Il caso dei neonati uccisi da batterio killer in Verona, scoperta l’origine dell’infezione.
Il caso dei neonati morti in ospedale a Verona a causa di un’infezione batterica aveva suscitato clamore e preoccupazione. Nel luogo dove più avrebbero dovuto essere protetti dei bambini piccolissimi erano morti.
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I piccoli si trovavano nell’Ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento ed erano stati colpiti da Citrobacter koseri. Il batterio ha colpito 96 neonati, di questi 4 sono morti, l’ultima una bambina deceduta a metà agosto, e altri 9 sono rimasti cerebrolesi. Le indagini ora hanno scoperto le origini del batterio killer.
Era nel rubinetto del lavandino utilizzato dal personale della terapia intensiva neonatale il batterio letale Citrobacter koseri che ha ucciso 4 neonati all’Ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento a Verona.
Il primo bambino, Leonardo, è morto alla fine del 2018, la seconda piccola vittima, Nina, è deceduta a novembre del 2019. Poi quest’anno sono morti Tommaso, a marzo, e Alice, appena il 16 agosto scorso. Una vicenda che va avanti da quasi due anni e che finalmente riceve delle spiegazioni. La scarsa igiene in ospedale e forse la somministrazione ai neonati dell’acqua del rubinetto, contaminata, al posto dell’acqua sterile, che invece andrebbe data ai neonati ad integrazione del biberon.
Una situazione di una gravità assoluta sulla quale sarà chiamata a fare chiarezza la magistratura. Perché è molto difficile pensare che 96 bambini ricoverati in ospedale siano stati infettati per caso. L’origine dell’infezione batterica è stata scoperta grazie alla tenacia della mamma di Nina, Francesca Frezza, la prima a denunciare l’accaduto e a sollevare l’attenzione pubblica sulla vicenda.
L’indagine che ha portato alla scoperta del Citrobacter nel rubinetto del lavandino utilizzato dal personale della terapia intensiva neonatale è stata condotta da una commissione esterna di verifica coordinata dal professor professor Vincenzo Baldo, ordinario di Igiene e Sanità pubblica all’Università di Padova. La commissione è stata nominata il 17 giugno dal direttore generale della Sanità del Veneto, Domenico Mantoan, per accertare le cause dell’infezione batterica letale. Come riporta il Corriere del Veneto, che dà notizia della scoperta.
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La regione Veneto ha nominato due commissioni per fare luce sull’accaduto, di cui una, quella guidata dal professor Baldo, ha presentato la sua relazione sulla provenienza del batterio killer. La commissione è composta anche dai professori Elio Castagnola, primario degli Infettivi dell’ospedale pediatrico Gaslini di Genova, Gian Maria Rossolini, docente di Microbiologia dell’Ateneo di Firenze, Pierlugi Viale, ordinario di Malattie infettive a Bologna, dal direttore di Pediatria e Neonatologia dell’Usl Berica, Massimo Bellettato, e dai dirigenti di Azienda Zero Mario Saia ed Elena Narne.
Gli esperti hanno rilevato che il rubinetto del lavandino della terapia intensiva neonatale era letteralmente “colonizzato” dal Citrobacter e anche da altri batteri. Un segno evidente di mancato o parziale rispetto delle regole di igiene, che nei reparti a rischio come questo sono molto rigide: lavaggio frequente delle mani, cambio dei guanti a ogni cambio di paziente o funzione, utilizzo di sovrascarpe, sovracamici e mascherina.
Un’altra relazione sarà redatta da membri interni all’amministrazione regionale. Sul caso ha aperto un’indagine anche la Procura di Verona.
Lo scorso 12 giugno, il direttore generale dell’Azienda ospedaliero-universitaria, Francesco Cabello, aveva chiuso il reparto di ostetricia e il punto nascite, la terapia intensiva neonatale e la terapia intensiva pediatrica. Durante l’estate, oltre alle indagini sul batterio killer, sono stati sanificati i locali del reparto, con la bonifica dei filtri dell’aria e degli impianti di condizionamento e l’iperclorazione della rete idrica.
“La sanificazione andava fatta due estati fa, quando erano già emersi i primi casi di Citrobacter koseri, se non si fosse aspettato tanto, adesso la mia bimba e gli altri tre piccoli sarebbero ancora vivi”, ha commentato la mamma di Nina.
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