% di etnia bianca. A questi pazienti era stata diagnosticata una comorbidità nel 42% dei casi (ovvero la presenza di un’altra patologia).
Tra i sintomi più comuni sono stati accertati:
Con l’aumentare dell’età dei pazienti, febbre e naso che cola si sono rivelati sintomi meno comuni. Mentre hanno mostrato una tendenza all’aumento con l’età dei pazienti i sintomi di nausea e vomito, dolore addominale, mal di testa e mal di gola.
Riguardo alle comorbidità, lo studio ha rilevato che quelle più comuni erano quelle neurologiche (11% dei casi), ematologiche / oncologiche / immunologiche (8% dei casi) e l’asma (7%).
Tra i bambini e ragazzi in terapia intensiva erano il 18% dei ricoverati. Secondo l’analisi degli studiosi britannici, il ricovero in terapia intensiva era associato a queste: l’età inferiore a un anno, quella compresa tra i 10 e i 14 anni e l’etnia nera (a causa delle discriminazioni socioeconomiche). La presenza di patologie pregresse (comorbidità) aumentava le probabilità che i bambini e ragazzi fossero ricoverati in terapia intensiva. Tra le comorbidità più comuni associate al ricovero in terapia intensiva gli studiosi hanno trovato: la prematurità, le patologie respiratorie, quelle cardiache e l’obesità
I decessi, comunque, sono stati marginali: sei bambini, l’1%di quelli ricoverati, sono morti in ospedale. Di questi, tre erano neonati con gravi patologie e/o malattie cardiache congenite e sepsi batterica; tre avevano un’età compresa tra i 15 ei 18 anni, anche loro con gravi patologie pregresse (due con neurodisabilità profonda con compromissione respiratoria preesistente e l’altro era immunosoppresso dalla chemioterapia per tumore maligno e presentava sepsi batterica). L’89% dei bambini e ragazzi sono stati dimessi in buone condizioni di salute.
Infine, gli studiosi britannici hanno trovato 52 pazienti con sindrome infiammatoria multisistemica dei bambini (MIS-C). Si tratta di una sindrome legata al Covid-19, simile alla sindrome di Kawasaki, che aumenta fino a cinque volte le probabilità di ricovero in terapia intensiva. In base ai criteri dell’OMS la sindrome infiammatoria multisistemica è diagnosticata in presenza di questi fattori: febbre da più di 3 giorni, rash cutaneo o congiuntivite, ipotensione o shock, disfunzione miocardica, pericardite, valvulite o anomalie coronariche, coagulopatie, problemi gastrointestinali come diarrea, vomito e dolore addominale, infiammazioni. A questi sintomi, i ricercatori britannici hanno aggiunto: cefalea, mialgia, gola infiammata e linfoadenopatia. Secondo gli studiosi, la definizione dell’Oms di MIS-C va aggiornata per aiutare i medici ad individuare i soggetti che se ne sono affetti. In ogni caso, non si sono verificati decessi tra i pazienti affetti da sindrome infiammatoria multisistemica.
In conclusione, gli scienziati britannici affermano che i bambini non sono esposti a rischi elevati dalle infezioni da Covid-19 e che le famiglie possono mandarli a scuola con serenità. Il problema, tuttavia, rimane riguardo alle persone che i bambini possono contagiare, come gli insegnanti più anziani o immunodepressi.
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